Varie, 4 marzo 2002
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Lewis Carl
• Birmingham (Stati Uniti) 1 luglio 1961. Ex campionissimo dell’atletica leggera. Si mise in luce ventenne nel 1981 vincendo il lungo in coppa del Mondo. Quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi del 1984: 100, 200, lungo, 4x100. Vinse i 100 anche a Seul 1988 (la gara della squalifica di Ben Johnson), doppiando l’oro nel lungo, argento nei 200. Medaglia d’oro del lungo anche a Barcellona 1992 e Atlanta 1996. Campione mondiale dei 100 metri ad Helsinki 1983, Roma 1987, Tokyo 1991, nel lungo a Helsinki e Roma, nella 4x100 a Helsinki, Roma, Tokyo. In carriera ha migliorato 12 record del mondo (2 nei 100) e ha corso i 100 per 15 volte sotto i 10’’. Dal 1981 al 1991 è rimasto imbattuto nel lungo per 65 gare consecutive. Nel 1999 la Iaaf lo ha nominato atleta del secolo. «Quando le sue scorribande sulle piste di tutto il mondo incenerivano gli avversari lo chiamavano “Figlio del Vento”. [...] Forse la sua gara erano i 200, dove poteva scatenare tutta la sua potenza, ma non amò mai troppo la distanza e vi si dedicò senza passione. Non cercava i record, voleva solo le vittorie. [...] Nella sua stupenda carriera sportiva si è portato dietro un grande interrogativo: demonio della chimica o fenomeno per eredità genetica?» (Gianni Romeo, “La Stampa” 21/12/2003). «È stato un campione esagerato. Ha rivoluzionato il mondo dell’atletica con il suo talento e i suoi atteggiamenti eccentrici, studiati, un poco snob. È stato spesso al centro di furiose polemiche, infinite. La sua vita privata è stata rovistata, messa in piazza. Uomo sensibile e a tratti arrogante, è sempre stato padrone della scena. Attore in ogni momento. [...] Era stato coinvolto nel tormentone del doping fin dal 1983, quando c’era chi sussurrava che la sua esplosione ai Mondiali di Helsinki, dove incamerò tre ori, era gonfiata. Quattro anni dopo, stufo di queste voci, alla fine dei mondiali di Roma, confessò che erano stati alcuni suoi compagni di squadra a calunniarlo per nascondere le loro magagne e fece anche i nomi. [...] Poi arrivò la bufera di Seul 1988, quando Ben Johnson fu colto in flagrante, mentre altri passarono impuniti. Carl ricevette l’oro dei 100 in un sottoscala dello stadio canadese qualche giorno dopo che il rivale canadese era stato spedito al patibolo. [...] Carl ha sempre avuto un gusto particolare per l’abbigliamento. Ha introdotto per primo le tute aderenti come una seconda pelle. Poi ha disegnato le divise per il suo club, Santa Monica, dominatore della scena per una decina d’anni. Ha fatto moda. È arrivato a vestire una tuta simile a uno smoking. Spesso ha fatto impazzire il suo parrucchiere, soprattutto quando aveva deciso, a dire il vero con scarsa fortuna, di fare il cantante. Non si è nascosto quando in un’intervista gli hanno televisiva gli hanno domandato a bruciapelo: “Lei è omosessuale?”. “Non vedo cosa ci sarebbe di male. Ma cosa c’entra con la mia vita d’atleta?”» (Gianni Merlo, “La Gazzetta dello Sport” 21/12/2003).