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 2002  marzo 04 Lunedì calendario

Lucas George

• Modesto (Stati Uniti) 14 maggio 1944. Regista. Della saga di Guerre Stellari: «Il creatore della più grande favola moderna, colui che un quarto di secolo fa parallelamente al coetaneo e amico Spielberg (che però lui classifica con Scorsese tra ”i puristi”, mentre Coppola è accanto a lui) ha dato avvio a un colossale processo di ridefinizione del cinema» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 17/5/2002). «Capo di un piccolo impero, molto potente, costruito grazie ai film della serie Guerre stellari e alla Industrial Light & Magic, cui si devono gli effetti speciali di decine di pellicole. La sua base operativa è lo Skywalker Ranch, dove hanno sede la società di postproduzione Skywalker Sound, la Thx (effetti sonori) e varie società collegate. La Ilm, società specializzata in effetti speciali. [...] Quando ha iniziato a lavorare a Star Wars, nel 1975, avrebbe mai immaginato di poter arrivare così lontano? ”Assolutamente no. A Hollywood tutte le società specializzate in effetti speciali avevano chiuso bottega e il tentativo di sfondare con un film basato su effetti speciali in quel momento era considerato ridicolo e ingenuo. Ho messo su una squadra di ragazzini, età media 23 anni. Eravamo 3040 persone che si sono messe a fare un film di fantascienza. Non pensavo davvero di poter andare oltre. [...] La grossa sfida stava nell’ottenere una certa flessibilità di movimento e di panoramica nelle sequenze con effetti speciali. Era la chiave perché Star Wars funzionasse. In contrapposizione alle lunghe riprese statiche di 2001, Odissea nello spazio, in cui l’azione trapela dal contesto e la telecamera resta fissa, John Dykstra, che lavorava per me, se ne uscì dicendo che potevamo creare una telecamera che riuscisse ad armonizzare i movimenti. Ho sposato quell’idea. [...] Ai tempi del primo Guerre stellari avevo la sensazione che si andasse in direzione della tecnologia digitale. Così ho fondato una società di informatica e ho dato incarico ad un gruppo di esperti di sviluppare un certo numero di sistemi da poter utilizzare per trasportare gli effetti speciali in campo digitale. Così è nato Pixar, ad esempio, il sistema di grafica computerizzata usato in Toy Story. [...] Quando ho scritto il primo episodio ero deciso a terminare la trilogia. Poi basta, avevo già l’idea di un prologo e un seguito, però poi ho pensato che avrei finito per fare solo quello e non volevo. Così dopo i primi tre episodi ero pronto a fermarmi. Ho ricominciato con Episode I perché ormai la tecnologia mi consentiva di narrare la storia che avevo sempre voluto raccontare come se stessi scrivendo un libro. Negli altri film dovevo sempre limitarmi per via dei costi e dei problemi tecnici. Volevo raccontare la storia di Darth Vader perché ormai era diventato un’icona e mi stimolava il fatto di potermi muovere nel suo mondo attraverso la tecnologia. [...] Il vero punto di svolta è stato Jurassic Park, prima grande realizzazione della tecnologia digitale. Da allora si sono fatti in realtà solo piccoli passi avanti. [...] Tendenzialmente giro i miei film in Inghilterra, e gli attori britannici sono abituati a recitare su un palcoscenico, che poi è come recitare con uno schermo vuoto. Non parlerei di una nuova forma di recitazione, ma piuttosto di un ritorno al palcoscenico. Ma dire che i computer sostituiranno gli attori, è una sciocchezza. [...] Continuo ad essere sorpreso di incontrare persone intelligenti che dicono: ”Sa, il problema di questa roba digitale è che è tutto falso’. Beh, è sempre stato tutto falso, che sia una finta facciata in legno o la versione digitale dello stesso edificio. I film non sono