Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 04 Lunedì calendario

Lapierre Dominique

• Châtelaillon (Francia) 30 luglio 1931. Celebre giornalista e scrittore francese autore di best-sellers tradotti in tutte le lingue e premiati da milioni di copie • «Ho scritto La città della gioia e un libro su Bhopal, la più grande catastrofe industriale del mondo, con una nuvola di gas tossico che ha ucciso 30 mila persone in una notte e ne ha ferite 500 mila [...] Nel frattempo continuo naturalmente la mia azione in India. Abbiamo salvato 9 mila bambini lebbrosi, abbiamo fatto guarire 4 milioni di tubercolotici, abbiamo costruito 540 pozzi di acqua potabile. E ci sono quattro navi-ospedale che navigano nel delta del Gange per portare soccorsi medici a un milione di persone che vivono su 54 isole che neppure esistono sulla carta geografica. E dire che qui a Ramatuelle, a 5 chilometri da Saint-Tropez, ci sono yacht il cui valore potrebbe salvare i lebbrosi di tutta l’India [...] Un mio libro, scritto a 17 anni, che s’intitola Un dollaro, mille chilometri, racconta di un viaggio che ho fatto senza soldi in America alla fine della seconda guerra mondiale. Di questo libro sono state vendute 80 mila copie, ma la cosa formidabile è che i librai, i distributori e l’editore hanno deciso di donare un euro per ogni libro venduto alla mia azione umanitaria e così ho potuto comperare una quarta nave-ospedale [...] Vado in vacanza a Parigi, a Londra, a New York, ma per lavorare ho bisogno di stare dove non ci sono distrazioni. Ogni mattina faccio un’ora di passeggiata a cavallo nelle colline sopra St-Tropez, e quella per me è un’ora di meditazione, di riflessione [...] Quando andai in luna di miele in India, nel ‘53, c’erano 350 milioni di persone; oggi ce ne sono un miliardo e 100 milioni. In poco tempo la popolazione si è triplicata, e questo naturalmente pone dei problemi enormi. Ma adesso c’è una classe alta molto attiva e di successo; mi auguro che non vi siano troppe disparità con i più poveri. L’India oggi è il secondo Paese del mondo dopo la Cina [...] Offro la metà del mio guadagno a quel Paese, perché cerco di portare una goccia d’acqua [...] Sulla mia lapide voglio che sia scritto: Dominique Lapierre, scrittore, la data di nascita e la data di morte, e sotto: cittadino d’onore di Calcutta [...] Io amo moltissimo l’Italia perché è un Paese che ha una generosità più grande di qualsiasi altro. Gli italiani sono aperti alla solidarietà. Oltre a Calcutta, sono cittadino onorario di un piccolo villaggio sopra Bergamo, che si chiama Schilpario. È un villaggio dove tutti hanno letto i miei libri e il sindaco ha deciso che verrà donato un euro per abitante a favore della mia azione umanitaria [...] Cosa mi dà energia? Il piacere di cambiare un po’ le cose, di portare un po’ di giustizia in un mondo ingiusto. E anche di poter ricostruire grandi imprese storiche, che hanno cambiato il nostro pianeta. È affascinante quando s’incontra Ben Gurion, il creatore d’Israele, oppure Gandhi, oppure un generale tedesco che non ha voluto seguire gli ordini di Hitler e distruggere Parigi. Devo dire che ho imparato un proverbio bellissimo, nella bidonville di Calcutta che si chiama la Città della Gioia. Il proverbio dice così: “Tutto ciò che non è dato è perso”» (“La Stampa” 22/6/2003) • «Per chi va a trovarlo, l’avventura incomincia a poche decine di metri dal cartello del bivio tra Saint-Tropez e Ramatuelle: stradine dissestate in terra battuta costeggiano da una parte filari di vigneti e dall’altra una vegetazione di oleandri, lentischi, alloro e olivastri. Finché un pino marittimo secolare, che si apre a ombrello salendo dalla terra verso il cielo, indica che siamo arrivati. È in questa campagna della Provenza, dove ancora resistono le ultime chiazze di macchia mediterranea, bruciata dal sole e baciata da Dio, cantata da poeti e dipinta dai grandi artisti, che Dominique Lapierre ha scelto di abitare. Vi trascorre le ore dedicate alla scrittura, destinate a illuminare il sorriso di tanti bambini diseredati ospitati nel centro “Resurrezione”, che lui sostiene con i proventi dei diritti d’autore. [....] I pochi metri quadrati dello studio dove entrano miracolosamente una grande scrivania e alcuni mobili coperti letteralmente dalle cose più disparate [...] “Queste fotografie parlano di incontri con De Gaulle, Ben Gurion, Madre Teresa... Momenti indimenticabili... Ma tutto quello che vede è una storia d’amore personale. Se chiudo gli occhi vi ritrovo il calore della mia esistenza, del gusto per l’avventura che mi porta sempre altrove. In questa casa sono ammucchiati anni di sudore, di lavoro, di speranza. Sono le suole consumate in strada alla ricerca di qualcosa o di qualcuno... [...] Cosa è rimasto del ragazzo che partì finito il liceo - era il 1949 - con qualche spicciolo in tasca? [...]. Non ho rimpianti. È straordinario poter dire alla mia età che ho conosciuto la gente più diversa, mi dà la sensazione di essere riuscito a utilizzare ogni ora del mio destino [...] Mi è simpatico e caro vedere, per esempio, dentro l’armadio le copertine dei libri che ho scritto. Non posso farne a meno. Tuttavia, ho molta ammirazione per gli uomini che possono vivere in una piccola cella di convento senza avere nulla di personale. Forse la vera serenità sarebbe proprio lasciare tutto, ma per ora sono le emozioni che mi trascinano e, finché sarà così, la comunione tra me e gli oggetti è inevitabile [...] Ogni paese ha una sua dimensione. In India c’è quella olfattiva: c’è uno speciale odore che non mi abbandona mai, sensuale come la gente, le città, i paesaggi. È l’odore di un paese misterioso, dalla bellezza maestosa, avvolgente. Ne sono affascinato, ma è qui in Provenza che desidero ritornare e ritrovare le mie tradizioni» (Giuseppina Rocca, “Il Messaggero” 5/7/2003).