Varie, 4 marzo 2002
JODICE
JODICE Mimmo Napoli 24 marzo 1934. Fotografo • «Uno dei grandi nomi della fotografia italiana […] Barba candida e inquieti occhi azzurri […] Gli inizi per lui, nato nel Rione Sanità, non furono facili (’appena sposato avevo la camera oscura nella stanza da letto”): negli Anni 60 la fotografia a Napoli, ma non solo, era considerata una cenerentola (’però anche adesso c’è chi parla di artisti che usano la fotografia, quasi che questa non fosse di per sé un’arte”). Lui era a contatto con i movimenti e le sperimentazioni di quegli anni, e provava nelle sue foto a cercare qualcosa di nuovo ”sia con le riprese, sia con la stampa, sia intervenendo a posteriori”. Così ci sono immagini di corpi sgranati, piccoli collage di paesaggi, immagini tagliate. Poi ci furono gli anni dell’impegno, ”il ”68 scombussolò soprattutto le facoltà di architettura e le accademie”, e lui che insegnava in Accademia portò la sua macchina fotografica nelle carceri e negli ospedali psichiatrici: ”mi feci dare un camice e d’accordo con un mio amico infermiere sono rimasto due giorni in manicomio”. Di quel periodo vediamo i ”matti” che camminano su e giù per una stanza (’la follia è spesso identificata con questo movimento”), le tavole di un refettorio, gli sguardi un vecchio dietro le coperte. Verranno poi le fotografie antropologiche, scattate inseguendo l’allora giovane musicologo Roberto de Simone tra processioni e feste popolari: ”facemmo insieme il libro Chi è devoto”. Ci sono ombre e fantasmi, donne con il velo e scheletri votivi, gruppi di persone in una grotta che rimandano, per la luce e la composizione, ai quadri del barocco napoletano. Negli anni del riflusso (’le cose che sognavamo non si erano realizzate, i perdenti rimasero perdenti”), scompaiono le persone dalle sue immagini: ”Ho seguito allora varie strade, ho riscoperto una vena magrittiana, ho iniziato a fotografare reperti archeologici, ma l’intento non era documentaristico, volevo fare un viaggio nel tempo”. Nasce così la ricerca durata quasi un decennio di Mediterraneo, in cui statue, colonne, bronzi sembrano sospesi in un tempo immobile. Agli americani, ai tedeschi, ai francesi quelle fotografie ”mitiche” piaceranno molto: Jodice farà mostre a Philadelphia, a Los Angeles, a Parigi, le più importanti riviste di fotografia gli dedicheranno copertine e servizi. Il Mediterraneo rimane uno dei suoi filoni di ricerca, così insieme a Predrag Matvejevic gira per isole e realizza Isolario mediterraneo: ”Mi ha divertito capovolgere il luogo comune delle isole come posti di divertimento: per me sono invece i luoghi della solitudine e dell’attesa”. Solitudini e attese che percepisci in quegli aliscafi che sembrano astronavi da un altro mondo, in quei moli abbandonati, in quelle nuvole scure che sovrastano mari minacciosi. Grande tecnico, stampa le sue fotografie rigorosamente in bianco e nero e i suoi effetti ”speciali” li ottiene come un alchimista dell’immagine in camera oscura» (Rocco Moliterni, ”La Stampa” 18/5/2001).