Varie, 4 marzo 2002
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Lorenzo Juan
• Carlos Buenos Aires (Argentina) 20 ottobre 1922, 14 novembre 2001. Ex calciatore e allenatore • «A 79 anni, e con un’ultima disposizione: crematemi, e poi spargete le mie ceneri dietro una delle due porte della Bombonera - e non importa se la moglie ha detto: escluso, lui va al cimitero. La Bombonera, lo stadio del Boca Juniors: dove Maradona è stato appena pianto, dove Lorenzo fu grande allenatore (due scudetti, la coppa dei Campioni sudamericana, la coppa Intercontinentale: tanto vinse tra il ’76 e il ’79). Ma non basta, non fu solo questo Lorenzo: fu calciatore negli anni 40/50 - anche in Europa: Sampdoria, Nancy, Atletico Madrid; fu ct dell’Argentina ai mondiali ’62 e ’66; fu allenatore di povere edizioni di Lazio (ma acquistò Chinaglia) e Roma (sua l’idea della serata al teatro Sistina in cui una colletta salvò la società) negli anni 60/70; fu allenatore dell’Atletico Madrid che nel ’74 sfiorò la coppa dei Campioni - finale contro il Bayern, che al 120’ fa 1-1 e dopo vince 4-0 la ripetizione -; fu allenatore della sciagurata Lazio presieduta da Chinaglia che piombò in serie B, ultima, nell’85. Ma non basta, non ancora. Se Soriano oggi più che mai manca è perché J.C. Lorenzo è stato, anche, il suo Orlando el Sucio, Orlando lo Sporco, il malinconico sconfitto allenatore che batteva la provincia cercando qualcuno ’che facesse i goal al posto mio’ e che aveva un sogno nascosto ’in una tasca sperduta tra le pieghe del giubbotto, una rivista stropicciata, aperta alla pagina dove c’era una foto di calle Corrientes all’incrocio dell’Obelisco’: Buenos Aires, la vita. Non conosceva limite Orlando lo Sporco, per vincere: spilloni conficcati nelle natiche dei portieri avversari, ferite autoinflitte dai suoi giocatori per far espellere gli avversari. Fantasie di scrittore? No, fantasie di J.C. Lorenzo, che nell’ultima permanenza a Roma - dove ancora è er Pomata, per il capello unto di brillantina - offrì il meglio di sé, quanto a trucchi e porcherie. E i sopravvissuti di quell’epoca laziale - finì in B una squadra con Giordano, Laudrup, Manfredonia, D’Amico, Batista... - hanno tramandato le gesta di quello che in Argentina conobbe fama di innovatore, mentre in Italia fu nel primo periodo, tra i 60 e i 70, un furbo emulo di Herrera, tutto proclami e scaramanzie, e nel secondo solo più una triste macchietta - in questo aiutato da chi, consapevole, lo mandò allo sbaraglio. Venne, nell’84, dopo due sconfitte in due partite: Chinaglia cacciò Carosi, e richiamò dall’oblio Lorenzo. Che venne e: ’Mi ha accolto un telegramma di De Gasperi’, disse ai giocatori alla prima riunione: era l’84, però, e i più svelti già avevano capito tutto. Aveva difensori che si chiamavano Spinozzi, Filisetti, Storgato: non fenomeni, ma gente che poteva stare in quella serie A. Al primo suggerì l’uso di una pomata speciale: ’Sfiori l’occhio del centravanti, e quello non ci vede più’; al secondo, un longilineo, impose una dieta che gli fece perdere 10 chili e lo sfiancò; al terzo, che trovava troppo elegante, gridò dal primo allenamento: ’E se levi la bombetta’ e finì che quello si levò di mezzo per intero. A tutti e tre, infine, chiese di procurarsi foto di mogli e fidanzate di Altobelli, Virdis, Zico: ’Le nascondete in un calzettone, poi in campo le tirate fuori e gliele mostrate: quelli si incazzano, vi colpiscono, vengono espulsi. E noi vinciamo’. Non vinsero nulla, invece. E la parabola dell’ultimo Lorenzo la chiuse, a Napoli, Maradona: gol in dribbling, gol in pallonetto, gol da calcio d’angolo, più autogol dell’esausto Filisetti: 4-0, Lorenzo a casa. E la Lazio andò in B, così potè vendere Giordano, e Manfredonia, e Laudrup. Ma questa è una storia diversa, di quelle che nemmeno Orlando lo Sporco mai avrebbe immaginato» (Alessandro Tommasi, ”la Repubblica” 15/11/2001).