varie, 4 marzo 2002
LETTA Gianni
LETTA Gianni Avezzano (L’Aquila) 15 aprile 1935. Giornalista. Politico. Sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Berlusconi I (1994), II (2001-2005), III (2005-2006), IV (2008-2011). «Da direttore del “Tempo”, mai un editoriale. Da uomo di governo, mai un intervento in Parlamento. Ma Letta non ne ha bisogno: il suo è un potere che disdegna l’apparire, che non ha il problema di vincere le elezioni. È una rete di rapporti, amicizie, parentele. Molto trasversale: da Berlusconi a Veltroni, da Cesare Geronzi a Luca di Montezemolo, che a ogni vittoria di Schumacher riceve la puntuale telefonata di Palazzo Chigi. [...] Da Andreotti Letta ha ereditato i fondamentali dell’arte di governo: disinteresse totale per il partito (mai visto a un incontro di Forza Italia) e dedizione ai poteri che contano: il Vaticano (i cardinali Camillo Ruini e Giovanni Battista Re), i vertici dei ministeri, affidati alle cure del fedelissimo Mauro Masi, vice-segretario generale di Palazzo Chigi, l’Opus Dei, le banche. Impossibile non vedere nel salvataggio di Geronzi e di Antonio Fazio e nella triste fine di Giulio Tremonti la manina di Letta. In più, c’è il cinema, saldamente in mano alla famiglia Letta con il numero uno del settore, il figlio Giampaolo, amministratore delegato di Medusa film. La Rai con Bruno Vespa - pupillo dai tempi in cui Letta era il capo della redazione aquilana del “Tempo” - l’unico autorizzato a trascriverne qualche pensiero nei suoi libri. I servizi segreti, di cui Letta ha la responsabilità: fanno capo a lui Niccolò Pollari e soprattutto il direttore del Cesis, Emilio Del Mese, cortese ed evasivo. Le Ferrovie: è stato Letta a proporre Elio Catania come presidente. [...] Così, di promozione in promozione, di nomina in nomina, il partito Letta si infiltra in ogni settore della politica e della società. In silenzio, come una polverina che invade ogni cosa senza farsi notare. In attesa di mostrarsi alla luce del sole: quando un giorno, magari, Silvio chiederà a Gianni di fare un ultimo sacrificio e salire al Quirinale» (Marco Damilano, “L’Espresso” 14/10/2004). «Non è un politico, certo. L’avesse ascoltato, Silvio Berlusconi non sarebbe più tornato a palazzo Chigi, anzi non ci avrebbe mai messo piede. Perché Gianni Letta era contrario a un nuovo accordo con la Lega dopo il ribaltone, e prima ancora era stato contrarissimo alla discesa in campo del Cavaliere. Ma senza di lui il premier non sarebbe riuscito a governare. In questi anni di guerra e di terrore ha gestito i passaggi più difficili, compresa la trattativa per la liberazione delle due Simone. I leader dell’opposizione non dimenticheranno le sue telefonate notturne, le rassicurazioni su quei messaggi di morte via Internet [...] è un errore dipingerlo come un semplice esecutore, o come un mediatore, sebbene tutte le Italie convergano su Letta e in Letta trovino una sintesi: dalla sinistra radicale alla nobiltà nera. I difetti di cui era accusato in passato — per via di quei modi inamidati e ossequiosi — si sono trasformati in pregi agli occhi dei suoi avversari. La cortesia gli serve come arma di difesa. La riservatezza gli consente di non apparire, e al tempo stesso di esser sempre presente. Anche dove non c’è, tutti immaginano infatti che ci sia. “C’è quel democristianone di Letta dietro ’sta roba”, imprecava Umberto Bossi ogni qualvolta le cose gli andavano storte. E dopo essersi rasserenato invitava i suoi a fare un salto a palazzo Chigi: “Parlatene con Letta per risolvere ’sta roba”. Il Senatùr aveva capito qual era l’altro polo del bipolarismo berlusconiano, e quando il Cavaliere gli chiese di entrare al governo, rispose: “Sì, ma a un patto. Voglio la stanza accanto a quella di Gianni”. Nei tre anni in cui l’asse del Nord era dominante nel Polo, fu considerato ”un perdente di successo”, ma c’è un motivo se il premier ha mutato rotta, se ha stretto la mano al Governatore di Bankitalia, se ha intrapreso il sentiero del dialogo con l’opposizione. Se persino Bossi si è convertito al lettismo, ordinando ai suoi di accettare un compromesso sulla devolution. Raccontano che la sua forza risieda nel fatto di non dire mai “o me o lui”, e che “se Berlusconi avesse seguito i suoi consigli, Giulio Tremonti sarebbe ancora ministro dell’Economia”. Se chiedete ai maggiorenti del centrodestra chi è Gianni Letta, rispondono che “è l’unico ad essere rimasto sempre vicino al sole senza rimanerne bruciato”. Se lo chiedete ai dirigenti del centrosinistra, sussurrano che “è l’uomo che manca a Romano Prodi”» (Francesco Verderami, “Corriere della Sera” 2/9/2004). Fama di gran lavoratore: «Quando arrivo in ufficio, al mattino presto, lui è già arrivato. Quando