Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 04 Lunedì calendario

Lauda Niki

• (Andreas Nikolaus Lauda) Vienna (Austria) 22 febbraio 1949. Pilota. La famiglia è molto ricca ma osteggia la passione di Niki per le corse e così il futuro campione ottiene i soldi per comprare una Mini Cooper S dalla nonna. Debutta nel turismo, poi va in F2 con March e BRM. Nel ”74 lo chiama Ferrari. Con la Ferrari vince due titoli nel ”75 e ”77. Il rogo del Nurburgring e poi la paura del Fuji lo condannano nel ”76. Si ritira nel ”78, torna nell’82 e rivince il mondiale nell’84 con la McLaren. Ha subìto un trapianto di rene (donato dal fratello) nel ”98. Ha due figli maschi. L’11 marzo 1976 si sposa con Marlene Knaus, la nipote del medico che assieme al giapponese Ogino inventa il famoso metodo anticoncezionale. Nel ”79 fonda la Laudair. Diventa consulente Ferrari e poi McLaren. Oggi è in Jaguar. «Negli anni 70 un pilota doveva calcolare da sé anche l’incidenza degli alettoni o l’altezza della macchina, adesso fa tutto il computer. Una volta, se sbagliavi la marcia rischiavi di rompere il motore; adesso è solo tecnologia e poca umanità, il pilota deve solo frenare. Guidare queste macchine sta diventando uno scherzo, può farlo anche un imbecille. Invece di favorire il ritorno ai sorpassi, si fa di tutto per evitarli» (’la Repubblica” 4/3/2001). «Il primo a passare di lì fu Merzario. La Ferrari bruciava, la pista del Nurburgring era lunga 23 chilometri e i soccorsi sarebbero arrivati troppo tardi. Usando come scudo gli estintori di bordo si buttarono nel fuoco in quattro, Merzario, Edwards, Lunger ed Hertl, riuscendo a tirar fuori il corpo di un pilota in coma e un casco squagliato dalle fiamme. Dirà molto tempo dopo Niki Lauda: ”Mi trovo bene con la mia nuova faccia, mi manca quasi tutto un orecchio ma questo non mi infastidisce perché adesso telefonare è molto più semplice. Dell’incidente non ricordo nulla. Pioveva, uscii dal box dove mi ero fermato per cambiare le gomme e imboccai la prima curva. I miei ricordi si fermano lì, anche se l’incidente avvenne dodici chilometri più avanti’. Ci sono uomini che sono stati un po’ di qua e un po’ di là, cioè che hanno consumato la vita ma che hanno anche accarezzato la morte. I morti in genere sono più potenti dei vivi ma Andreas Nikolaus Lauda, forse il più luminoso cervello mai prestato allo sport, è uno dei rari casi dove la grandiosità di una vita è stata superiore alla grandiosità di una possibile morte su una Ferrari che brucia in un giorno di pioggia. Morire da giovane e in quel modo avrebbe reso Lauda certamente immortale; ma poi lo stesso risultato è stato ottenuto vivendo e vincendo, primo interprete della nuova sicurezza nella nuova Formula 1. Tormenti generazionali. Numeri? Una moglie splendida ma poi lasciata. Due figli maschi e tre titoli mondiali. Un ritiro, un ritorno e un altro ritiro definitivo. Quattro libri di taglienti memorie. E una compagnia aerea fondata e poi affondata, anche se 50 aerei nel mondo volano ancora col suo nome ben in vista sulla carlinga. Intelligentissimo, avarissimo, pragmatico, inflessibile, spietato con sé stesso e con gli altri, capace di silenzi eloquenti e di battute micidiali, sincero, soprattutto sincero, tutto questo è Niki Lauda. Ancora oggi, a 53 anni, l’uomo più amato e intervistato di tutta la Formula. Ci fu un giorno del 1976, nell’acquivento del Fuji, che Lauda conobbe la ragione del coraggio, ovvero la paura, e al secondo giro dell’ultima gara si ritirò lasciando il mondo ad Hunt. Ma ci fu un giorno del 1991 che Lauda si sentì morire ancora di più, quando uno dei suoi aerei, un 767, precipitò nella foresta pluviale fuori Bangkok causando la morte di 213 passeggeri e 10 membri dell’equipaggio. Otto mesi