Varie, 4 marzo 2002
KANAKIS
KANAKIS Anna Messina 1 febbraio 1962. Attrice. Miss Italia a soli 15 anni nel 1977. Ha interpretato film (L’Avaro di Alberto Sordi), sceneggiati tv (Il maresciallo Rocca). stata responsabile del settore culturale dell’Udr. «Ha fatto il primo provino per Tinto Brass, ma adora il cinema francese ”di qualità”. [...] Una frase memorabile: ”L’ha riconosciuto persino una comunista convinta come Sabrina Ferilli, quelli di destra sono più bravi a fare l’amore, quelli di sinistra ti rompono ancora con il ”68”. Un ricordo struggente: ”Uno sceicco del Dubai mi ha fatto servire un melograno spaccato in due: confuso tra i chicchi rossi c’era un rubino così grande che non ne avevo mai visto uno uguale. Mi sussurrò che era solo un omaggio alla mia bellezza, ne sarebbero seguiti molti altri, se gli avessi regalato quella notte...” (Ha poi precisato di aver dormito, da sola, in albergo senza neanche utilizzare la golden card regalatagli dal facoltoso ammiratore). Quarta, infine, in un sondaggio sulla qualità delle tette, dopo Michelle Hunziker, Milly D’Abbraccio e Alba Parietti, ma davanti a Carla Bruni, Naomi Campbell, Madonna e Stefania di Monaco. [...]» (Cesare Lanza, ”Panorama” 19/11/1998). «Appassionata e carnale, con quel misto di sangue siciliano e greco che evoca sentimenti forti e atteggiamenti fieri, gli occhi scuri e profondi, la voce calda e intensa, sembrava destinata all’eterno ruolo di dark lady, nel cinema e nella vita, anche per via di certe sue dichiarazioni di simpatie politche che ne avevano fatto lo stendardo della nuova destra. [...] ”Se fai l’attrice e sostieni la destra ti bollano subito. Anche se dicono di ammirarti, perché hai il coraggio delle tue opinioni. Ma il cinema, si sa, è in mano alla sinistra, e certo le mie idee non mi aiutano a lavorare. Però non posso fingere, e la mia impulsività. la mia passionalità mediterranea sono sempre venute fuori” [...]» (Lucia Castagna, ”Sette” n. 17/1997). «[...] attrice intrigante, femmina seduttiva [...] ”[...] la frustrazione derivata dal cattivo rapporto con mio padre. Per la sua assenza: l’ho visto cinque volte in venticinque anni. E che io ricordi con precisione il numero delle volte che ho visto mio padre è un segno dell’importanza che attribuivo alla sua figura. Penso dunque che questa assenza mi abbia inoculato una diffidenza costante, e non eliminabile, verso la figura maschile. E, con la diffidenza, la difficoltà di abbandono. Per paura di essere delusa, tradita. Sono cose che ho capito, a poco a poco, anche dolorosamente. Crescendo [...] mi sono sposata una volta e durò poco. Avevo 19 anni, lui era un direttore di orchestra, dieci anni più di me. Ma lui cercava una mamma. E io cercavo il papà. Non potevamo incontrarci. Durò due anni e mezzo e poi finì.[...] sono un po’ rompicoglioni. [...]”» (Cesare Lanza, ”Sette” n. 37/2001).