Varie, 4 marzo 2002
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LVY Bernard Henry Beni Saf (Algeria) 5 novembre 1948. Filosofo. Appartiene alla generazione dei nouveaux philosophes che sul finire degli anni Settanta si scagliano contro tutto e tutti, contestando in particolare il marxismo e rivendicando la funzione dell’intellettuale nell’analisi della storia e della politica contemporanea
LVY Bernard Henry Beni Saf (Algeria) 5 novembre 1948. Filosofo. Appartiene alla generazione dei nouveaux philosophes che sul finire degli anni Settanta si scagliano contro tutto e tutti, contestando in particolare il marxismo e rivendicando la funzione dell’intellettuale nell’analisi della storia e della politica contemporanea. In trent’anni di presenza mediatica sulla scena culturale francese e internazionale ha prodotto saggi, romanzi, libri fotografici, pièces teatrali, reportage, film, conferenze e battaglie politiche. Tra le sue numerose opere, La barbarie dal volto umano (1977), L’ideologia francese (1981), Elogio degli intellettuali (1987), Questioni di principio (1987). Nel 2000, parafrasando il celebre volterriano Le Siècle de Louis XIV pubblica Il Secolo di Sartre (in Italia edito da Il Saggiatore). «Ha inventato la figura dell’’intellettuale mediatico”, raccogliendone i vantaggi: successo, soldi, onnipresenza nel circo dell’informazione, carisma insindacabile qualsiasi cosa dica, faccia, scriva. [...] è sulla breccia, come una star del cinema, con in più l’arma della parola scritta per amplificare il consenso e zittire la critica. I suoi articoli e i suoi libri fanno il giro del mondo. BHL, in Francia e nel mondo che, con un po’ di provincialismo, guarda la Francia come deposito inesauribile di idee e provocazioni intellettuali, è diventata una ”griffe”, un atteggiamento, un modo di vestire e parlare, una tendenza che piace al pubblico e agli editori, per quella giusta dose di anticonformismo e acrobazia verbale che rompe schemi, pregiudizi, posizioni precostituite. Di tutto un po’: a gauche , guru, borghese, viaggiatore, ribelle e amico dei potenti, elegante e trasgressivo, a fianco degli oppressi senza disprezzare il caviale. Tutto, in lui, sembra studiato e costruito per essere icona vivente dell’intellighentsia parigina: il sontuoso salotto in Boulevard Saint Germain, disseminato di cimeli e collezioni, la camicia bianca, perfettamente inamidata e aperta sul petto, l’abito scuro, il capello con il ciuffo vagamente, ma solo vagamente, ribelle. Vezzi, che volentieri vengono perdonati o assecondati con compiacimento, perché corollario di una vita comunque intensa, disseminata di battaglie e pamphlet coraggiosi, a volte in prima linea come un grande reporter di guerra, mai banale, sempre sull’onda di un felice matrimonio fra ambizione (sfrenata) e lavoro (durissimo). Si sa, l’invidia è una bestia famelica e la calunnia è un venticello... Prima o poi, qualcuno si sarebbe preso la briga di infrangere il mito e di alzare il sipario sul ”sistema BHL”, come viene definita, in tono dispregiativo, la formula del suo successo. E siccome la tentazione di distruggere i miti nazionali è diventato un fenomeno tutto francese (sulla graticola sono finiti il giornale ”Le Monde”, l’ex presidente François Mitterrand, l’attore Yves Montand, il campione di ciclismo Anquetil), la foga distruttrice non poteva risparmiare l’’intellettuale mediatico”, da [...] vittima di un nuovo luogo comune: chi di media colpisce... In poche settimane, sono uscite due biografie non autorizzate, un’inchiesta su un giornale scandalistico, due pamphlet [...] il settimanale l’’Express”, da tempo nel ruolo di amplificatore della nuova formula editoriale