Varie, 4 marzo 2002
Tags : Janica Kostelic
KOSTELIC Janica Zagabria (Croazia) 5 gennaio del 1982. Sciatrice (sorella di Ivica). Oro in slalom, gigante e combinata, argento in superG alle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, oro in combinata e slalom ai mondiali di St
KOSTELIC Janica Zagabria (Croazia) 5 gennaio del 1982. Sciatrice (sorella di Ivica). Oro in slalom, gigante e combinata, argento in superG alle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, oro in combinata e slalom ai mondiali di St. Moritz 2003, oro in discesa, combinata e slalom ai mondiali di Bormio 2005, oro in combinata e argento in superG alle Olimpiadi di Torino 2006. Ha vinto la Coppa del Mondo nel 2000/2001, nel 2002/2003, nel 2005/2006. «[...] Papà Ante che l’allena, le impone una preparazione in cui abbondano esercizi fisici forse rustici, magari anacronistici, ma assolutamente efficaci. Perché sollevare banali pesi in palestra quando Madre Natura dispone - in Dalmazia - di tanti boschi, quindi di tanti alberi, cioè altrettanti tronchi da sollevare? Se lo stoico Rocky di Sylvester Stallone preparava il suo match spaccando legna nella neve a ritmi forsennati, Janica issa sulle spalle quintali di pini, di lecci, di faggi, per irrobustire i muscoli dorsali e per rendere quelli delle sue braccia più duri dell’acciaio. Papà Ante ha studiato il modo di migliorare il precario senso dell’equilibrio di Janica costruendo un attrezzo da Sette spose per sette fratelli, il musical ambientato tra i boscaioli del West. C’è una trave sottile e lunga sollevata da terra grazie a due cavalletti. Janica deve stare in piedi e sollevare un tronco a braccia tese sopra la testa. Quando le riesce, deve scagliarlo il più lontano possibile. Potrebbe apparire un giochetto, non lo è per nulla. fatica che schianta. Così, per dare respiro alla figlia fuoriclasse, l’ingegnoso papà Ante ha escogitato un allenamento a base di lunghe escursioni in cima ai monti. Trekking sostenuto, oppure arrampicata freestyle su roccia. Questo favorisce l’agilità ed aiuta a convivere con emozioni intense e adrenaliniche. ”Non basta - dice papà Ante - bisogna combattere e vincere la paura, perché quando si corre una discesa libera la paura è il peggior avversario”. Ricorda il terrificante incidente di Janica durante l’allenamento a Sankt Moritz il 16 dicembre del 1999: i lunghi mesi di convalescenza, la difficile riabilitazione, non solo fisica. Per eliminare dalla mente della figlia le angosce di quel momento, ha deciso che il metodo migliore era quello - spericolato e spettacolare - di gettarla giù da una rupe scoscesa sul mare, nell’isola di Mljet, uno splendido parco nazionale al largo della costa tra Spalato e Dubrovnik. Altro che Klaus Di Biasi. Janica si tuffa come niente fosse da tredici e da diciassette metri, mentre Ivica, il fratello, lo fa da venti metri. Non contento, papà Ante attende i figli in battello, pronto a fargli indossare le mute di neoprene per l’immersione. Prima il volo, poi mondo sommerso. Dice papà Ante: ”Per diventare i migliori del mondo occorrono allenamenti duri, ma soprattutto continuativi”. Se si sopravvive. Eppure, Janica e Ivica, il fratello slalomista più malandato, sono felici e soddisfatti di questi sistemi naif che non sono contemplati in alcun manuale. In fondo, la loro è una preparazione ambientalmente corretta. Mettiamo i salti, indispensabili per la preparazione degli atleti: perché in palestra? Papà Ante si è ispirato a Edward Rice Burroughs, l’autore di Tarzan: Janica si arrampica sugli alberi e salta giù. Allegra come una bambina. Poi afferra la mountain bike e fila come Paola Pezzo su ripidi sentieri, e questo può farlo anche a Zagabria (dove è nata il 5 gennaio del 1982), sul monte Sljeme che domina la città e dove per la prima volta, in una serata memorabile, è approdata [...] la Coppa del Mondo, proprio in suo onore. E proprio davanti a trentamila fans si è consumata la sua più grande delusione: un’inforcata dopo appena diciassette secondi, nella prima manche. [...] corse al Sestriere con la fascetta nera del lutto sul braccio il giorno che morì il presidente croato Tudjman, il 12 dicembre del 1999, e vinse [...]» (Leonardo Coen, ”la Repubblica” 5/2/2005). «Mai nessuna donna era riuscita a fare bis olimpico nello sci alpino. una ragazza di città: ha imparato a sciare sullo Sljeme, il monte di Zagabria. Una sola seggiovia, 3 skilift. C’è voluta la Coppa vinta da Janica per far mettere l’impianto di neve artificiale: ”Così, quando torno, posso sempre allenarmi”. Allenata da papà Ante, ex campione