Varie, 4 marzo 2002
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Law Jude
• Londra (Gran Bretagna) 29 dicembre 1972. Attore • «Prima cosa: si pronuncia Giùd Lò. Inglese di Londra, figlio di insegnanti, Jude Law venne chiamato così per amore della canzone dei Beatles Hey, Jude. [...] Era sposato con l’attrice Sadie Frost, ex moglie di Gary Kemp degli Spandau Ballet, che l’ha lasciato per via di un flirt che lui aveva con Nicole Kidman; hanno tre figli, Rafferty, Iris e Rudy. Ha debuttato in teatro nel 1992 con Pigmalione di Shaw. Ha cominciato a fare il cinema nel 1994 con un film bruttissimo, Shopping, e con un film così, Gattaca. La porta dell’universo. Ha fondato una società di produzione, Natural Nylon. stato in scena nudo (ma dentro una vasca da bagno) in Indiscretions, una versione dei Parents terribles di Cocteau. stato Bosie, lord Alfred Douglas amato da Oscar Wilde, e l’amante di Kevin Spacey in Mezzanotte nel giardino del bene e del male di Clint Eastwood. carino, col viso rotondo, gli occhioni azzurri, un bel sorriso, l’aria compunta da prima comunione oppure l’aria malandrina: in Alfie [...] il ruolo più impressionante e interessante risultava [...] quello di Era mio padre di Sam Mendes, un killer con la mania di fotografare le vittime che aveva ucciso, con un ghigno infame e la faccia oscura; oppure il ruolo di A. I. Intelligenza Artificiale di Steven Spielberg, Gigolo Joe, automa programmato per il piacere delle donne, amico del bambino protagonista. [...] bello, non simpatico. Del cinema parla con sufficienza: ”Non è mai stato tra le mie ambizioni. Ci sono finito per caso: non lo disprezzo ma non lo mitizzo”. Bravo? Mica tanto: può essere uno di quegli attori inglesi corretti, medio-mediocri, abbastanza narcisisti da preferire al cinema l’apparizione fisica e gli applausi diretti del teatro, uno di quelli senza troppo rilievo per gran parte della vita ma che magari diventano bravi da vecchi (come Dirk Bogarde, che da giovane era attraente, per il gusto degli anni Cinquanta). Certo, un lavoratore accanito. Fa tutto: ruoli minimi, voci narranti, dopppiaggio di personaggi dei cartoni animati, apparizioni fulminee che allineano però il suo nome nel cast. Per nulla suscettibile, senza una grande idea di sè nè del cinema, non rinuncia mai a una parte, magari piccola, se il film è diretto da un regista importante o se si prevede che avrà successo popolare: come in The Aviator (dove era irriconoscibile), in Closer, in Ritorno a Cold Mountain, ne Il talento di Mr. Ripley. Lavora sempre: se il passato è affollato, il futuro è pressante. Nel 2000 è stato protagonista di una strana combinazione: Il nemico alle porte di Jean-Jacques Annaud, l’eroe sovietico Vassili Zaltsev tra le macerie di Stalingrado durante la seconda guerra mondiale, micidiale cacciatore di tedeschi, cecchino dalla mira infallibile nel fango e nel ferro di un città trasformata in trincea. Annaud dice che pareva divertirsi moltissimo» (Lietta Tornabuoni, ”L’Espresso” 31/3/2005). «Fa parte della galleria dei nuovi belli del cinema. Deve il suo nome a Hey Jude, la famosa canzone dei Beatles. E, a domanda, precisa che ”un altro testo dei Fab Four me lo sono tatuato sul braccio”. Figlio di insegnanti, è attore per caso: ”Da ragazzo ero stato scritturato per una pièce teatrale a Londra, la mia città. Mai avrei immaginato che un giorno avrei realizzato film”» (Valerio Cappelli, ”Corriere della Sera” 10/2/2004). « meraviglioso come sono meravigliosi i bambini. Occhioni blu, visetto rotondo, sorriso all’insù e due sopracciglia a parentesi tonda che danno al suo viso quell’aria di stupefatta tenerezza che si porta appresso un ruolo dietro l’altro: Il talento di mr. Ripley, Wilde, Era mio padre, Il nemico alle porte e soprattutto il cyborg di A.I di Spielberg che gli ha dato un Golden Globe. [...] ”Vengo dal sud est di Londra: riuscire a recitare in un teatro della capitale era il mio sogno. Il cinema non è mai stato tra i miei obiettivi. Ci sono finito per caso: non lo disprezzo ma non lo mitizzo. A me interessa calarmi con freschezza e passione dentro un personaggio. [...] Non ho mai programmato la mia carriera. Continuo a fare teatro. [...] Ogni film riflette la visione del suo autore. Un attore ha il compito di assecondarla mettendoci il suo corpo e la sua faccia ma facendo in maniera che a vivere sia prima di tutto il personaggio. inevitabile, comunque, che nonostante i miei sforzi, brandelli di me stesso restino attaccati ai ruoli che interpreto”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa’ 1/3/2004).