Varie, 4 marzo 2002
LIONELLO
LIONELLO Oreste Rodi (Grecia) 18 aprile 1927, Roma 19 febbraio 2009. Attore • «Quando i romani lo incontravano per strada, lo chiamavano ”A Woody!” oppure ”A Giù”. Piena identificazione tra l’attore Oreste Lionello e i suoi personaggi: a Woody Allen ha dato la voce per anni e Giulio Andreotti era il suo pezzo forte in tutti gli spettacoli teatrali e televisivi, tanto che in proposito sottolineava ”Non ho più bisogno di truccarmi: basta che mi ingobbisco un po’ ed ecco che per il pubblico divento Andreotti”. E il pubblico continuerà a ricordarlo così, il mattatore del Bagaglino, tempio romano del varietà [...] un pezzo di storia del nostro teatro-cabaret, il gusto dell’ironia, dello sberleffo, della satira garbata, mai volgare, ma puntuale e tagliente. E pensare che aveva iniziato la carriera dal teatro di prosa ”serio”, all’Accademia d’Arte Drammatica, dove nel 1947 recitò nel saggio di fine corso una commedia di Jean Anouilh. Nel 1954, però, è il suo esordio come autore e interprete brillante, nella compagnia comico-musicale di Radio Roma. Ricordando quei tempi, amava ripetere: ”Sono un uomo del dopoguerra, allora c’era tanto spazio, tante occasioni per lavorare”. Il 1956 segna il suo debutto in televisione con la serie di film per ragazzi Il marziano Filippo e contemporaneamente comincia la sua lunga e fortunata attività di doppiatore: non solo l’inconfondibile ”voce” di Allen, ma anche quella di Peter Sellers, Groucho Marx, Jerry Lewis, Marty Feldman e perfino Charlie Chaplin ne Il grande dittatore. Dalla metà degli anni Sessanta, è tra i protagonisti di sceneggiati di successo, come Le avventure di Laura Storm con Lauretta Masiero, Le inchieste del commissario Maigret con Gino Cervi, I racconti di Padre Brown con Renato Rascel. Parallelamente, intensifica la sua presenza cinematografica, lavorando con i grandi Totò e Fabrizi, diretto da Camillo Mastrocinque, Luciano Salce e Lucio Fulci. Ma è nei primi anni Settanta che intraprende la lunga avventura al Bagaglino con gli autori Castellacci e Pingitore e soprattutto con i suoi storici compagni di scena: da Leo Gullotta a Pippo Franco, a Martufello. ”Con il cabaret - spiega Lionello - credo di aver contribuito a denunciare, sia pure attraverso il comico divertimento, che nulla esiste di serio nella vita”. [...]» (Emilia Costantini, ”Corriere della Sera” 20/2/2009) • «Lionello rischia di passare agli annali dello spettacolo principalmente come doppiatore di Woody Allen. Che, a essere onesti, è forse la cosa che gli è riuscita meno. L’umorismo di Allen non gli apparteneva, non era nelle sue corde, per questo, nella traduzione, Lionello cercava di interpretare, di aggiungere qualcosa di suo. Anche se il doppiaggio è stato il suo terreno di elezione, Lionello ha dato molto allo spettacolo e alla tv. Con Luciano Cirri, Mario Castellacci, Gianfranco Finaldi, Piero Palumbo, Gianna Preda ha dato vita al famoso gruppo del Bagaglino, dove hanno trovato il successo comici come Anna Mazzamauro, Gianfranco Funari e, in seguito, con l’approdo al Salone Margherita, Pippo Franco, Enrico Montesano, Pino Caruso, Gianfranco D’Angelo, Leo Gullotta, Martufello. Era il tempio dell’umorismo di ”destra”, fatto di parodie, belle donne scosciate, imitazioni e battute di facile presa, accusate spesso di essere generiche, buone per tutte le stagioni partitiche, sostanzialmente innocue. All’interno di questa comicità Lionello si era però ritagliato una sua personale galleria, dove spiccava il ritratto di Andreotti. Sembravano due gocce