Varie, 4 marzo 2002
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KURKOVA Carolina Decin (Repubblica Ceca) 28 febbraio 1984. Top model. «Guadagna 5 milioni di dollari all’anno, più o meno la stessa cifra in euro
KURKOVA Carolina Decin (Repubblica Ceca) 28 febbraio 1984. Top model. «Guadagna 5 milioni di dollari all’anno, più o meno la stessa cifra in euro. Come lei una ventina di modelle al mondo, non di più: Maria Carla, Gisele, Naomi, Eva, Karmen, Louise, Natalia... Scusi ma quanto ci ha messo a guadagnare così? ”Tre anni. Si, sì lo so. Sono stata fortunata, però non pensiate che il lavoro di modella sia un sorrisetto di qua e uno di là davanti a una macchina fotografica” . E non lo dice con spocchia. Anzi. Poi spiega. E intanto si presenta, la ragazza. Nata in un ”piccolo, piccolo paese di Repubblica Ceca, a due ore da Praga sono cresciuta sino a 16 anni senza sapere cos’era Prada o ’Vogue’”. Un’amica mandò una sua foto a un’agenzia di modelle della capitale, l’agenzia la chiamò e la famiglia Kurkova partì: papà ex giocatore di basket ora allenatore, mamma ricercatrice, fratello minore studente. ”La prendemmo come una gita in città. Con sorpresa i miei capirono che erano realmente interessati a me, ma c’era la scuola da finire”. Di lì a poco passò da Praga Alessandro Bazzoni (che ora è il suo fidanzato- manager), allora un talent scout, che vide ancora le foto di Karolina: insistette e la portò a Milano. Lei che non conosceva Prada fu presa (ma che strana è la vita), in esclusiva. Era il 2000. Era scesa al ”Principe di Savoia”. Oggi è il 2003 e soggiorna al ”Four Seasons”. Che la chiamino ”la meteora”, non è poi così strano. ”Ma no, ma no. Un po’ di gavetta l’ho fatta. Dopo quella campagna con Prada, sono andata a New York e ho cominciato la trafila: casting, appuntamenti. Però, sì, mi è andata bene”. [...] ”A me piace quello che faccio. E’ interessante. Ho visto cose e luoghi e persone in tre anni che a tanti non basta una vita. E cerco di farlo al meglio, divertendomi, parlando con la gente. Così non ho il tempo di cercare altrove altro... E poi si lavora sei giorni su sette, qualcuno mi deve spiegare come potremmo fare se non mangiassimo o ci drogassimo”. Stress super pagato. Ma cosa ci fa con tutti quei soldi? ”Penso agli altri: ai miei genitori, ai miei amici. Faccio del bene. L’anno scorso per esempio ho acquistato quasi tutte le azioni del piccolo ospedale per bambini della mia città che, con una lettera, mi avevano segnalato essere in decadimento. Sono entrata in consiglio di amministrazione e ora sto cercando di ristrutturarlo”. Per lei niente? ”Compero case un po’ qua e un po’ là”. Gioielli, pellicce, auto, shopping, insomma? ”Oh, sì. Adoro i gioielli antichi..., ma so anche che fatica faccio a guadagnare con il mio lavoro”. Uomini? ”E’ bello sapere che piaci, ma io so mantenere le distanze”. Proposte ”indecenti”? ”Succede. Rispondo: ’Chissenefrega’”. Limiti oltre ai quali no? ”Le foto volgari. Ho sfilato anche con niente sopra e niente sotto. E’ imbarazzante quando esci, poi ti passa e vai”. Le colleghe? ”Da due anni siamo sempre le stesse. E vado d’accordo con tutte”. Oltre la moda? ”Dormire, dormire, dormire. Adora non far nulla”» (Paola Pollo, ”Corriere della Sera” 26/2/2003). «Pelle di luna quasi trasparente, lineamenti delicati e purissimi, soave come una carezza e frizzante come una coppa di champagne, Karolina K o più semplicemente KK (la chiamano già tutti così nell’ambiente) è arrivata sulla scena della Seduzione come una stella cometa, bruciando le tappe della celebrità in appena un anno e mezzo. ”E’ lei la supermodella del momento”, dice Anna Wintour, potentissima direttrice di ”Vogue America”, di questa ceca, alta un metro e ottanta sviluppatisi con aerodinamica leggerezza. Con molti affettuosi saluti a Gisèle, a Carmen Kass e ad altre divine. Ha lavorato con i più grandi fotografi del mondo, da Irving Penn a Peter Lindbergh, da Steven Meisel a Mario Testino, da Arthur Elgort a Ellen von Unwerth. Ed è riuscita a conquistare anche il terribile Richard Avedon, che non è incline a dare la sua simpatia alle modelle (tra le top degli anni 90, due sole eccezioni, Stéphanie Seymour e Nadja Auermann) ma a lei ha dato persino una foto con dedica. Il primo amore, però, non si scorda mai. ”Tra i tanti servizi fatti”, confessa, ”quello a cui sono più legata è l’esordio su ’Vogue’ con Steven Meisel. Abbiamo avuto pure la copertina”. Aggiunge: ”Mi impegno molto, cerco di dare un contributo di professionalità e di attenzione ai fotografi. Puntiamo su un’immagine naturale che sia sexy, forte, raffinata”. E la bellezza quanto conta per lei? ”E’ importante, ci aiuta a stare meglio, a essere più felici. La bellezza non è una semplice forma, è un’idea totale, completa. Se una persona vuole conquistarmi la bellezza non le basta: deve essere buono e gentile. Altrimenti trova la porta chiusa”. C’è riuscito Alessandro Bazzoni, geniale e fortunato scout della newyorkese agenzia Dna, che l’ha lanciata nel mondo del modeling dopo averla scoperta a Praga nel 1999 e la segue dappertutto. ”Amo l’Italia”, dice la giovanissima top, rappresentata nel nostro paese dall’agenzia Why Not. E continua in un italiano perfetto, reso comico dalla sua allegria contagiosa: ”Ciao, come stai? Che bella che sei... C’è tempo, pensiamoci domani”. Già ”domani”, parola chiave secondo Karolina per capire la capacità degli italiani di prendersela calma e di godersi la vita senza troppe frenesie... Cosa farà domani KK, quando sarà finita la stagione dei successi come modella? ”L’arte e la fotografia sono i miei interessi principali”, confessa. ”Dipingo quadri astratti, concentrando la mia attenzione sulla luce e sui colori. Ma amo moltissimo la foto come mezzo espressivo. Insomma, potrei passare dall’altra parte dell’obiettivo...”. Vive a New York insieme al suo manager-pigmalione in un appartamento a Battery Park con vista sul fiume Hudson, a sette isolati dall’area del World Trade Center. Era a casa, quel maledetto 11 settembre. ”Dormivo, quando è successa la tragedia”, racconta ancora turbata. ”Ho sentito un terribile boato, che ha fatto tremare la casa. Mi sono affacciata e ho visto che le Torri andavano a fuoco. Incredibile... Non era fantascienza, era la realtà! Sono scesa per strada e c’era tanta gente, impaurita, sbalordita, che correva verso SoHo allontanandosi dal luogo del disastro. La cosa più orribile era vedere quelle persone che si buttavano giù nel vuoto, disperate. E, poi, il fumo, quella puzza di bruciato insopportabile... Siamo rimasti fuori di casa per sei giorni» (Massimo Di Forti, ”Il Messaggero” 27/11/2001).