Varie, 4 marzo 2002
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Luzi Mario
• Castello (Firenze) 20 ottobre 1914, Firenze 28 febbraio 2005. Poeta. Dall’ottobre 2004 senatore a vita • «Esordi negli anni Trenta (La Barca è del ”35) [...] diverse maturità, come la stagione degli anni Settanta (Nel Magma, Su fondamenti invisibili ) [...] La sua forza è stata quella di cambiare sempre, di considerare il suo discorso qualcosa che diviene, di allargare l’orizzonte linguistico senza violenze e rotture. Quasi come se il poeta, indagando sul bene e sul male, sul paradiso e l’inferno, sul ”pensiero fluttuante della felicità”, non avesse fatto altro che allargare sempre più le braccia, accogliere mondo, capire l’incomprensibile. un vero magistero il suo, poetico e morale [...] Rivendica la sua ”diversità” rispetto ai poeti già affermati quando esordì (Montale e Ungaretti), e alle poetiche del negativo che hanno caratterizzato appunto il secolo passato. ”Il Novecento ha accettato la poesia in un’accezione dimessa, umiliata, come una colpa da riscattare. Io volevo che la poesia fosse vita moltiplicata, vita al quadrato”. Non cita Montale e Ungaretti, ma il ”male di vivere” e i ”naufragi”, temi che sentiva, dice, ”come una penitenza che non dovevo fare; già il mio primo libretto voleva aprirsi alla vita e all’esperienza”. A questo principio ha tenuto fede sempre. Ne è valsa la pena? ”Siamo costretti a vivere e conoscere solo frammentariamente, però anche nel frammento può esserci tutto. Il macrocosmo nel microcosmo”. E allora, che sarà mai la poesia? ”Un lavoro infinito, cominciato - se è cominciato - con Orfeo, e che di volta continua. Anche noi siamo strumenti di questo discorso”» (Mario Baudino, ”La Stampa” 18/5/2001). «Carriera lunghissima e fecondissima, la sua. Settant’anni d’inesausta, continua ricerca poetica (poiché di questo nel caso suo si tratta), non possono essere rinchiusi in una formula. Tuttavia, la rilettura estensiva e, come dire, sistematizzata della sua produzione [...] fornisce qualche elemento in più per una riflessione sia sulla stabilità sia sul mutamento di questa poesia nella e attraverso la ”lunga durata” [...] la poesia di Luzi va da un codice stretto e persino talvolta enigmatico a cadenze più cordiali e colloquiali. Negli ultimi due o tre decenni (poiché per un autore così il tempo si misura su cadenze altrettanto lunghe) il suo sguardo ha mirato a incrociare più serenamente e distesamente quello di altri uomini e donne e il suo messaggio (messaggio di libertà intellettuale e spirituale, di tolleranza e di civiltà) s’è fatto più libero e sciolto, più comunicativo (ad esempio: la sezione Incitamenti, dalla raccolta Frasi e incisi di un canto salutare, con una bellissima Pasqua orciana). Della ”stabilità” nella e attraverso la ”lunga durata” bisognerebbe ragionare un poco più a lungo, perché qui poi va cercato il nucleo fondamentale del suo mondo poetico e spirituale. Mario Luzi appartiene a quella generazione letteraria che ha tenuto alta in tempi difficili la bandiera della poesia (della ”poesia-poesia”, sarei tentato di scrivere), insomma i Bertolucci, Caproni, Sereni, anche Fortini, nonostante le enormi differenze, stretti tutti quanti fra le sublimità irripetibili di Ungaretti e di Montale, più anziani di loro di qualche anno e più autorevoli, e i rifiuti filorealistici ed espressionisti del secondo dopoguerra (avevano tutti, chi più chi meno, trent’anni nel 1945). Poesia è stata per loro, in senso squisitamente novecentesco, voce dell’assoluto: ma voce dell’assoluto ormai in tempi di angosce, turbamenti e dubbi, ben lontani dalla compatta, solidale e perfino un po’ omertosa civiltà letteraria degli anni ”30 (nella quale pure erano nati e cresciuti). L’assoluto di Luzi, in questo quadro, è investigazione intrepida [...] dell’enigma che sta fra cielo e terra, anzi [...] fra terra e cielo (siccome, se la voce è umana, e quella di Luzi nonostante certe sue movenze angeliche, lo è, lo sguardo del poeta non può che partire dal basso e andare verso l’alto, e non viceversa). L’enigma, su cui Luzi appunta, con fissità impressionante e da così lungo tempo, il suo sguardo, è [...] quello già presente nei primi componimenti della sua prima raccolta, La barca [...] e cioè: cosa sia la vita, perché si viva e come e se valga la pena di viverla. Alla vita s’intitola un di questi componimenti, ed è al tempo stesso quello in cui compare l’immagine-metafora della ”barca”, ossia quel luogo, fisico e mentale, da cui altalenando, si contempla il mondo, al tempo stesso vicini e lontani, mobili e immobili. La chiave dell’enigma è amore, un’altra delle componenti centrali dell’ispirazione luziana, anch’esso talvolta mentale talvolta fisico: amor di cose e nelle cose, parte dell’esperienza spirituale e materiale universale (dove la linea di confine fra le due cose, se rigida, è difficile da trovare), vivo e penetrato nelle cose e negli uomini e donne di volta in volta descritti. Sembrano voci lontane, echi, sia pure intensissimi, del