ammazzamiti. La copertina e numerose pagine sono dedicate ad uno specialista della dissacrazione - Philippe Cohen, autore della ”faccia nascosta di ’Le Monde’” - e ad estratti integrali del suo libro BHL, une biographie, per l’editore Fayard. Cohen ricostruisce il BHL pensiero attraverso le opere, gli articoli e le prese di posizione dell’intellettuale sui grandi avvenimenti della nostra epoca: il crollo dell’Urss, la guerra in Jugoslavia, l’Afghanistan, gli anni di Mitterrand, il terrorismo. Un quadro minuzioso, che conteggia persino le 414 apparizioni televisive in trent’anni. Un giudizio controverso, soprattutto quando Cohen rileva la straordinaria abilità di Lévy nell’identificarsi con una causa, farla propria e metterla al servizio del proprio successo. Salvo contraddirsi per sposare un’altra causa. Il libro abbonda di risvolti personali, come l’attivismo dello scrittore presso l’Eliseo e potenti industriali per favorire il salvataggio dell’azienda paterna, o come il gesto gentile del presidente Mitterrand che mise a disposizione un aereo privato per prelevare BHL a Sarajevo e depositarlo in Provenza, alla Colombe d’or, dove la crema della buona società parigina era invitata alle sue nozze. Un altro libro inchiesta, scritto da un giornalista e da un professore di filosofia, si riassume nel giudizio sul pensiero dell’intellettuale mediatico ”un’impostura” e nel titolo proposto Dell’assenza di pensiero in BHL. Ancora più caustici gli autori dell’inchiesta ”sul più grande intellettuale francese”, inteso come sintomo del malessere della cultura contemporanea: ”trionfo della televisione, cultura spettacolo, mercato del sapere”. Il settimanale scandalistico VSD fruga anche nella spazzatura, raccontando il ”train de vie” faraonico del piccolo erede di Sartre: aerei privati, la villa Getty a Marrakesh, residenza a Tangeri e proprietà alle Seychelles, fino alle sontuosa fattura delle sue immacolate camicie. Qui si scade nel banale, secondo il pregiudizio che non sta bene essere ricchi e di sinistra. L’intellettuale mediatico accetta le regole del gioco e con consumata abilità prova a vincere anche la partita della dissacrazione. Risponde, punto per punto, ai critici e ai pettegoli. Citando Foucault, riafferma il suo amore per ”una verità che non è la verità”, una concezione ”guerriera” della ricerca della verità. Citando Cioran, ricorda ”il rischio di avere una biografia che non ci dissuade da avere una vita”. Citando Gide, rivendica ”l’essere al riparo dal bisogno per essere liberi”. Citando se stesso, nega di aver ostacolato l’uscita della biografia : ”Non sono un censore, ma un miglior stratega”. Insomma, purché se ne parli» (Massimo Nava, ”Corriere della Sera” 11/1/2005). «Le mie giornate sono tutte diverse una dall’altra. A volte sono le notti, altre il giorno. [...] Ci sono giorni in cui non ho voglia di lavorare, altri in cui mi alzo alle quattro di mattina e lavoro diciotto ore di fila. Non ho una giornata tipo. La mia è una vita sempre disordinata. Se scrivo, le ore non hanno la stessa lunghezza e mi capita di saltare il pranzo. A volte sto molto in casa, ma mi capita raramente di mangiarvi [...] Quando lavoro posso stare otto giorni senza uscire di casa o al massimo scendere al ristorante di pesce sotto casa e mangiare una sogliola alla griglia [...] Quando non lavoro sogno, vado a passeggio, faccio dello sport, ma non tutti i giorni. Mi piace sciare e nuotare. Ho fatto anche arti marziali, sono cintura nera di judo [...] Da giovanissimo, nel 1971, sono partito un anno per il Bangladesh e per l’India senza tornare in Francia; a diciannove anni ero stato in Messico» (Alain Elkann, ”La Stampa” 8/12/1996).