Varie, 4 marzo 2002
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Kissinger Henry
• (Heinz Kissinger) Fuerth (Germania) 27 maggio 1923. Politico. Ex segretario di Stato americano, premio Nobel per la pace nel 1973 insieme al vietnamita Le Duc Tho • «Un immigrato divenuto protagonista dell’affermazione degli Stati Uniti come potenza egemone nel XX Secolo. Arrivato nel 1938 in fuga con i genitori dalle persecuzioni razziali nella Germania nazista, indossò la divisa dell’Us Army e passò dal laboratorio di idee e di uomini dell’Università di Harvard prima di arrivare alla politica di Washington grazie a Nelson Rockefeller e di diventare il demiurgo della politica estera delle amministrazione Nixon e Ford, l’architetto della distensione con Cina ed Unione Sovietica e l’interprete di un nuovo modo di fare politica estera - la realpolitik - che consentì di porre le basi per una vittoria nella Guerra Fredda ottenuta venti anni dopo senza il ricorso alla forza. [...] I suoi consigli sono stati richiesti e ascoltati da ogni inquilino della Casa Bianca, compreso George W. Bush ricorso più volte a lui dall’indomani degli attacchi terroristici dell’11 settembre. Considerato un lungimirante stratega dagli estimatori e un cinico spietato dagli avversari, ”a oltre 30 anni dall’ultimo incarico ufficiale ricoperto è ancora negli Stati Uniti una figura pubblica equivalente ad una rock star - ha detto di lui lo studioso Norman Ornstein - e possiede la mistica capace di far inginocchiare i più navigati veterani di Washington”» (m. mo., ”La Stampa” 25/5/2003). Consigliere speciale di Richard Nixon dal 1968, nel 1973 è nominato Segretario di Stato, carica che conserverà fino al 1977 anche sotto la presidenza Ford. A lui si deve la normalizzazione dei rapporti con la Cina e l’avvio del distacco statunitense dal Vietnam. Dal 1977 insegna alla Georgetown University (’liberal” 10/9/1998). «Il presidente George W. Bush l’ha scelto per scoprire in che modo le forze di spionaggio e di sicurezza si siano fatte sorprendere dall’attacco di Osama Bin Laden. [...] Le accuse contro di lui sono datate all’estate 1968, quando, per sabotare la campagna elettorale dei democratici di Hubert Humphrey, il diplomatico consiglia ai sudvietnamiti di non accettare la mediazione di pace del presidente Johnson, prolungando così la guerra. Nominato consigliere per la sicurezza nazionale e poi ministro degli Esteri, Kissinger approva i bombardamenti segreti sulla Cambogia, la guerra clandestina in Laos e, caduto Nixon, persuade il suo successore Gerald Ford a fornire armi all’Indonesia del dittatore Suharto, pur sapendo dei massacri che si preparavano a Timor Est. [...] In più il gusto perenne per il segreto, che mutua dai suoi modelli di politica estera, Metternich e Bismarck. Quando lascia Washington, per fondare la sua società di consulenze, porta con sé migliaia di pagine di documenti riservati, che non ha mai voluto restituire, malgrado le pressioni dei democratici. [...] ”In Francia gli hanno consegnato un mandato del giudice LeLoire per essere interrogato sui cittadini francesi rapiti da Pinochet. In Cile, in Argentina e in Spagna ci sono inchieste in corso contro di lui. A Washington pende una denuncia per concorso in omicidio, stilata dagli eredi del generale Schneider e il governo brasiliano ha rinviato una conferenza a San Paolo, temendo un mandato dei giudici locali” [...] Emigrato a Londra e poi a New York per sfuggire all’Olocausto (che massacrerà tredici membri della sua famiglia), sergente dell’esercito in guerra, intellettuale che ribalta la politica estera idealista ispirata al presidente Wilson. Anziché guardare ai ”valori”, la diplomazia kissingeriana considera i rapporti di forza. ”Ammira più Sparta che Atene”, dice il suo biografo Walter Isaacson. E con il Kissinger segreto delle guerre, c’è il Kissinger che in segreto vola in Cina, nel 1971 a mediare con Zhou Enlai l’apertura a Pechino. ”Una Cina non più aggressiva, quanta pace ha dato al mondo e quanto ha indebolito l’Urss?”, chiede un suo collaboratore, ”Può darsi che abbia accettato compromessi, ma il suo contributo alla stabilità internazionale è formidabile”. [...] Chi lo conosce assicura: ”Finge di disprezzare i critici. Ma in realtà è ferito dalle accuse, vuole passare alla storia come il Churchill del secondo Novecento, non come il professorino amico dei killer” [...] Perfino il Nobel per la pace, vinto nel 1973, fu oscurato dal rifiuto opposto dal suo interlocutore vietnamita Le Duc Tho che ironizzò, ”Premio per la pace? Quale pace?”» (Gianni Riotta, ”Corriere della Sera” 3/12/2002). Il rapporto con Nixon «fu complesso. Per un verso lavorarono bene assieme. Nixon è stato il presidente più strategico in politica estera, grandi scelte e poi tatticismi. Questo era l’approccio di Kissinger. Su Cina, Urss e Vietnam Nixon seguiva i negoziati, ma lasciava le scelte a Kissinger. Entrambi non volevano lasciare la politica estera al Dipartimento di Stato. Ma fra i due c’era una tensione sottotraccia. Nixon era un conservatore puro della California, Kissinger era invece un immigrato ebreo che aveva lavorato per Nelson Rockefeller, già sfidante di Nixon. Va dato atto a Nixon che scelse Kissinger a dispetto delle differenze. Poi Kissinger divenne popolare e Nixon era geloso delle attenzioni dei media e dei liberal. Il Watergate non lo toccò e la statura aumentò. Nelle vesti di Segretario di Stato con Ford fu il garante della continuità e credibilità americana [...] Era una figura dominante. Intelligente, abile con la burocrazia, tattico: era lui che faceva la politica estera. Nessuno dopo di lui è mai riuscito ad esercitare tale influenza su un presidente. I successi lo aiutarono: prima l’apertura alla Cina e il miglioramento dei rapporti con l’Urss, poi la fine del Vietnam, quindi la diplomazia della navetta in Medioriente e la spesso dimenticata indipendenza dello Zimbabwe [...] La formazione europea e il senso della Storia, della tragedia hanno segnato le sue scelte in un Paese come l’America, assai più idealista dell’Europa. Questo lo portò nel tempo ad essere attaccato da destra e sinistra. I conservatori affermavano che la distensione con l’Urss sviliva il controfronto ideologico, mentre i liberal lo consideravano troppo amico dei dittatori in ragione della Guerra Fredda» (Winston Lord a m. mo., ”La Stampa” 25/5/2003). «E’ un prodotto dell’Europa. E’ stato il più strategico, realista ed intellettuale rispetto agli altri Segretari di Stato Usa. Non a caso gli piacciono gli scacchi. E’ abile, quasi unico a prevedere cosa stanno per fare gli altri, è avanti a tutti di quattro o cinque mosse. Pianifica le scelte esatte perché riesce ad indovinare la direzione in cui procedono gli eventi [...] Nel caso del gli sono state imputate cose gravi, ma non è colpevole di nulla, è stato accusato ingiustamente: questa offensiva contro di lui nasce dal disaccordo con i liberal sulla strategia della realpolitik. Fu attaccato, altrettanto duramente, anche sulle vicende del Vietnam» (Lawrence Eagleburger a m.mo, ”La Stampa” 25/5/2003).