secolo che fu. Eppure sono vicinissime e, a prestar loro l’ascolto che meritano, parlano delle nostre angosce e, sì, anche delle nostre attese. Poesia in grande, insomma, che ci fa pensare in grande» (Alberto Asor Rosa, ”la Repubblica” 15/10/2004). «La sua opera poetica, raccolta nel ”98 in un Meridiano Mondadori, occupa 1.200 pagine e percorre tenacemente settant’anni di storia. Mario Luzi è un navigatore di lungo corso, ma non ha mai seguito rotte prevedibili. [...] era già un senatore nel 1940, a 26 anni, quando si poteva considerare un maestro dell’ermetismo. Un altro senatore a vita, il suo amico Carlo Bo, definì la poesia di Luzi un’’immagine esemplare”. Qualche anno fa fu chiesto a Giovanni Raboni di indicare la poesia più bella del Novecento e Raboni non ebbe nessun dubbio: citò una poesia di Luzi intitolata Las animas (’Fuoco dovunque, fuoco mite di sterpi, fuoco / sui muri dove fiotta un’ombra fievole”), perché, disse Raboni, ”Luzi è il poeta italiano che rappresenta meglio di tutti la metamorfosi, fatta anche di continuità, della poesia italiana dopo la svolta bellica”. Non c’è poeta che meglio di Luzi abbia saputo interpretare le contraddizioni del secolo passato. [...] nato a Firenze ma la sua città è Siena, dove si è trasferito dodicenne con la famiglia. [...] poeta d’avanguardia, ma già considerato un classico, quando collabora a riviste come ”Frontespizio” e ”Campo di Marte”. Fortini ha scritto che in Luzi si legge ”la certezza dell’essenza spirituale dell’universo”. Probabilmente c’era in quelle parole un velato rimprovero all’astrattezza delle prime raccolte, che per un poeta ”civile” qual era Fortini doveva suonare come una sorta di rinuncia. Luzi lo smentirà, scrivendo poesie immerse nella realtà e nel ”cambiamento” della storia. In effetti, lo stesso Raboni individuò una continuità dal primo Luzi de La barca (1935) ai testi più recenti proprio in virtù di quell’’idea latente di genesi perpetua”. Del resto, è nota la predilezione di Luzi per l’’inferno” incandescente di Dante rispetto al ”limbo” rinunciatario di Petrarca, considerato per la sua generazione un padre ”mite e dispotico”. vero, comunque, che i suoi esordi sono sotto il segno di un simbolismo mutuato da Mallarmé, con una quasi totale emarginazione della realtà a vantaggio di un linguaggio solenne e cifrato. Qualcuno ha parlato persino di ”schifiltosità spirituale”. Con gli anni ”50, Luzi assume toni decisamente diversi. la raccolta Primizie del deserto a segnare il mutamento di rotta verso una medietà linguistica che si apre alla prosa, senza rinunciare al valore metaforico e lirico della parola. Una scelta che sempre più affonda nel ”magma” e nel ”corpo oscuro” delle tragedie anni ”60 e ”70, fino ad affrontare di petto temi caldissimi come il terrorismo. Il critico Stefano Verdino ha parlato di una ”vivacità creativa sempre risorgente”. Pur sposando sempre la metamorfosi, Luzi è riuscito a presentarsi assiduamente come un maestro. Da sempre un senatore a vita senza darlo a vedere. Partito dal Purgatorio dell’ermetismo, immerso nell’incandescenza dell’Inferno, nell’ultimo ventennio è risalito verso le vette del Paradiso, con quella ”vertiginosa coralità filosofica” di cui sempre Raboni ha detto da par suo. Navigazione interiore, un’interiorità che ha radici cristiane: ”Il cristianesimo affiorava più o meno nelle diverse stagioni, ma come sottofondo c’è sempre stato... Ogni tanto sento il bisogno di sentir messa, come diceva Manzoni”. E insieme navigazione nel tempo. ”Il punto di partenza di una poesia - ha detto Luzi - è qualcosa che viene dal fondo, come il baricentro di un piccolo terremoto, come un’onda che sale su...”. Attento ”auscultatore” della parola poetica d’altri come critico e traduttore, scrittore di teatro, recensore e appassionato di cinema in anni lontani, persino prefatore entusiasta degli ”accordi eretici” di Fabrizio De Andrè, Luzi vive la sua vecchiaia a occhi ben aperti: negli onori (’docente magnifico” al Cesare Alfieri di Firenze, a lui il Papa commissionò nel ”99, il testo della Via Crucis di Pasqua) e nelle delusioni (il Nobel sempre lì lì per essergli assegnato), ma anche nelle angosce per la brutalità del presente: ”Il nostro senso della vita si è incrinato - ha detto dopo l’11 settembre - ed è un’incrinatura che lavora a fondo”. Un senatore sempre presente al proprio presente, come pochi altri» (Paolo Di Stefano, ”Corriere della Sera” 15/10/2004). «Sembra che non le scriva mai e poi me le ritrovo scritte. Il nucleo propulsivo della composizione nasce nelle prime ore del giorno, quando sono ancora a letto, al risveglio, al reinserirsi dentro l’attività. Poi c’è il lavoro di composizione e questo ha i suoi tempi, che sono imprendibili e irregolari […] Sono sposato, ma da 30 anni mia moglie vive in un’altra casa. Siamo legati, ma viviamo distintamente. Anche mia moglie è stata un amore giovanile che si è modficato. Ho avuto altre importanti esperienze amorose. Sono state occasioni di evasione dal piccolo ego» (’La Stampa”, 24/6/2001).