varie, 4 marzo 2002
LIVERANI Fabio
LIVERANI Fabio Roma 29 aprile 1976. Calciatore. Lanciato in serie A dal Perugia che l’aveva preso in serie C (Viterbese), ha giocato anche con Lazio, Palermo, Fiorentina. Figlio di un italiano e di una somala. Primo calciatore di colore ad aver giocato nella nazionale italiana • «Io sono fiero del colore della mia pelle, ma in nazionale questo problema non esiste. Puoi essere rosso, giallo, verde o bianco: il ct ti convoca se vali» (“la Repubblica” 21/4/2001) • «Detto il Pantera e “il moro di Tor Bella Monaca”, il quartiere di Roma all’estrema periferia sud-est dove è nato e ha accarezzato i suoi primi palloni. A quei tempi lo chiamavano semplicemente Pelè, e non solo per le qualità calcistiche. “Dite pure che sono di colore”, precisa lui. Mica si scandalizza nessuno. Sua madre veniva da Mogadiscio, suo padre - scomparso quando Fabio aveva 14 anni - era romano. A casa si tifava giallorosso e la cosa complicò di molto il suo passaggio nelle file della Lazio, che poi è stata la più grande occasione della carriera. Andò così: nell’estate 2001, dopo un infinita gavetta in serie C (Nocerina, Viterbese), un ottimo campionato col Perugia e una convocazione in Nazionale, Liverani si scoprì uomo-mercato. Lo volevano la Juve, il Milan, l’Inter. Persino il Barcellona. Andò alla Lazio per 25 miliardi di lire e commentò: “Pensavo fosse uno scherzo”. Puntualmente un sito di tifosi romanisti pubblicò le foto che ritraevano il centrocampista alla festa per lo scudetto della Roma, fuori da una macchina con sciarpa d’ordinanza e un bandierone giallorosso in mano. Lui smentì (le foto non sono chiarissime, in effetti). Ma la circostanza ebbe di certo un ruolo nella brutta vicenda delle scritte sui muri che una mattina lo accolsero al campo d’allenamento di Formello: “raus”, “sporco negro”, eccetera. Molto si è detto e scritto sul razzismo di una parte della tifoseria laziale. Liverani, negro de Roma ma anche romano e romanista, anima divisa in due (o tre o quattro), si rivelò un bersaglio fin troppo facile. Successe anche che il giorno dopo 6000 tifosi si presentarono a Formello a cancellare le scritte e applaudirlo con affetto. Intervennero Veltroni e Carlton Myers. Gli Irriducibili si dissociarono dal gesto. Però di recente quella cessione inattesa è entrata a far parte dell’inchiesta giudiziaria sulle dichiarazioni bomba di Luciano Gaucci. Per motivi molto meno nobili. Secondo il patron del Perugia l’affare fu condotto dalla Gea di AlessandroMoggi e Chiara Geronzi “con la pistola puntata sulla tempia”: l’organizzazione piovra del calcio italiano pretese infatti che la valutazione del giocatore raggiungesse i 25 miliardi, e che la commissione del 15% venisse pagata cash e in nero. Tre valigette - ha specificato Gaucci - come ai tempi di Tangentopoli. Per dire che delle “storie belle” del calcio bisognerebbe fidarsi sì, ma fino a un certo punto. Anche se, va aggiunto, di combattere battaglie contro il razzismo uno come Liverani non si è mai stancato. Da testimonial (assieme a Ze Maria) delle battaglie antirazziste degli ultras del Perugia, fu infatti il primo a sfidare i buu ricevuti allo stadio di Reggio Calabria un pomeriggio del 2000. Segnò su punizione (e con quel gol vinse la partita), si mise la mano sull’orecchio e si piazzò davanti alle tribune. Un dirigente della Reggina commentò: “Il signor Liverani probabilmente pensa che ‘buon gusto’ sia solo il nome di un cantante”. Erano altri tempi purtroppo. Con un certo orgoglio e un po’ di understatement, in seguito, vestì la maglia della Nazionale. Primo calciatore di colore a farlo. “Il colore della pelle non è il mio chiodo fisso - disse in quell’occasione - spero solo che la gente si ricordi di me come un buon calciatore”. Abbastanza buono. Da professionista, con gli anni Liverani si è ritagliato un ruolo ibrido tra il fantasista puro e il mediano da squadra provinciale. Serse Cosmi, che lo ha svezzato a Perugia mettendolo al centro del suo ruvido 3-5-2, ne fu talmente illuminato da dedicargli metà della tesi di laurea a Coverciano: Il numero 10 da Zidane a Liverani, si intitolava. Come dire: la fantasia non è mai un lusso, ma ai più poveri e deboli si impone disciplina e senso della posizione, altrimenti finisce male. Praticamente Che Guevara. Con Cosmi al Perugia, Liverani giocava da playmaker basso davanti alla difesa. Chiamato in Nazionale, per un amichevole contro il Sudafrica, si reinventò trequartista dietro le punte - e in quella circostanza sostituì Totti, che aveva fortuitamente steso in allenamento costringendolo a dare forfait. Nella Lazio muscolare e furiosa di Delio Rossi, ha ripreso a muoversi tra il cerchio di centrocampo e la trequarti, in coppia con Dabo oppure Mudingay. Da qualche tempo, Liverani è alle prese con un rinnovo del contratto che dovrebbe consentirgli di finire la carriera in biancoazzuro. E benchè sia il capitano della squadra non è mai impazzito per Lotito, di cui dice di non capire bene il salvifico Progetto. Vecchi fantasmi si sono riaffacciati quando ha dichiarato [...] che in caso di fallimento della trattativa potrebbe “andare ovunque”. “Meno che alla Roma”, è stato poi costretto a correggersi. “Se per qualcuno è importante che lo dica, allora lo dico”. L’ha detto» (Alberto Piccinini, “il manifesto” 1/3/2006).