Varie, 4 marzo 2002
KING B. B
(Riley King) Itta Bena (Stati Uniti) 16 settembre 1925. Chitarrista. Ha incominciato la carriera suonando la chitarra per strada, e ha inciso il suo primo disco - Live at the Regal - nel 1965. universalmente riconosciuto come il nome di punta del blues moderno, ha influenzato artisti come Eric Clapton e David Gilmour dei Pink Floyd • «Nato a Itta Bena, un paesetto nelle assolate campagne del Mississippi, [...] Il padre predicatore, la madre cantante di blues. Così era parso naturale a tutti che anche il piccolo Riley cominciasse a pizzicare una chitarra e a cantare. In più c’era in famiglia il cugino Bukka White che già si era fatto un nome come blues-singer. ”Ma il cantante che mi aveva più colpito era Blind Lemon Jefferson, un omaccione terribile, forte, rissoso. Aveva fatto anche il pugile, il lottatore, era finito in galera più volte, ma quando cantava... allora era un altro, il migliore. Rompeva il collo di una bottiglia e lo usava come unghia per la chitarra e cavava da quello strumento suoni lunghi, lamentosi, i suoni del blues. Raccontava quel nostro mondo fatto di miseria, di violenza, non ne conosceva altri. Ma io ho poi incontrato Louis Jordan e allora ho capito che i blues possono anche essere ironici, divertenti [...] Ero un ragazzino che cantava i blues, così la gente ha cominciato a chiamarmi Blues Boy King, ma poi è cambiato ancora, a Memphis. Ho fatto il disc-jockey per cavarmela, poi è saltata fuori quella generazione di matti, Elvis, Fats Domino, Little Richard. Il mondo ha riscoperto il blues e io mi sono trovato in quei giorni a lavorare sulla Beale Street. Così sono diventato uno dei Beale Street Blues Boys. Memphis era una città eccitante e la Beale Street era la strada più animata del mondo: puttane, magnaccia, ubriaconi, tutti lì in quella grande strada che viene dal sud e va al nord [...] Cantavo in un postaccio... beh scoppia un incendio, tutti scappano e io con gli altri, appena in salvo, mi accorgo di aver dimenticato la chitarra e allora mi butto nel fuoco e la ricupero. Poi mi raccontano che l’incendio è scoppiato per via di una ragazza che si chiamava Lucille, così anche la chitarra ha preso quel nome”» (Vittorio Franchini, ”Corriere della Sera” 19/6/2004) • «Sono cinquant’anni che B.B.King è sulla strada, con la sua fedelissima chitarra, Lucille, con un enorme bagaglio di musica e soprattutto di blues. E nei suoi interminabili giri del mondo non fa mai mancare una tappa romana: ”Mi piace moltissimo tornare a Roma, è un posto dove suonare dal vivo è un piacere, perché il pubblico è splendido. Ma è la città che a me piace particolarmente, camminare per le strade di Roma è straordinario, perché cammini in mezzo alla storia. [...] L’unica vera differenza è la lingua. Ma non è mai stato un grande problema per me. Io sono convinto che quello della musica sia davvero l’unico linguaggio universale, comprensibile da tutti e ovunque. Perché ho scelto di essere un bluesman? Perché era la musica più semplice da imparare. Non avevo un insegnante a disposizione, dovevo cavarmela da solo, quindi non avevo molte alternative. Nell’area dove vivevo io c’era il blues, tutti suonavano il blues e io non avrei potuto imparare altre musiche. Scelsi di suonare la chitarra perché costava meno di altri strumenti, la chitarra e l’armonica erano gli unici due strumenti accessibili con pochi soldi, ma io non volevo l’armonica perché già molti altri la suonavano. Allora scelsi la chitarra e imparai a suonare il blues dai miei vicini di casa. [...] Penso che il blues sia come la Bibbia, racconta delle buone storie e insegna delle cose. Cantiamo di cose che ci piacciono e di quelle che non ci piacciono, di quello che vorremmo essere e quello che non vorremmo, e la Bibbia fa lo stesso. [...] La musica cambia sempre e proprio per questo è bellissima. E non ha senso dire che la musica di ieri era meglio di quella di oggi. I ragazzi di oggi non suonano quello che suonavano i vecchi, ed è la stessa cosa che facevo io quando ero giovane. Oggi è il loro tempo, devo avere i loro pensieri e suonano quello che sentono, devono vivere ed esplorare il proprio mondo. Certo che il mondo è cambiato, quando sono nato io non c’era la televisione, oggi i ragazzi crescono con i computer. Ma non credo che oggi sia peggio di ieri, l’industria musicale è più forte ma non credo sia peggio. musica diversa”» (Ernesto Assante, ”la Repubblica” 12/7/2001).