4 marzo 2002
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Lattes Mario
• . Nato a Torino il 25 ottobre 1923, morto il 28 dicembre 2001. Scrittore. Pittore. Editore. «[...] una figura di intellettuale, editore, scrittore e pittore che ha avuto un ruolo spesso segreto ma importante, nella cultura torinese e italiana, e che amava definirsi così: ”Mario Lattes è nato il venticinque ottobre millenovecentoventitré a Torino dove vive e lavora, ma lavorare non è esatto e neanche vivere”. [...] dipinse molto e scrisse con una certa cautela, lasciando in tutto quattro romanzi, i più noti dei quali sono Il borghese di ventura e L’incendio del Regio, pubblicati da Einaudi negli Anni 70. Era uno spirito, come scrisse di lui il poeta Libero De Libero, ”recalcitrante e scomodo”. Ed era un uomo curioso, aperto a una cultura radicata nella sua Torino e nello stesso tempo cosmopolita. Nelle opere letterarie racconta al fondo se stesso, erede d’una libreria editrice fondata dal nonno che, dopo le leggi razziali volute dal fascismo, deve reinventarsi, trovare una via d’uscita, pur restando quello che era: un borghese, anche se, ormai, ”di ventura”. Che attraversa le seconda metà del Novecento con la giusta dose di ironia. Nei quadri l’operazione è simile, anche se più complicata dalle scelte stilistiche, prima in direzione di un astrattismo espressionistico, poi di un’attenzione maggiore alla realtà quotidiana. Partecipò a rassegne importanti, come le Quadriennali di Roma del 1948, del 1959 e del 1965, oltre che alla Biennale di Venezia del 1958. Nel catalogo per la mostra cuneese è riportata una sua dichiarazione di poetica che risale al ’57, epoca di arte ideologizzata e non piccoli scontri su questo tema: ”L’artista - disse rispondendo a una domanda di Tristan Sauvage - non può far altro che volgere la più cauta attenzione ai minimi sommovimenti del proprio destino personale, e affidarsi al far diario: cioè accettare di apparire quel ’decadente’ che, come un limite, gli verrà rinfacciato di essere”» (m.b., ”La Stampa” 14/10/2005). «Un imprenditore con l’animo d’artista. Questo è stato il presidente dell’omonima casa editrice torinese. Un editore che, secondo Giuliano Vigini, ”è stato capace di ritagliarsi uno spazio significativo in un settore difficile come quello della scolastica, soggetto a continue riforme di cicli e programmi”. Riuscendo comunque, nonostante i circa mille titoli pubblicati e un fatturato medio annuo da 20 miliardi di lire, a non dimenticarsi di quell’amore per la pittura e la scrittura che lo spingerà a partecipare alla Biennale di Venezia, ad allestire mostre nella sede di via Confienza, a collaborare con il Mondo di Pannunzio, a cimentarsi in romanzi come La stanza dei giochi (Ceschina, 1 959) e Il borghese di ventura (Einaudi, 1975). Nel quale racconterà, con ironia amara, gli anni della sua clandestinità nella Roma delle leggi razziali. Proprio dopo la Liberazione comincia l’avventura imprenditoriale di Mario Lattes. Un’avventura che si lega in modo indissolubile con quella di un’azienda ormai centenaria (fondata nel 1893 dal nonno di Mario, Simone) che con Laterza, Hoepli, Bulgarini e pochi altri rappresenta uno degli ultimi esempi di casa editrice italiana ”a conduzione familiare”. Lui, nato nel 1923, ne diventa infatti amministratore unico subentrando al padre Ettore. E in questo ruolo mette mano alla ricostruzione di un patrimonio che era andato perduto durante il commissariamento voluto dalla dittatura (che aveva imposto all’azienda di sostituire il nome ebraico con la sigla Elit ovvero Editrice libraria italiana Torino), della confisca dei materiali di stampa, della distruzione delle attrezzature tipografiche e dell’esilio. La Lattes tornerà così a pubblicare i suoi testi scolastici, puntando su una formula fatta di ”grandi autori” e di aggiornamenti continui capace di realizzare veri e propri classici: dal Bovio-Manzone di matematica all’ Arduino di educazione tecnica, dallo Iadarola di italiano al Tàmmaro di latino, dal Landini-Fabris di geografia al Baracchi-Tagliabue di chimica, dal Perelli di storia antica al Balossino di informatica fino ad arrivare alla prima storia del cinema per la scuole scritta da Massimo Moscati. Accanto ai testi di economia politica e di meccanica, nel catalogo della Lattes si affiancheranno però (proprio su indicazione di Mario Lattes) i romanzi di Erenbúrg e di Faulkner, i saggi di Burzio e di Blum. Per arrivare alla pubblicazione (negli anni Cinquanta) di un Panorama con i resoconti dei principali eventi artistici italiani. E di Questioni : rivista bimestrale dove scriveranno Adorno, Abbagnano, Penna, Vittorini, Sanguinetti, Jonesco, Mollino e Dorfles. La rivista chiuderà nel 1960 con un numero interamente dedicato a Musil. Lattes è stato definito da un suo collaboratore un uomo ”troppo lucido per nutrire speranze nel futuro” che ”sdegnava, sopra ogni cosa, la disonestà intellettuale”. Un uomo negli ultimi anni ferito nel ”vedere la stupidità, l’arroganza, il falso efficientismo, l’ineleganza, la brutalità eletti a valori in un mondo diverso da quello che era stato suo”. Un uomo ”che non voleva apparire simpatico ma che andava dritto sulla sua strada”. Capace di decidere (nel 1976) di non pubblicare nessuna novità ”per la necessità di un momento di riflessione da parte dell’editore che voglia essere tale e non soltanto produttore di libri”. Ma anche capace di affrontare con successo (con l’aiuto della figlia Renata) la sfida della multimedialità e dei Cd, continuando a ”produrre” una Biblioteca per la scuola media illustrata con gli acquerelli che lui stesso dipingeva» (Stefano Bucci, ”Corriere della Sera”, 3/1/2002).