4 marzo 2002
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Jocelyn JocelynHattab
• . Nato a Tunisi (Tunisia) il 5 dicembre 1945. Conduttore tv. Autore. Regista. Ha esordito in tv a Telemontecarlo nel 1974, poi alla Rai con ”Discoring”. Grande inventore di programmi: Il milionario, Se io fossi Sherlock Holmes, Vita da cani, Caccia all’uomo, Il grande gioco dell’Oca. «’La mia vita è una favola a lieto fine”, ama dire di sé ripensando alla dura gavetta degli inizi (Parigi, New York e Montecarlo dove mantiene ancora la residenza) e poi al successo italiano di Mediaset e Rai, produttore di programmi miliardari, e alla comoda vita nel lussuoso appartamento di Ponte Milvio. Oggi poi si dichiara anche ”un uomo felice”, accanto alla sua Mavi, pariolina giramondo [...], ”il grande amore”, arrivato dopo due precedenti esperienze matrimoniali e due figli ormai grandi. Molto invidiato Jocelyn per le sue fortune televisive e anche economiche. Ai tempi di Locatelli-Saccà circolava su di lui una leggenda: che Bettino Craxi lo odiasse, non tanto perché si era arricchito a furia di appalti che fioccavano come se piovesse, ma perché lo sospettava di tenere bordone alla corrente avversa, quella di Enrico Manca. E difatti, sostengono i cultori della suddetta leggenda, quando a Rai due arrivò Giampaolo Sodano, fedelissimo di Craxi, fece piazza pulita, cancellando proprio i programmi di Jocelyn. Sembra però che le cose siano andate un po’ diversamente. ”Quando sbarcai a Rai due era solo maggio ma le casse erano già vuote”, racconta Sodano, ”mentre l’azienda risultava impegnata in nuovi programmi per altri 30 miliardi. Dissi al direttore generale Biagio Agnes che se non mi rifinanziava azzeravo tutto. E lo feci. Detti l’annuncio a Taormina, in una conferenza stampa dove c’era Jocelyn. Anzi feci di più: dissi che avrei cominciato proprio da lui. Di qui nacque la voce che non lo potessi soffrire. Falso. Due anni dopo lo richiamai e gli affidai Il grande gioco dell’oca, che ebbe indici altissimi di gradimento”. Però i primi amici non si scordano mai: è con Saccà appunto, dopo un temporaneo oscuramento che lo aveva riportato a Telemontecarlo, che Jocelyn è tornato in auge, fascinando con i suoi giochi vaste platee casalinghe di palato grosso» (Cristina Mariotti, ”L’espresso” 14/10/1999). Dice: «Per me il lavoro è un piacere. Mi ha fatto da scuola di vita la gente del circo, dove ho cominciato: mi hanno insegnato a lottare contro le difficoltà, a valutare i rischi, ad apprezzare il valore dell’amicizia. Il circo è rimasto una delle mie passioni, assieme al teatro e al cinema» (Santi Urso, ”Tv7” n. 15/2000). Ha avuto grossi problemi con un’accusa d’omicidio colposo: «Da brivido la sequenza che lo vedrebbe nottetempo disseppellire un cavallo che era morto nell’impatto con una macchina assieme all’automobilista, per mutilarlo della testa e dei garretti, in modo da renderlo irriconoscibile, mettendosi così al riparo da qualunque coinvolgimento. [...] Eccoli i fatti, secondo Jocelyn. Alle 11 di sera del 7 luglio del ’96, mentre sostava col suo fuoristrada davanti al cancello della tenuta maremmana del conte Vittorio Randaccio, padre della sua compagna Maria Vittoria, detta Mavi, pronto per andare a una festa in una villa di amici all’Argentario, gli si accostò un giovane dai modi concitati: era mica suo per caso il cavallo che aveva appena visto correre all’impazzata sulla vicina e trafficata via Aurelia? E in ogni caso - dato il pericolo - poteva dargli una mano a bloccarlo? O almeno telefonare alla polizia? Fu la Mavi - sua compagna da dieci anni e oggi sua principale collaboratrice (’è lei che mi risolve ogni problema, anche i più rognosi”) - a offrirgli la corda che era in macchina, un lazo americano per l’esattezza, comprato da Jocelyn la mattina stessa, ad Albinia. Troppo tardi. Quando Ercole Cavasini, il ragazzo che si era allarmato per primo, torna sul posto, tutto è