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 2002  marzo 04 Lunedì calendario

Landis John

• Chicago (Stati Uniti) 3 agosto 1950. Regista • «Quando un regista realizza a 28 anni un film come Animal House e due anni dopo The Blues Brothers, è difficile che possa continuare lungo quel tragitto portentoso senza cadere nel ripetitivo o nel luogo comune di un cinema spettacolare che piace alle nuove generazioni, ma che non approfondisce alcun discorso autenticamente generazionale. quello che poteva capitare a John Landis, autore di quei due film memorabili che non soltanto sono diventati dei ”cult movies” ma hanno segnato una tappa fondamentale nella creazione di un nuovo modo d’essere, di vivere, di pensare, tanto al cinema quanto nella vita quotidiana. Ma Landis non è caduto nella trappola dei clichés e delle ripetizioni. Ha invece sviluppato la sua opera toccando di volta in volta diversi generi cinematografici, reinventandoli a modo suo o, in certi casi, stravolgendoli con la sua comicità, il suo spirito iconoclasta, un certo gusto per la farsa. D’altronde già nel film d’esordio, Schlock (1973), e più ancora nel successivo Ridere per ridere (1977), quella tendenza al cosiddetto cinema demenziale (che Animal House porterà a un alto livello espressivo) riesce ad esprimersi con forza e una certa carica eversiva. Ma sarà con Un lupo mannaro americano a Londra (1981), film horror rivisitato alla luce di un intento dissacratorio e corrosivo, e con Una poltrona per due (1983), commedia nera che ribalta i canoni della cosiddetta ”sophisticated comedy” degli anni 40, che Landis allarga il suo orizzonte, collocandosi al centro di quel rinnovamento e aggiornamento del cinema hollywoodiano che altri registi, giovani come lui, cercavano di realizzare. Su questa linea, ma con aperture ”politiche” più dichiarate, egli si è mosso con risultati per certi versi sorprendenti, quali Tutto in una notte (1985) e Spie come noi (1985), due film che, a ben guardare, sono lo specchio deformato e deformante di una certa America, conservatrice e impaurita. Poi vennero altre opere, forse diseguali, ma non prive di una forte carica personale, iconoclasta e polemica, magari nascosta dietro quel suo stile a un tempo leggero e grottesco, facile e complesso, svagato e meticoloso che gli è proprio. Basti pensare a Oscar (1991), con un inedito Sylvester Stallone, ad Amore all’ultimo morso (1992), un nuovo horror melanconico, a The Stupids (1996), fortemente grottesco, sino al poco riuscito Blues Brothers 2000 [...]» (Gianni Rondolino, ”La Stampa” 12/11/2004).