di pallamano. Da piccola tifava per Pernilla Wiberg, ”perché gareggiava in tutte le discipline”. L’ha imitata e perfezionata. Corre tutto e vince tutto (o quasi). Il più grande desiderio: ”Essere sempre in buona salute”. Per forza: ha trascorso più di sette mesi tra ospedali e centri di rieducazione, causati da quattro incidenti. Il più grande sogno? ”Essere alta un metro e ottanta”. Fa la civettuola: è già abbastanza alta, un metro e 70. Lo sciatore preferito: ”Mio fratello Ivica”. Le piacciono molto gli animali, poiché non può portare in giro quelli veri, riempie le valigie di orsacchiotti portafortuna di pelouche. Ama la tigre e la Jaguar, animale e automobile: ”Questo però non scrivetelo...”. Perché è la Renault che la sponsorizza. Cosa le interessa di più nella vita? ”Lo sci”. E poi? ”Il dolce far niente. Le telenovele”. Confessa: ”Preferirei morire piuttosto che tornare a scuola”» (’la Repubblica” 21/2/2002). «Le quattro medaglie in una stessa Olimpiade sono un record assoluto nello sci alpino: Hanni Wenzel (Lake Placid 1980) e Rosi Mittermaier (Innsbruck 1976) sono numericamente alla pari della croata; tuttavia all’epoca il Cio non riconosceva la combinata, considerata solo dalla federazione internazionale. Ma la novità è che c’è una donna a fianco di Toni Sailer e Jean Claude Killy: Janica con tre titoli in una stessa edizione dei Giochi ha raggiunto l’austriaco dominatore a Cortina ’56 e il fuoriclasse francese, simbolo di Grenoble ’68. Che cosa si prova ad essere nell’arca della gloria ad appena 20 anni? Il volto radioso, le unghie dipinte di viola con la scritta ”Tata” (’significa papà, la persona chiave della mia vita”), ci ha pensato un attimo prima di rispondere. Deve aver ripercorso mentalmente la gara, un gigante affrontato con il rango dell’outsider (partiva con il 19), ma aggredito con il piglio da ”terminator”. Lei stessa non credeva a quello che aveva fatto, in una disciplina che ammetteva di non ”riuscire più ad aggiustare”, costretta com’era ”a inseguire il futuro” dopo aver sconfitto gli infortuni. Quei pochi secondi di riflessione devono averle dato la misura dell’impresa: ”Io come Killy e Sailer, anzi più avanti di loro? Comincerò a pensarci tra un po’, già sapendo che il mio primato verrà superato. Quel giorno scenderò dalla nuvola sulla quale mi trovo ora: mi auguro di risvegliarmi felice come lo sono in questo momento”. Prima donna dell’Est a conquistare la coppa del mondo assoluta (nel 2001), grazie alle combinate e all’imbattibilità in slalom (nove successi di fila, come Vreni Schneider)[…] Qualcuno ha già storto il naso: possibile che ciò accada senza ”aiuti”? La sua risposta è nella ferocia agonistica della famiglia, alla mentalità donatale dal padre Ante, l’uomo che manda a memoria Hemingway e ha scolpito i figli nell’ascetismo sportivo, e nella fede cattolica della madre» (’Corriere della Sera” 23/2/2002). «Cannibale come Merckx in bicicletta, come Jordan con la palla in mano, come Vieri quando ha davanti una rete, come Tomba quando dominava. Non concede nulla alle avversarie, lo slalom è come il suo giardino privato[…] diventata cannibale sfruttando meglio di qualunque altra le accelerazioni di questi attrezzi e la grande padronanza le permette di essere dolce quando si tratta di farli scorrere. Spiega papà Ante: ”Non c’è nessun segreto nelle vittorie dei miei figli in slalom, ma solo tanto allenamento e in tutte le condizioni. Sci così corti fra i pali devono essere una cosa sola con l’atleta, i piedi devono sentire quello c’è sotto. E c’è solo una strada per arrivare a questa confidenza: sciare, sciare, sciare”. […] Dice di lei il fratello Ivica: ” straordinaria, quello che di lei vorrei avere è la freddezza mentale, che le permette di gestire una gara come io ancora non so fare. Quanto è forte lo vedo quando ci alleniamo insieme, la sua costanza è impressionante. Nostro padre la prima cosa che ci ha insegnato è non avere alibi. Per questo ci fa sempre sciare in tutte le condizioni. Il clima che si trova è secondario, dobbiamo concentrarci su quello che dobbiamo curare. Solo così un gesto tecnico ti entra dentro e diventa davvero tuo”. […] Se la scuola austriaca punta su una grandissima preparazione atletica sopra la quale costruisce il lavoro tecnico sulla neve, questa federazione familiare invece ha creato uno schema ancora più complesso, dove la mente conta quanto i muscoli, dove l’analisi dettagliata delle prestazioni e l’autocritica sono il costante punto di partenza verso la nuova meta» (Pierangelo Molinaro, ”La Gazzetta dello Sport” 7/1/2003).