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 2002  marzo 04 Lunedì calendario

Kournikova Anna

• . Nata a Mosca (Russia) il 7 giugno 1981. Tennista. Punto più alto della carriera la semifinale a Wimbledon nel 1997. «[...] Con il ritiro (temporaneo...) dai tornei [...] Anna ha completato la sua transizione umana e professionale: da aspirante campionessa di tennis ad affermato campioncino in carne e curve della reclame planetaria (orologi, costumi, creme ecc.). [...] Perché la gente sia ossessionata dalla vita privata di una ex atleta incapace di vincere un solo torneo, è presto detto: Anna K. incassa 10 milioni di dollari l’anno per essere Anna K., senza neppure bisogno di colpire una pallina. La tipa suscita un certo prurito commerciale. E non solo. Già quando giocava i suoi ricavi extra sportivi (sponsor, apparizioni ecc.) le facevano intascare 12 volte tanto rispetto alla numero 1 al mondo. In premi, da giocatrice, incassava 4 volte meno. Chissà perché le varie Hingis, Seles e Davenport, la detestavano. La svolta è arrivata con le prime foto osé: i servizi in bikini per ”Sport Illustrated” e le comparsate nei video musicali tipo quello del 2002 in cui conobbe Enrique Iglesias, figlio di Julio e futuro marito. Titolo della canzone: Escape. La fuga. Ironia: quello è il momento in cui Anna K. ha cominciato a scappare. Da chi? Dalla signora Alla, la madre-strega che l’ha tenuta in scacco per anni. Perché va detto, essere Anna K., con due assistenti e tre guardie del corpo, 24 ore al giorno, odiata dalle colleghe, non è facile. L’architetto di questa operazione è una [...] tennista fallita dell’ Unione Sovietica, che a 5 anni portò Anna K. allo Spartak Club perché, giocando a tennis, le avrebbero garantito un pasto caldo. Un lusso che Alla e Sergei Kournikov, non sempre si permettevano. In uno striminzito bilocale della Capitale, il ”grande piano” prese forma. A 11 anni, Anna K. era già a spasso per Fifth Avenue a New York, imparando l’arte di non fare compromessi. Solo gli stilisti migliori, solo i ristoranti di lusso. Solo gli uomini più ricchi. Alla spiegava, Anna ascoltava. A 12 anni, con la pensione garantita dagli sponsor, venne avvicinata da un giornalista. Le chiese: ”Cosa ti sembra l’America?”. Anna K. rispose: ”Parla col mio agente a fissa un appuntamento”. A 14 era dunque già professionista del tennis e della vita. A 23, nel giorno del suo secondo matrimonio, era sola all’altare perché mamma Alla era a Miami impegnata a farle causa. Vuole i soldi della villa che, assieme, si sono comprate nel 2000: 5 milioni. Oggi dice: ”Ma cosa credete, che a 7 anni volessi diventare una supermodel? Pensavo solo al tennis. Tennis, tennis e tennis. Questo voleva mia madre”. [...]» (Riccardo Romani, ”Corriere della Sera’ 16/12/2004). « molto più di una tennista. un fenomeno. tra le personalità più cliccate sulla rete ed è nella cerchia delle atlete più pagate al mondo: il tutto senza aver mai vinto un torneo del Grande Slam e senza mai essere salita al di sopra del tredicesimo posto nella classifica femminile del tennis. un personaggio che ha costruito una carriera da capogiro sul visino da Lolita, innocente e sexy allo stesso tempo, e su quel corpo perfetto, da modella più che da tennista, che i fotografi non si stancano di immortalare. Il suo reddito nel Duemila è stato di circa 24 miliardi di lire. Con il tennis, di miliardi ne ha vinti due; il resto è arrivato dai ricchi contratti con ditte d’abbigliamento e gioiellerie. comprensibile che nel circuito del tennis mondiale, risulti simpatica a pochi. Varie sue colleghe, tutti pezzi grossi dello sport, l’hanno più volte accusata di aver rovinato il gioco femminile. L’hanno criticata perché sul campo, dicono, vende non talento ma bellezza. Di conseguenza, ha portato nel tennis un’atmosfera da concorso. Saggiamente, non ha mai replicato. Forse i soldi valgono più di qualche precaria amicizia tra rivali» (Paola De Carolis, ”Corriere della Sera” 24/7/2001). «Racconta una leggenda che le vincitrici della Kournikova trovino ad accoglierle, negli spogliatoi, un piccolo premio, un animalino in peluche. Per dire che la più famosa delle tenniste di oggi non è la più amata. Le sue colleghe le rimproverano di non esser trattate come tali, e ritengono che i suoi guadagni miliardari siano ingiustificati. Loro son lì, a massacrarsi di fatica per pochi dollari in più. Mentre lei, con una foto vicino a un canguro, e un sorriso da un’utilitaria, di verdoni ne riscuote a centinaia di migliaia. Vicende analoghe, mi pare, riescono soprattutto al cinema. Per trovare qualcuno che fosse divenuto famoso senza combinare niente, o quasi, nel male e nel bene, bisogna forse pensare a Wallis Simpson, che tuttavia ebbe il merito di risparmiare agli inglesi il regno di Edoardo VIII. Ma, anche in questi bassi tempi di personaggi che non sono persone, non riesco mai ad assistere ad un match della Kournikova senza stupirmi. Va bene che, prima di diventare famosa, di accedere alle notorietà della rivista ”People” e di ”Esquire” - per non parlare di sei copertine su ”Sport Illustrated” - anche quella che io chiamavo Lolita era stata una tennista. E anche promettente, tanto da raggiungere, a soli sedici anni, la semifinale di Wimbledon. Poi era cominciata una discesina, solo in qualche modo compensata da due Slam di doppio, con la Hingis. Una retrocessione funestata da una frattura al piede [...] Era uscita dalle Prime Trenta del mondo, ma l’assenza dai campi, per uno strano contrappasso a rovescio, la spingeva sempre più sulle ribalte mediatiche, sino all’affermazione più ambita, la sintesi del nome nelle iniziali AK. La sua società di sponsorizzazione, Octagon, tramite l’agente personale, Phil De Picciotto (sic) faceva non meno affari di una multinazionale» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 16/1/2003).