varie, 4 marzo 2002
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Krugman Paul
• Albany (Stati Uniti) 28 febbraio 1953. Economista. Premio Nobel 2008 • «L’accademia di Stoccolma ha deciso [...] di premiarlo per un’originale teoria del commercio internazionale concepita nel 1979 quando l’economista [...] era fresco di laurea. Già nel ”91 quel lavoro, davvero innovativo, gli valse la medaglia assegnata dall’associazione degli economisti al più promettente dei giovani talenti. Da allora molto è cambiato: Paul Krugman continua a insegnare commercio e politica monetaria a Princeton. Ma da quasi [...] la sua notorietà è legata, più che alla sua produzione accademica, all’intensa attività di pubblicista e di polemista. Dal 1999, quando ha iniziato a scrivere due editoriali alla settimana per la pagina delle analisi del New York Times, Krugman è pian piano divenuto il commentatore più seguito dai lettori dell’America ”liberal”. E anche il più odiato dai conservatori. Come tutti i polemisti, però, il professore di Princeton si è fatto molti nemici anche nella sua parte politica. Soprattutto tra gli altri economisti democratici che lo considerano troppo radicale o di scarso spessore accademico. E, un po’ lo invidiano perché ha denunciato prima di altri i limiti della ricetta liberista, sia dal lato degli equilibri sociali che da quello della tenuta del sistema finanziario. una ruggine vecchia [...]: durante la campagna del ”92 Bill Clinton si servì molto del giovane economista che due anni prima aveva pubblicato L’era delle aspettative decrescenti, brillante saggio che annunciava un ”cambio di stagione” dopo i decenni della società ”affluente”. Ma, una volta eletto, Clinton portò alla Casa Bianca economisti come Robert Reich, Larry Summers e Laura Tyson, lasciando Krugman a terra. Lui non la prese bene: per anni punzecchiò gli ”usurpatori” nei suoi editoriali. [...]» (Massimo Gaggi, ”Corriere della Sera” 14/10/2008) • «Paul Krugman è diventato talmente famoso come forse il più implacabile critico dell’amministrazione Bush dalle pagine del New York Times che è difficile separare il premio Nobel per l’economia dal personaggio pubblico. ”Krugman non è solo uno scienziato ma un opinion maker”, ha detto Tore Ellingsen membro del comitato per il Nobel. Prima di assumere questo ruolo, Krugman era un brillante economista dalle credenziali impeccabili. Studi a Yale e al Mit, tesi con l’economista tedesco Rudi Dornbusch di tendenze conservatrici. Titolare di insegnamenti a Yale, Harvard e al Mit, Krugman ricevette nel 1991 la Clark Medal, assegnata all’economista più promettente sotto i 40 anni. Nei primi anni ”80 era tra i consulenti economici della presidenza degli Stati Uniti. Quando un’ondata di protezionismo colpì gli Usa e i lavoratori temevano di perdere il posto, Krugman si espresse decisamente a favore del commercio internazionale. Il comitato per il Nobel ha apprezzato in particolar modo due studi pubblicati del ”79 e dell’80. Krugman, appena ventenne, offrì un nuovo modello teorico al commercio internazionale e modificò la tradizionale teoria del ”vantaggio comparato” in base alla quale si esporta ciò che si è in grado di produrre con maggior efficienza e si importa ciò che altri producono al minor costo: i tedeschi fabbricano automobili ma comprano il cotone dall’Egitto. La teoria tradizionale però non spiega perché i tedeschi allora non comprano solo automobili tedesche ma anche giapponesi, americane o francesi. ”I modelli di Krugman sono diventati lo standard sia perché corrispondono meglio alla realtà sia perché sono capolavori dal punto di vista matematico” ha scritto Edward Glaeser, docente ad Harvard. Nel 1991, Krugman diede un grande contributo alla nascente disciplina della ”geografia economica”. Teorizzò tra l’altro che se due paesi altrimenti identici producessero lo stesso prodotto i salari sarebbero più elevati nel paese con la popolazione maggiore perché le imprese sfrutterebbero la più ampia economia di scala. Krugman ha rivestito altri importanti ruoli. Scrivendo per riviste come Foreign Affairs e Harpers, spiegava i fondamenti del commercio internazionale smontando molti preconcetti su commercio e globalizzazione. Ma come editorialista del New York Times, dal ”99 intraprese una terza carriera come commentatore, alternando articoli di economia spiegata ai profani a feroci attacchi contro l’amministrazione Bush. Krugman fu sconcertato dalle proposte di Bush nella campagna elettorale del 2000. Le giudicava in malafede. Quando gran parte della stampa americana concedeva a Bush il beneficio del dubbio, Krugman capì che gli sgravi fiscali proposti si basavano su una logica fasulla e che essi avrebbero comportato effetti contrari a quelli sbandierati. Quando Krugman era tra i consulenti del repubblicano Reagan, ci si attendeva che gli economisti dessero al governo consigli onesti, indipendenti dalle convinzioni politiche. Krugman notò che sotto Bush l’operato dei consulenti veniva distorto a giustificazione di obiettivi politici. La convinzione della malafede dell’amministrazione Bush portò Krugman a reputare ingannevoli le affermazioni circa il possesso di armi di distruzione di massa da parte dell’Iraq. Così Krugman è diventato un eroe della sinistra americana. Ha denunciato la crescente disuguaglianza sostenendo che non solo è un male sociale ma economico. Alcuni lettori trovavano i suoi costanti attacchi a Bush eccessivamente aspri. E molti suoi colleghi accademici reputavano che con posizioni così nettamente di parte in saggi come Conscience of a Liberal, Krugman mettesse a rischio l’opportunità di ottenere il Nobel. Ma molti lettori progressisti hanno apprezzato la sua abitudine di dire ciò che pensa senza timore (anche quando questo significa criticare Barack Obama: Krugman era a favore della Clinton alle primarie democratiche). Occorre rendere merito a Krugman su altri fronti. Da due anni prediceva che gli Usa si avviavano ad un grave crollo del mercato immobiliare e ammoniva sui pericoli della deregulation. [...]» (Alexander Stille, ”la Repubblica” 14/10/2008).