d’acqua. Pareva che Andreotti si servisse di Lionello per dire le cose che lui non poteva dire: ”Anno santo è quella cosa che in tutto il mondo chiamano Giubileo e che a Roma chiamano rottura de cojoni”. Un umorismo surreale, basato su allusioni e doppisensi, da ultimo signore del cabaret» (Aldo Grasso, ”Corriere della Sera” 20/2/2009) • «[...] Figura esile, presenza non aggressiva, sorriso elusivo, occhi miti nascosti dietro grandi occhiali, Lionello sapeva trasformare la sua espressione serafica in perfide caricature di personaggi noti, privilegiando i politici [...] La sua non era tanto una satira politica quanto l’assunzione di una maschera, di una comica imitazione degli uomini al potere di turno, ma le parole al Bagaglino, di cui era uno dei fondatori, non erano graffianti, si limitavano a inquadrare un personaggio, a renderlo, con quel suo modo surreale, quasi un buffo alieno. Il suo era un gioco sottile basato su allusioni e doppi sensi. Uomo di destra, era però amato anche a sinistra. La sua eleganza, il colloquiare arguto, le sue ingenue metamorfosi e l’essere la voce di un’icona liberal come Allen facevano premio sulla sua fede politica. Nato a Rodi nel 1927 da genitori calabresi, forte di una gavetta da attore di avanspettacolo formato nel dopoguerra, negli anni 50 debutta sia come attore e interprete teatrale sia come doppiatore al cinema. Nei primi anni 70 fonda la compagnia del Bagaglino con gli amici Castellacci, Pingitore, Cirri e Palumbo e raggiunge la popolarità quando il Bagaglino si trasferisce in televisione, prima alla Rai, poi a Mediaset, con trasmissioni come Dove sta Zazà, Mazzabubù, Il ribaltone, Al Paradise, Biberon. Considerato uno dei padri del cabaret italiano, si è guadagnato sul campo il titolo di Maestro. Frequenti le sue incursioni al cinema, in film non memorabili, ma fondamentale la sua attività di doppiatore rodata in diversi lavori di Fellini dove prestava la voce, nello stesso film, a più personaggi. Ma nel suo ruolo di doppiatore l’incontro più incredibile è stato quello con Woody Allen. Gli ha prestato la voce in tutti i film, con l’esclusione James Bond 007 - Casino Royale, riuscendo a rendere magnificamente le esitazioni, i balbettii, quel sovrapporsi delle frasi un po’ nevrotico che caratterizzava il personaggio Allen. Lo stesso Woody ne era ammirato e al doppiaggio italiano si affidava, si sentiva affrancato dall’essere meticoloso. Oreste Lionello per molti anni non aveva voluto incontrarlo. ”L’ho sempre evitato” [...] aveva confessato [...] ”Per me sarebbe come se dovessi incontrare la Sindone, come se la Gioconda uscisse dal quadro. Poi non avrei niente da chiedergli. Conosco già le sue risposte, sono venti anni che doppio le sue interviste”. [...]» (Roberto Rombi, ”la Repubblica” 20/2/2009) • «[...] Io ho avuto la fortuna di imparare il mestiere dai grandi comici dell’avanspettacolo: non erano né di destra né di sinistra, ma di centro, perché erano semplicemente bravi [...] Un tempo, potevi andare a ruota libera per un quarto d’ora, fare anche un lungo monologo comico, per arrivare alla risata conclusiva. Adesso gli spettatori non resistono tanto a lungo, preferiscono le battute e raffica, il ”mordi e fuggi’ della comicità [...] Le mie non sono imitazioni, ma personificazioni, evocazioni. Oltre ad Andreotti, anche Scalfaro e Pertini sono stati miei compagni di scena a lungo [...] Io sono nato quando c’erano solo la radio e l’avanpettacolo. Il teatro è fatto di persone. La televisione è uno strumento”» (Emilia Costantini, ”TvSette” n. 3/2002).