di inchieste stabilirono che la colpa fu della ditta costruttrice, anche se lui da quel disastro non si è mai ripreso del tutto: ”Rischiare di ucciderti in pista è un fatto tuo; ma se un passeggero compra un biglietto e poi non torna a casa, le responsabilità sono molto differenti’. Lauda, che pilotava personalmente i suoi jet, quel giorno doveva essere ai comandi; ma ebbe un contrattempo. Come doveva essere solo quel giorno a Ibiza a sprintare col jet-ski, e invece dopo essere svenuto per una caduta in acqua venne salvato dal figlioletto Mathias. Un uomo sopravvissuto a sé stesso almeno tre volte, e la quarta nel 1998 quando il fratello Florian, dopo molte insistenze, accettò di donargli un suo rene per il trapianto. Tre reni e tre mondiali, ora Lauda ci scherza su, come quella volta che tornò al Nurburgring e l’amico Zimmermann lo portò a brindare sul luogo dell’incidente. Mentre stavano seduti a sbronzarsi sul guard-rail, passarono sei turisti tedeschi in bici, riconobbero Lauda e chiesero cosa stessero facendo. E Zimmermann: ”Stiamo cercando l’orecchio che Niki ha perso qualche anno fa’. Finirono tutti talmente ciucchi da non potersi più riconoscere. La verità è che Lauda ha fatto da spartiacque tra la Formula 1 romantica e la Formula 1 del business, tra i piloti play-boy e i piloti computer alla Schumacher, forse perchè lui è l’unico di quel tempo capace di guidare e ragionare insieme. Ottiene miliardi da Ferrari già nel 1974. Domina il mondiale del 1975. Butta quello del 1976. Trionfa nel 1977. Prima di litigare con Ferrari, accasarsi alla Brabham e infine ritirarsi nel 1979 affermando di ”sentirsi uno stupido a continuare a girare in tondo con una macchina’. Inevitabile, l’ha già rapito la passione del volo, la Lauda Air, fondata in quegli anni dopo aver acquistato due Fokker usati. I conti in rosso della società lo costringono però a tornare a correre e nel 1984, in un indimencabile Gran Premio del Portogallo, rimonta questo mondo e quest’altro e vince il suo terzo titolo a nove anni di distanza dal primo, un’impresa mai riuscita a nessun’altro. Sul podio dell’Estoril, quel mezzo punto di vantaggio si trasforma in una lacrima che scende dagli occhi del giovanissimo Prost, suo rivale e compagno. Lo consola Marlene, la dolcissima moglie di Niki, con un bacio che resta nella storia; mentre Lauda sussurra all’orecchio di Alain: ”Non te la prendere, l’anno prossimo toccherà a te’, una frase simbolo che sarà il legame tra le due generazioni. E quando nel 1985 Prost vince il primo dei suoi quattro titoli mondiali, Lauda si ritira definitivamente e alla sua maniera, scendendo dalla macchina e scomparendo dietro le barriere senza voltarsi indietro una sola volta. Resta però con le cinture allacciate perchè al posto della tuta da corsa indossa la divisa di comandante di jet. La Lauda Air arriva a valere mille miliardi e ad avere 1.300 dipendenti, lui lascia la moglie e col solito impermeabile color topo defunto ogni tanto torna a bighellonare e a benedire in Formula 1, mette su pancia, il cappelletto della Parmalat è sempre più liso, accetta di fare il consulente di Montezemolo alla Ferrari ma si scontra con Todt, si fidanza a sorpresa con Giovanna Amati e vive tra Roma, Fregene e Vienna una love-story curiosa, pittoresca ma probabilmente verosimile e intensa. Sul lavoro non ha più certezze: vende la compagnia in crisi; passa alla Mercedes; cambia e va alla Jaguar; e dopo 17 anni torna a guidare una F1 andando in testacoda due volte e girando 17 secondi più lento del già lento De la Rosa. ”Meno male - dice ridacchiando con quella faccia da coniglietto - se gli fossi finito più vicino avrei dovuto licenziarlo’» (’il Messaggero”, 1/2/2002). Vedi anche: Nestore Morosini, ”Sette” n. 43/1997.