Varie, 4 marzo 2002
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Kahn Oliver
• Karlsruhe (Germania) 15 giugno 1969. Ex calciatore. Portiere. Col Bayern Monaco vinse la Champions League e la Coppa Intercontinentale del 2001 e la Coppa Uefa del 1996, con la Germania fu vicecampione del mondo nel 2002, terzo nel 2006. Terzo nella classifica del Pallone d’Oro 2001 e 2002 (ma vinse quello del Mondiale disputato in Corea e Giappone) • «“Mio padre Rolf era un centrocampista con del talento. Arrivò anche in Bundesliga: 11 presenze, 1 gol con il Karlsruhe. Poi si fece male, non gli restò che allenare”. Si portava il bambino sui campi: forse poteva nascere un buon giocatore, ma non un portiere, pensava. [...] “Ho provato anche a stare fuori, ma ero affascinato da quelli in porta. Il mio idolo era Sepp Maier, che adesso mi allena al Bayern e in nazionale. Mi colpirono le sue parate nel Mondiale ’ 74: mio nonno mi regalò per il compleanno quella che noi chiamiamo Torwart Kollektion, la divisa di Maier. Pantaloncini, maglietta, calze, guanti: identici a quelli del mio giocatore preferito. Sono andato fra i pali a sei anni, tutti si stupivano perché me la cavavo bene in mezzo al campo e pensavano che cambiassi idea: non sono più uscito”» (“La Gazzetta dello Sport” 14/8/2003) • «Laureato in economia, gestisce il proprio patrimonio investendo in Borsa, curando lui personalmente gli interventi sul mercato azionario. […] Nonostante il suo aspetto torvo è persona gentilissima […] Il controllo che ha sulle emozioni proprie e quelle dei compagni è potente. Il resto della squadra è in adorazione, giocano come se alle loro spalle avessero una porta da hockey su ghiaccio guardata da un ippopotamo. La sua convinzione nei propri gesti è assoluta, quasi denigratoria verso gli altri» (Corrado Sannucci, “la Repubblica” 28/6/2002) • «La prima crepa si apre il 30 giugno 2002 a Yokohama, nella finale mondiale contro il Brasile: Kahn respinge il tiro di Rivaldo sui piedi di Ronaldo che non perdona il portiere, bravo fin lì a prendere per mano la nazionale di Voeller, trascinandola a un traguardo insperato. La ferita è profonda, ma la nazionale viene accolta in maniera trionfale al rientro in patria. Il prestigio di Kahn, eletto miglior giocatore del Mondiale (e migliore portiere del mondo come nel ’99 e 2001, grande rivincita dopo il pessimo Europeo 2000), rimane intatto. Anche se l’inglese “Daily Mirror” riserva alle “dita di burro” del tedesco una pagina formato poster, mentre calciatori e autorità brasiliane definiscono “ridicola” l’assegnazione del premio al portiere. Toccato comunque in Giappone l’apice di una carriera che lo aveva visto già grande protagonista con tre rigori parati al Valencia nella vittoria della Champions League 2001 a San Siro, dall’estate 2002 ha cominciato una discesa verso la mediocrità che sembra senza freni. Colpa di un carattere orgoglioso fino all’arroganza (è arrivato a chiedere un risarcimento milionario perché un videogioco usava “indebitamente” il suo nome e la sua immagine), ma soprattutto colpa di una vita privata gestita malissimo. La svolta arriva nella primavera 2003: ha ventuno anni, una bellezza selvaggia e si chiama Verena. Peccato che Kahn sia assieme alla moglie Simone da 17 anni e che lei aspetti il secondo figlio: lo scandalo travolge il portierone che si scopre piccolo piccolo. Braccato dai paparazzi, tormentato dai giornalisti, Kahn viene pizzicato in discoteca con il fratello Axel alle 5.30, quando avrebbe dovuto essere a curarsi ipotetici malanni muscolari: il tecnico Hitzfeld lo multa di 10.000 euro. Le multe fioccano anche sulle strade, tra un ritiro della patente e l’altro. La sua Ferrari 360 Spider non solo corre troppo, ma occupa troppo spesso i posteggi riservati ai disabili. E con la Mercedes coupé targata MOK1 (Monaco, Oliver Kahn 1) va ancora peggio, anche perché il Bayern impone l’auto aziendale Audi e l’unico che la rifiuta è proprio Kahn. Che nel dicembre 2002 aveva rifiutato, all’ultimo minuto, di giocare l’amichevole del Centenario del Real Madrid perché “non si può aspettare un’ora Ronaldo e Zidane per un’intervista”. Niente male per un maestro di puntualità, che aveva saltato la festa scudetto del 2003 perché quando il tecnico aveva fissato il luogo dell’appuntamento lui, buontempone, stava ascoltando la musica con le cuffie. Facile capire insomma perché sia difficile perdonargli la serie di errori di una stagione iniziata tra l’altro con l’allarme per l’infiammazione che lo avrebbe colpito agli occhi e continuata con le certezze di una condizione fisica precaria. Ma Kahn è comunque Kahn. E allora sembrano anche poche quindici infiltrazioni anti mal di schiena per consentirgli di giocare gli ottavi di Champions con il Real. Kahn gioca, ma nel gelo dello stadio bavarese si trascina dentro la porta una punizione di Roberto Carlos, che lo sbeffeggia facendo il verso della papera. “Qualcosa sembra non funzionare” dice lui. E l’erroraccio nell’amichevole con la Croazia assieme ad un’altra “papera” che costa al Bayern l’eliminazione dalla Coppa di Germania con un avversario di seconda divisione tolgono ogni dubbio. Kahn, come vuole il suo stile, rilancia: prolunga il contratto col Bayern fino al 2008 e offre un brutto siparietto a distanza con Jans Lehmann dell’Arsenal per rivendicare il posto da titolare in nazionale per l’Europeo portoghese» (Paolo Tomaselli, “Corriere della Sera” 9/5/2004).