realtà. Soprattutto oggi, con tutti i programmi-verità in circolazione è difficile per la gente rendersi conto che un film è una forma d’arte progettata con grande cura e non per caso. [...] La gente vuole da sempre le stesse cose. I programmi-verità ricordano il circo. La gente è sempre andata volentieri al circo, sia che si gettassero uomini in pasto agli orsi, ai leoni o ai gladiatori. Come un incidente stradale, tutti si fermano a guardare. Io lo chiamo ”effetto cucciolo sull’autostrada’: butta un cucciolo in mezzo ad un’autostrada e filmalo. Molto drammatico, la gente vorrà vederlo per sempre. [...] Penso che siamo in basso da 10.000 anni. Non è mai cambiato nulla e mai cambierà. Shakespeare ha corteggiato questi bassi istinti, a suo modo, naturalmente. Se vuoi raccontare una storia hai a che fare con il dramma e, non importa come vuoi narrarla, hai per forza a che fare con un minimo di basso profilo, di circo, accanto agli alti ideali e alle interessanti intuizioni circa la condizione umana. [...] In ogni settore c’è sempre un gruppo di persone che non è creativo come sperabile. E’ questa la gente che cerca di far risorgere il passato. A parte la trovata pubblicitaria, non credo che oggi un produttore possa voler riportare John Wayne sullo schermo. Un gruppo di animatori digitali potrà anche ricreare leggende del genere ma non sarà comunque in grado di tirarne fuori prestazioni reali, perché si tratta di talenti unici”» (Marco R. Della Cava, ”la Repubblica” 13/3/2001). «[…] nel 1972, giovane studente di cinema, si mise a scrivere su un piccolo block notes i suoi primi appunti su Guerre Stellari, la cui prima celebre puntata cinematografica fu realizzata nel lontano 1977. Da allora […] la Lucasfilm ha incassato miliardi e miliardi di dollari in tutto il pianeta, portando nel mercato cinematografico una vera e propria rivoluzione. […] una saga che ha rivoluzionato l’universo della fantascienza e degli effetti speciali introducendo di volta in volta nuove tecnologie, una serie che ha spalancato le porte al cinema di cassetta introducendo il concetto di blockbuster, del grosso film estivo e la pratica del franchise intorno a cui gli studios imperniano redditizie campagne merchandise e tie-ins con compagnie di fast-food, giochi, abbigliamento (Lucas detiene tutti i diritti del film, merchandise compreso, caso unico a Hollywood). I primi cinque film della serie hanno incassato solo in biglietti venduti nei cinema oltre tre miliardi di dollari, un’inezia comparato ai profitti dei mercati paralleli legati al successo dei film. Il concetto del film blockbuster è stato criticato da molti come responsabile della devolution del cinema contemporaneo e dell’infantilizzazione dei gusti del pubblico. ”Con Guerre Stellari è scattato lo stesso fenomeno di McDonald: il gusto per la buona tavola d’improvviso è scomparso” ha scritto il critico Peter Biskind. Lo stesso Lucas definisce i film ”popcorn pictures”, di facile consumo, realizzati dopo aver capito che ”questo è quello che alla gente piace vedere”. ”Avevo concepito Guerre Stellari pensando alle avventure di Buck Rogers e Flash Gordon, una combinazione di 2001 Odissea nello spazio e James Bond”, dice Lucas. ”Poi è diventata una storia più seria. Quest’ultimo episodio è decisamente dark, non lo consiglio ai bambini sotto i dieci anni. Ma è naturale: la prima trilogia su Luke e Leia era più infantile, spensierata; questa seconda è la storia di Anakin, di un padre che imbocca la strada sbagliata: dunque è una storia triste, tragica”. ”Ho messo molto di me in questi personaggi”, confessa Lucas. ”Avrei voluto tanto essere Han Solo, ma la realtà è che sono più simile agli Skywalker, nel bene e nel male”» (Silvia Bizio, ”la Repubblica” 25/3/2005).