4 marzo 2002
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Kripke Saul
• . Nato a Bay Shore (Stati Uniti) il 13 novembre 1940. Filosofo. «A tre anni sorprese la madre facendole notare che se davvero Dio fosse dovunque, per entrare in cucina dovremmo scacciarne una parte fuori. A diciannove stupì il mondo matematico risolvendo il problema, che aveva impegnato i logici da Aristotele a Carnap, di dare un significato alla logica modale, cioè a termini quali ’possibile’ e ’necessario’. A trenta rivoluzionò la filosofia analitica improvvisando tre conferenze sulla teoria del riferimento, sbobinate nel classico Nome e necessità (Boringhieri, 1982). Da allora è entrato nella leggenda. Ha insegnato a Harvard e Princeton, senza aver mai preso un dottorato. E’ finito sulla copertina dell’inserto culturale del New York Times, con grande sorpresa (e invidia) dei colleghi. Ha ispirato il romanzo Il problema mentecorpo di Rebecca Goldstein, il cui protagonista è un genio incapace di vivere il quotidiano. Ha sconvolto la setta degli adoratori di Wittgenstein, assiomatizzandone il pensiero in Sulle regole e il linguaggio privato (Boringhieri, 1984). Benchè appena sessantenne, è già andato in pensione. Le uniche occasioni di vederlo sono dunque le sue rare apparizioni pubbliche, sempre in forse fino all’ultimo momento. [...] Come è arrivato alla filosofia? ’Vivevamo a Omaha, un posto sperduto nel Nebraska. Verso i dodici o tredici anni chiesi a mio padre come potevamo sapere che non stiamo sognando. Mi disse che Cartesio, che lui pronunciava letteralmente ’Descartis’, aveva già risposto al problema nelle sue Meditazioni, e me le diede da leggere. Ho cominciato così. Poi sono passato a Hume e Berkeley, e verso i quattordici o quindici anni ho letto Platone. All’epoca non ho fatto nessun serio tentativo di leggere Kant [...] Poichè la matematica che si faceva alle medie era troppo elementare, la mia professoressa mi ha consigliato libri più avanzati, e qualcuno di questi parlava di fondamenti. Poi ho letto i testi di Quine e Rosser, e la Introduzione alla metamatematica di Kleene. E ho finalmente capito l’intuizionismo: prima non riuscivo a immaginare come si potesse rifiutare il principio del terzo escluso, che mi sembrava evidente [...] La logica modale l’ho scoperta sulle riviste specializzate che incominciai a leggere al liceo. Andavo a prenderle a Lincoln, la ’capitale’ del Nebraska, perché non si trovavano a Omaha. Tra parentesi, benché il mio liceo fosse in una città sperduta, ha diplomato anche Lawrence Klein e Alan Heeger, che hanno vinto rispettivamente il premio Nobel per l’economia nel 1980, e per la chimica nel 2000. E l’ha frequentato anche Ronald Jensen: un altro logico molto famoso, che io però ho conosciuto solo dopo’ [...] Quando arrivai a Harvard credevo che mi avrebbero incoraggiato, e invece ho passato un periodo molto infelice. Il professore di logica, Burt Dreben, fu molto dogmatico e scoraggiante: mi continuava a dire di fare il matematico, di non sprecare il mio talento con lavori filosofici che non valeva neppure la pena di pubblicare. Credo che non avrei dovuto andare a studiare a Harvard [...] Non credo che si debba essere per forza un matematico o un logico per essere un buon filosofo, benché la cosa aiuti. C’è chi è bravo a fare una cosa, e chi è bravo a fare l’altra. Quanto a Dummett, ha addirittura cominciato con una laurea in storia, credo’ [...] Qualcuno l’ha definito ’il Bobby Fisher della filosofia’. ’Lo so, e sono molto seccato, l’ho preso come un insulto, come un giudizio di ristrettezza mentale. Anche perché, quando l’hanno detto, avevo appena pubblicato il mio libro su Wittgenstein» (Piergiorgio Odifreddi, ”la Repubblica” 2/1/2002).