vado via, sempre attorno alle 22, c’è ancora. Quando se ne va, passa a casa del presidente per far firmare ancora le ultime carte. E di notte, se lo chiami alle quattro per un’emergenza, lo trovi pronto a scattare. È un uomo incredibile…» (il segretario generale alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà). «Nulla si sa di questo gentile signore che la mattina fa sosta da Enzo, rinomato barbiere di Corso Rinascimento, e poi si rintana in un ufficio dietro via della Mercede da dove compila biglietti d’auguri e condoglianze a seconda delle opportunità. La moglie è bravissima nella preparazione di crostate che sono però l’incubo di Francesco Cossiga. Forse l’unica cosa certa che si sa, è che consiglia continuamente Silvio Berlusconi - che nei collaboratori cerca un risultato stereofonico, equanimamente distribuito tra Roma e Milano - di non ascoltare mai Fedele Confalonieri. Come quest’ultimo, anche Letta, predilige l’inciucio morbido, anche sfacciato. Mazzarino gli fa un baffo» (Pietrangelo Buttafuoco, “Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 17/10/1998). «[…] sul culto per la riservatezza del personaggio esiste […] un’ampia leggenda, e per sostanziarla nei suoi aspetti perfino genetici basterà ricordare il testo del necrologio pubblicato in occasione della scomparsa […] della mamma di Gianni: “Gli otto figli la ricordano con amore e profonda gratitudine, ma anche con quella discrezione che lei ha sempre praticato e insegnato. Avrebbe preferito il silenzio, con l’annuncio dopo l’ultimo commiato”. […] celebre anche per lungimirante cautela, acume volpino, capacità di lavoro (estesa alla fedele segretaria Lina fino a Natale o a Ferragosto), nonché per quella speciale forma di cortesia che gli inglesi definiscono “grace under pression”, grazia sotto pressione, qualità comunque non molto diffusa tra i potenti. […] dopo la direzione del Tempo, l’attività anche di lobby a favore della Fininvest e quel ruolo di silenzioso consigliere dell’avventura politica di Berlusconi, cui Letta era inizialmente contrario, ma cui ha dedicato quelle risorse che hanno acceso la fantasia di una generazione di cronisti sbizzarritisi a presentarlo a seconda dei momenti e delle simpatie come: “Smorza Italia”, “l’Ombra Gentile”, “Bonbon”, “il Portasilenzi”, “Delikatessen”, “il Maestro di Palazzo”, “il Tessitore invisibile”, “il sottosegretario Piumino da cipria”, “il Gran Ciambellano”, “l’Uomo della crostata”, “il Cuccia della politica”, “il Cellini di Palazzo Chigi”, “l’Eminenza azzurrina”, “il Pensiero pettinato” e così via. […] le mille delicate incombenze via via affrontate e risolte - dallo sblocco del campionato di calcio al rifinanziamento dell’Alitalia, dalla mediazione sull’articolo 18 al recupero di rapporti con la vedova Biagi, dal black-out energetico alla scelta di lasciar atterrare in Italia la 101esima brigata aviotrasportata dell’esercito americano diretto in Iraq […] Una volta Giuliano Ferrara gli ha imputato una carenza “nell’arte di decidere con dolore”. […] Lui che Berlusconi ha definito “il più bravo di tutti, anche di me” (2000), “il vero premier” (2001), “e ora fate un bell’applauso a Gianni Letta, anzi facciamoglielo doppio, che se lo merita” (2002). Lui “che lavora sempre e ho paura - detto ridendo - che mi sgridi” (2003). Lui, addirittura, “candidato al Colle” (2004). Come se il potere vero si potesse graziosamente concedere; e non fosse un peso terribile, a volte una autentica sofferenza» (Filippo Ceccarelli, “la Repubblica” 8/3/2005). «[...] «[...] Durante l’università lavorava come operaio in uno zuccherificio locale, fino a diventare direttore del reparto chimico. Dopo la laurea in Legge ha mosso i primi passi nello studio legale del padre, ma poi è passato al giornalismo nel 1956, come corrispondente dall’Aquila per la Rai, la televisione nazionale italiana, e l’Ansa. Nel 1958 ha cominciato a collaborare con il giornale conservatore di Roma “Il Tempo”. In seguito è stato promosso portavoce del direttore, e nel 1973 è diventato direttore, carica che ha mantenuto fino al 1987. In quell’anno è entrato alla Fininvest, l’azienda di Berlusconi, diventando vicepresidente di Fininvest Comunicazioni [...] Ha intrecciato rapidamente una stretta amicizia personale con Berlusconi, e nel 1990 gli ha fatto da testimone alle nozze con la sua attuale moglie, Veronica Lario. Letta è noto per la sua capacità di conservare la calma anche durante le crisi. Il suo sport preferito è il tennis, il suo hobby la musica classica. È sposato con Maddalena Marignetti e ha due figli. Non parla inglese e non è un membro del Parlamento [...]» (da un rapporto della Cia; Paolo Mastrolilli, Maurizio Molinari, “La Stampa” 15/9/2005).