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 2002  marzo 04 Lunedì calendario

Kramer Stanley

• New York (Stati Uniti) 29 settembre 1913, Los Angeles (Stati Uniti) 20 febbraio 2001. Regista • «Regista-produttore di film come Mezzogiorno di fuoco, Il campione e Indovina chi viene a cena [...] Uno dei grandi di Hollywood. Non della Hollywood che è solo una macchina per fare soldi attraverso formule sicure che generano vacuo entertainment, ma di quel suo filone più nobile che vede il cinema anche come uno strumento di coscienza sociale. Nei suoi 35 film, 18 dei quali come regista, Kramer ha infatti spesso affrontato temi controversi come razzismo, fascismo, corruzione, avidità e corsa agli armamenti. Ma la sua eredità non si limita a questo. Kramer ha saputo imporsi al di fuori dello studio system, diventando uno dei primi produttori indipendenti di Hollywood. E un po’ per necessità e un po’ per scelta, ha finito spesso per fare ricorso ad attori poco conosciuti che, sotto la sua guida, sono diventati delle grandi stelle. Con Il Campione, un film che ha offerto l’altra faccia del mondo del pugilato, Kramer ha lanciato nel ’49 la carriera di Kirk Douglas. Con The men, una storia di paraplegici di ritorno dal fronte, ha offerto la possibilità del suo debutto cinematografico a Marlon Brando, che nel ’54, con un altro film di Kramer, intitolato Il selvaggio, ha vinto un Oscar. ”Stanley Kramer è stato uno dei nostri grandi filmmakers", ha dichiarato Steven Spielberg. ”Non solo per la passione che ha saputo mettere sullo schermo, ma per l’impatto che ha avuto sulla coscienza del mondo”. Da Gary Cooper a Vivien Leigh passando per Sidney Poitier, Frank Sinatra, Cary Grant, Olivia de Havilland, Robert Mitchum, Ava Gardner, Gregory Peck, Humphrey Bogart e Katharine Hepburn, Kramer ha lavorato con le più grandi stelle di Hollywood, raccogliendo lungo la strada con i suoi film, la bellezza di 85 nominations e 15 Oscar. Ma la relazione del regista-produttore con la capitale del cinema è stata soprattutto segnata da scontri, sospetti, incomprensioni. Cresciuto a New York negli anni della Depressione, il giorno dopo avere ottenuto la laura in economia e commercio è partito alla volta di Los Angeles, dove ha trovato un lavoro alla MGM come falegname. Di lì ha iniziato a scrivere per la radio e a dirigere documentari per le truppe in partenza per il fronte. Finita la guerra, non riusciva a trovare lavoro. Kramer ha preso dunque la situazione nelle sue mani, producendo come indipendente film che hanno diretto l’attenzione dell’America e del mondo sul pregiudizio tra i militari nei confronti degli afro-americani (Home of the Brave) piuttosto che sul diritto ad insegnare l’evoluzione (Inherit the wind). Anche Mezzogiorno di fuoco non è un semplice western, ma una metafora della codardia che regna a Hollywood e nella società in generale. ”Ho cercato di fare film su temi che non si possono rimuovere”, aveva dichiarato. [...] Come è accaduto a tanti prima e dopo di lui, Kramer ha avuto con Hollywood un rapporto di odio-amore. Nel 1951, per esempio, firmò un contratto per produrre film esclusivamente per la Columbia per cinque anni, una decisione che pochi anni dopo ricordò come una delle più ”folli e pericolose” della sua carriera. ”Lo feci anche se sapevo che avrei dovuto lavorare sotto l’occhio freddo e duro di quel volgare, semi-analfabeta, spietato e zotico capo che è Harry Cohn”, ha scritto nella sua autobiografia. Pubblicata nel 1997, l’ha voluta intitolare Questo pazzo, pazzo, pazzo mondo, dal nome del film diretto da Kramer nel 1963. Una commedia di tre ore, con Buster Keaton, Mickey Rooney, Milton Berle, fatta quasi a voler dimostrare che non era unidimensionale, che non voleva essere catologato come quello dei film-messaggio. ”Non ho messaggi”, disse una volta. ”Ho provocazioni, pensieri, dubbi””. Il regista-produttore ha avuto due figli dall’attrice Anne Pearce e altri due da Karen Sharpe, con la quale, sul finire degli anni ’70, decise di trasferirsi a Seattle. Voleva stare lontano dalla città che amava e detestava, ma il suo esilio volontario è durato poco. Ed è morto all’ospedale della Academy di Woodland Hills, una ventina di minuti d’auto da Hollywood» (Lorenzo Soria, ”La Stampa” 21/2/2001).