già successo: il cavallo (una femmina purosangue) giace inerte da un lato, mentre a 500 metri Michele Cipressi, 25 anni, di Grosseto, agonizza dentro la sua Clio. Morirà poco più tardi in ospedale. La polizia - come risulta da un tabulato - è stata avvertita da Jocelyn, che ha chiamato dal suo cellulare, qualche minuto dopo le undici. Punto e a capo. Nel senso che per il conduttore tv e il suo avvocato, tutto finisce lì. Sì, certo, una settimana dopo Jocelyn Hattab sarà chiamato a testimoniare e a riprova di quanto fosse lontano dal sentirsi sospettato ci va in tenuta da equitazione, sport di cui si diletta ogni tanto nei maneggi della zona. Di cavalli però lui non ne ha mai posseduti. In quanto al lazo, l’aveva comprato per tirar giù i rami secchi dei pini nella tenuta del quasi suocero. ”Beh io poi mi vorrei togliere la soddisfazione di vederlo, una volta, all’opera, mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse come si fa, visto oltretutto che i pini del conte sono bestioni alti anche 30 metri”, scuote la testa Giampiero Cipressi, tecnico del Comune di Grosseto, padre del ragazzo morto nell’incidente. Uno che non vuole arrendersi. Neanche [...] dopo i 50 testimoni promessi dalla difesa, tutti pronti a giurare di non aver mai visto dai Randaccio neppure l’ombra di un cavallo. Ma questo in fondo conta fino a un certo punto. Niente esclude infatti - come sostiene l’accusa - che il cavallo fosse stato prestato a Jocelyn solo il giorno prima. E il lazo, difatti, sarebbe servito a tenerlo. Ma andiamo per ordine. A Jocelyn gli inquirenti, vale a dire l’ispettore Silvano Fochetti, comandante della polstrada di Orbetello, arrivano subito, e non per il racconto del giovane Cavadini (ricordate? quello che gli chiese aiuto) ma per un dettagliato resoconto degli operai dell’Anas su alcune tracce di zoccoli (loro parlano per la verità di rigature sull’asfalto) che si fermano proprio davanti alla tenuta Randaccio. Ma di chi era il cavallo, anzi la cavalla dell’incidente? Le sole foto della carcassa non bastano per un’identificazione. Così, il 30 luglio, si scava nella discarica La Torba, vicino Capalbio, dove è stata seppellita in tutta fretta, per un’analisi più accurata. Ed ecco il primo colpo di teatro: mancano testa e zoccoli, vale a dire giusto le parti che servono a ricostruire l’identità di un purosangue. Il caso viene archiviato. Non per il signor Cipressi, però, che assolda un investigatore privato di Grosseto, tal Piero Pampersi, e ottiene di far riaprire le indagini. Se ne occupa il pm Filippo Santangelo. E ne scopre delle belle. Per esempio che l’ispettore Fochetti aveva tenuto chiusi nel cassetto alcuni documenti utili all’inchiesta. Indagato [...] anche lui, per depistaggio. Poi viene fuori che subito dopo aver telefonato alla polizia, Jocelyn aveva chiamato Francesca Mittiga, a quel tempo ancora moglie, oggi separata, del giornalista Luigi Bisignani, tirato dentro nello scandalo della supertangente Enimont. Francesca, oltre che un’intima amica della coppia (è stata compagna di scuola di Mavi Randaccio) è anche un’appassionata di cavalli: ne tiene ben quattro nella sua tenuta di Settefinestre, vicino Capalbio. Domanda: e se ne avesse prestato uno a Jocelyn? Poggia tutta su questo elemento l’impalcatura accusatoria ed è una battaglia a colpi di relazioni e di perizie: in una, redatta poco dopo l’incidente, i vigili urbani dicono che i cavalli nella tenuta erano solo tre. In un’altra un veterinario sostiene di aver curato a metà giugno una cavalla della Mittiga di nome Marilina, consigliando di toglierle un ferro perché sofferente a una zampa. E solo tre ferri, come documentato dalle foto, aveva anche la cavalla morta nell’incidente di luglio. Però poi c’è la testimonianza di chi giura che i cavalli di Francesca Mittiga sono sempre stati quattro, e che l’unica femmina è ancora e sempre Marilina» (Cristina Mariotti, ”L’espresso” 14/10/1999).