Varie, 1 marzo 2002
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Jackson Peter
• Wellington (Nuova Zelanda) 31 ottobre 1961. Regista. Oscar per il terzo episodio della saga tratta da Il signor degli anelli (e nomination per i primi due) • «Quando aveva nove anni, andò al cinema a vedere King Kong, non quello del 1976 con Jessica Lange ma l’originale del 1933, quello in cui Ann Darrow viene rappresentata da Fay Wray. Arrivò la scritta The End e Jackson, un bambino rimasto a bocca aperta di fronte allo spettacolo dello scimmione con i sentimenti che siede trionfante in cima al Empire State Building, non ebbe dubbi. Da grande, decise, sarebbe diventato un filmmaker. Decise anche che non poteva attendere e con la Super8 del papà, un modellino che aveva in casa del grattacielo newyorchese e una scimmia, girò il suo primo film. [...] grazie alla saga de Il Signore degli anelli è diventato non solo un personaggio oggetto di culto ma il volto più riconoscibile del suo paese e un motore dell’economia della sua città. Possiede studios di effetti speciali, di effetti digitali, di post-produzione. E decine di magazzini dove conserva le armi, i costumi, le scene dei suoi film. ”Non riesco a buttare niente. Un giorno, chissà, potrò prendermi un anno e metterò in piedi un museo”. I tre film ispirati a Tolkien hanno fatto triplicare l’afflusso di turisti in Nuova Zelanda e hanno fatto di lui un uomo di grande ricchezza. [...] ”[...] Chi fa cinema ha sempre dovuto convivere con un limite tra la propria immaginazione e ciò che poteva realizzare, ma grazie alle immagini geenerate coi computer questo limite [...] è saltato. Vuoi un milione di persone che volano sopra una città antica? Realizzi la città antica, metti assieme un milione di persone ed è fatto. Un filmmaker non ha più scuse perché sullo schermo, oggi, qualunque immagine è possibile [...] Quando esco sono sempre circondato da gente che vuole parlarmi o che cerca un autografo. La cosa non mi rende particolarmente felice. Sono uno piuttosto timido. Devo anche dire che contrariamente a quello che si dice in giro il nostro successo non ha avuto effetti sul cinema neozelandese, che versa in un stato di salute precario [...]» (Lorenzo Soria, ”La Stampa” 1/4/2005). «Si cerca di adattare ai film una mentalità sportiva. Se vuoi diventare un velocista e andare alle Olimpiadi, fin da bambino sei ossessionato dal fatto che devi battere l’avversario. Per un regista è vero il contrario, l’importante è la collaborazione. Però poi la gente rigira i film, li manipola per trasformarli in eventi sportivi [...] Quando avevo circa sette anni giravo film in Super 8, era il risultato della mia passione per Thunderbirds, una serie tv britannica. [...] Insomma, facevo questi piccoli film in Super 8. Poi, verso i nove anni ho visto King Kong, e mi ha talmente entusiasmato che il giorno dopo ho iniziato a girare il mio remake personale. Ho costruito un modello in cartone dell’Empire State Building. E ho costruito un piccolo King Kong di gomma con dei fili metallici e la pelliccia di mia madre. Ce l’ho ancora [...]» (’L’espresso” 18/2/2004).