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 2002  marzo 04 Lunedì calendario

KIM JONG-IL Khabarowsk (Russia) 15 febbraio 1942 (1941?), 17 dicembre 2011. Politico. Dittatore nordcoreano • «Punta acuta dell’“Asse del Male” denunciato da Bush […] La “brillante stella del partito”, il “luminoso cuore del partito e della patria”, il “geniale e beneamato architetto del Paese”, il “centro della nostra cultura”

KIM JONG-IL Khabarowsk (Russia) 15 febbraio 1942 (1941?), 17 dicembre 2011. Politico. Dittatore nordcoreano • «Punta acuta dell’“Asse del Male” denunciato da Bush […] La “brillante stella del partito”, il “luminoso cuore del partito e della patria”, il “geniale e beneamato architetto del Paese”, il “centro della nostra cultura”. Introverso, chiuso, sospettoso, frustrato, difficile al contatto umano, addirittura satrapesco quale è stato sempre descritto nelle analisi a distanza fatte da psicologi e analisti; addirittura maniaco sessuale, se si dà credito alla storia riportata dai giornali giapponesi di una “squadra della gioia” formata da belle e giovani ragazze per l’esclusivo piacere di questo padre-padrone della sua gente e del suo Paese. […] Prima che il padre, a cui è succeduto nel 1994, lo nominasse maresciallo e comandante supremo dell’esercito, per anni si era ammantato di meriti d’ogni genere: grande urbanista della monumentale Pyongyang con i suoi immensi vialoni punteggiati da archi di trionfo; autore e regista di film e sublimi opere sulla vita del padre; architetto di sfavillanti teatri. Soprattutto - in questo lo aiutano i suoi megaritratti pavesati dovunque - ha il vizio di credere troppo alla propria grandezza. Persino la sua origine è spudoratamente data per divina: la biografia ufficiale ne fa una specie di Gesù, dicendo che è nato in una grotta ai piedi della montagna sacra coreana, riscaldato da un bue e un asinello e con la cometa ad annunciare la lieta novella. Non ha esitato a invitare il Papa a Pyongyang, dove da cinquant’anni - ha osservato il cardinale sudcoreano Stephen King – “non c’è un prete”. Ha riservato accoglienze trionfali a Putin (luglio 2000) che tentava di riallacciare i rapporti dopo che Boris Eltsin li aveva quasi completamente rotti. È andato a Pechino (gennaio 2001) cercando di avere una benedizione cinese per il suo dialogo-non dialogo con il Sud. A Mosca ha scelto di andare teatralmente in treno: 21 vagoni blindati che hanno attraversato la Siberia tra reggimenti di agenti segreti, con una sosta sul lago Bajkal sacro agli sciamani dove ha voluto toccare le acque in omaggio a culti esoterici» (“La Stampa” 30/6/2002). «Crudele ed eccentrico, il “caro leader” ama farsi credere più matto e irresponsabile di quanto sia per dare forza ai suoi bluff. In realtà è un uomo che agisce con freddo raziocinio per il massimo vantaggio, affermano i politici stranieri che lo hanno incontrato. Poiché il Nord grazie al governo del “grande leader” Kim Il Sung e poi del figlio è in rovina - due milioni di morti per fame nell’ultimo decennio, fabbriche ferme, città senza energia elettrica - l’unica carta disponibile è la capacità d’incenerire con missili e obici la vicina capitale del Sud, Seul, e magari colpire anche il Giappone: “Se non mi date retta scateno una catastrofe”. Ha uno scopo chiaro: salvare se stesso e il regime stalinista- feudale che ha trasformato la Nord Corea in un immenso gulag. Di conseguenza egli ha bisogno di ottenere dal mondo aiuti umanitari ed economici, e assicurazioni di non subire né attacchi armati né sanzioni capaci alla lunga di spingere il Paese al collasso. […] Gli psichiatri esaminano la biografia del leader, composta di pochi fatti certi e una quantità di favole. Un evento chiave nella vita del sessantenne Kim è stata la morte della madre quando egli aveva sette anni. Secondo il racconto di un medico fuggito al Sud la donna, incinta, dopo un’ennesima scenata di gelosia al marito che cambiava amante ogni settimana, sarebbe stata da lui ammazzata a calci. Jong-Il avrebbe quindi inevitabilmente seri disturbi mentali. Ne è prova la leggerezza con la quale aveva concepito l’attentato contro una delegazione sudcoreana in Birmania nell’83, fatto esplodere in volo un aereo civile nell’87, diretto traffici di eroina e di valute false. “È un individuo pericoloso, cinico, feroce, capace di tutto - ha raccontato l’ex ideologo del regime Hwang Jiang Yop, fuggito nel 1996 -. Nel 1992 voleva scatenare la guerra. Venne dissuaso dal padre”. Un altro aspetto importante della sua personalità è la mitomania, il delirio di onnipotenza indotto dal culto quasi religioso che il Paese gli ha riservato. Secondo gli agiografi il “piccolo sole” era nato in cima al Paeku, la montagna sacra della Corea, mentre nel cielo apparivano luci magiche. Da bambino vinceva le corse di auto a pedali, umiliava i maestri con la sua erudizione, componeva musica come Mozart, inventava marchingegni come Leonardo. Con il suo fiuto per gli intrighi politici a otto anni aveva salvato il padre da un complotto. Quindi all’università di Pyongyang è stato capace di apprendere 10 mila pagine di economia in una settimana (ma l’accademia militare brevemente frequentata nella Germania Est lo aveva espulso per insubordinazione e mattane varie). Trattato come un dio, in quale misura ha il senso della realtà? C’è anche il lato istrionico del personaggio. “Sarei stato grande nello show-business”, ha confessato una volta. Egli adora ogni genere di spettacolo e in particolare i film d’azione, i film dell’orrore e quelli porno. Nella sua reggia ha ventimila videocassette, hanno riferito un’attrice sudcoreana e il marito regista, prigionieri per otto anni a Pyongyang dopo essere stati rapiti. Kim Jong Il voleva che gli insegnassero le tecniche cinematografiche, da lui poi applicate nella produzione di numerosi lungometraggi. Geniale regista di se stesso, sa creare lo spettacolo, il dramma, la suspense, sa costruire trame dalle svolte imprevedibili. Ma è anche capace di concludere con un lieto fine? Più tranquillizzanti sono i racconti di un diplomatico russo che due anni fa ha trascorso 24 giorni in compagnia del leader, viaggiando in treno da Pyongyang a Mosca (Kim non vola mai, per paura che gli avversari interni o esterni abbattano l’aereo). Ne viene fuori il ritratto di un gaudente con la passione per le belle donne, i buoni vini, i cibi prelibati, lo champagne. Un uomo che, forse, potrebbe un giorno ritirarsi in una delle sue cinque ville in Europa, a godersi i 4 miliardi di euro messi da parte con previdenza nelle banche svizzere» (Renato Ferraro, “Corriere della Sera” 11/1/2003).