Varie, 4 marzo 2002
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Llera Carmen
• Pamplona (Spagna) 11 maggio 1953. Scrittrice • «Nei dieci anni passati con Moravia ha avuto molti periodi inquieti e, nei successivi, il ballo vorticoso di uomini attorno a lei non si è fermato. ”Quand’ero con Alberto avevo anche un’altra età. Poi, quanto a legami complici, c’è stato ben poco. Si tende a ripetere gli stessi errori, ma bisogna vere la forza di venirne fuori” [...]» (Valeria Numerico, ”Sette” n. 24/1997). «Ho sempre viaggiato per un motivo semplicissimo: voglio essere sempre altrove. Se sono a Roma, vorrei essere a Gerusalemme. Non sono contenta dove sono e ciò è dovuto al fatto che vorrei fuggire da me stessa. [...] Non posseggo macchine, gioielli, vivo frugalmente, sono austera, spendo solo in viaggi, Vivo come i monaci [...] Ho sempre scritto, letto. Leggere è il mio maggior piacere insieme a quello di camminare [...] Per me un uomo deve essere prima di tutto eccessivamente magro. Poi dev’essere intelligente e non prevedibile, deve sorprendermi» (Alain Elkann, ”La Stampa” 23/8/1993). «Sposa a 17 anni di un suo professore di liceo, amante a 26 anni di uno scrittore già gravato d’onorevole vecchiaia [...] ”Uscii dal collegio di monache sedicenne e ancora non sviluppata: ero un ragazzetto scatenato, una specie di capo indiano, tagliai persino la treccia a una compagna di classe per procurarmi lo scalpo da trofeo. Scopersi la scuola mista nell’anno dell’esame di maturità e mi innamorai subito dell’insegnante di letteratura, bello come Gassman giovane, cercando di destare la sua attenzione non con seminudità (portavo jeans e le camicie militari di mio fratello), ma con temi molto elaborati. Luis, divenuto mio marito perché lo scandalo di un amore tra professore e allieva andava soffocato immediatamente, diceva di sentirsi attratto dal mio sguardo malinconico, dal sorriso misterioso e da una sicurezza che pareva sfrontata. Mia madre mi aveva fatto capire che il sesso era un peso, un atto di condiscendenza: a me, però, fare l’amore piaque e molto. Sì, ho avuto storie con uomini più grandi perché privilegio la testa non i muscoli tesi. Alberto? Anni ne aveva tanti, ma non pesavano sulla vitalità da bambino. E pur così raffinato intellettualmente, aveva le pulsioni sessuali del maschio primitivo: ’Amo come un macellaio’, ripeteva. E vedendomi girare per casa in calzettoni bianchi gli scappava il sorriso: ’Se speravo di accarezzare giarrettiere, con te stavo fresco’. La frase ’sembri una dodicenne’ è stata sua, ed è stata di altri. E lo è ancora, ma non so perché, dal momento che aborro sempre le smorfie da ninfetta (figuriamoci poi se è matura!). Ammesso, comunque, che susciti inconsciamente sentimenti incestuosi, li direi venati di omosessualità. Quello che gli uomini pare cerchino in me è il ragazzino”» (Valeria Numerico, ”Sette” n. 34/1997).