Varie, 4 marzo 2002
MACALUSO
MACALUSO Emanuele Caltanissetta 21 marzo 1924. Politico. È stato parlamentare del Pci e Pds fino al ’92. Giornalista professionista, dal 1982 al 1986 è stato direttore de l’Unità . Attualmente dirige la rivista Le nuove ragioni del socialismo, mensile da lui fondato nel ’96 ed è editorialista della Stampa • «[...] Il grande vecchio della sinistra siciliana [...] padre nobile di un’area che cercò intese anche con pezzi della Democrazia cristiana, fino al punto da vivere un’esperienza discussa ma rimasta nella storia come il milazzismo [...] negli anni Cinquanta [...] quando il Pci di Macaluso si ri trovò al governo con mezza Dc [...]» (Felice Cavallaro, “Corriere della Sera” 11/11/2009) • «Un vecchio uomo di partito che negli anni ha guadagnato grande libertà di giudizio. [...] “Nel gruppo dirigente del Pci si discuteva molto e alla fine si decideva. Ricordo nel ’64 la discussione in segreteria se votare o no Saragat presidente della Repubblica. Eravamo otto: quattro per il sì, quattro per il no”» (“La Stampa” 12/6/2001) • «Un vecchio e distinto signore che ha contribuito a fare la storia del Partito comunista italiano [...] Non un ortodosso, spesso un eretico, quasi sempre un rompiscatole pronto a dire la sua su tutto anche a costo di andare contro la linea del partito. Em. Ma. è il suo “nome de plume” con il quale firmava i suoi corsivi sull’“Unità” e adesso firma la sua rubrica sul “Riformista”. Em. Ma. è riformista, anzi migliorista, due aggettivi che una volta erano offensivi. Oggi sono tutti riformisti, come sono tutti liberali, specie a sinistra, salvo poi spezzare il capello in dodici pur di essere divisi. [...] “Il Partito comunista della Terza Internazionale diceva che il nemico principale è quello che sta più vicino. [...] La mia vita nel partito non è stata mai difficile. Sono arrivato ai vertici molto giovane [...] La mia vocazione polemica non è stata mai punita. Ho votato contro Togliatti negli anni Sessanta ma non ebbi mai sanzioni [...] Una sanzione una volta l’ho avuta. Detti una intervista al ‘Mondo’ per dire che bisognava spingere per una solidarietà nazionale con presidenza socialista. Enrico Berlinguer se la prese. Il Partito precisò che esprimevo solo opinioni personali [...] Io rimpiango le sedi di confronto e di lotta politica che erano i partiti. Oggi non esistono luoghi dove si discute, si svolta, si dissente, si formano opinioni [...] Una volta la direzione del Pci era di 21 membri. Tutti avevano diritto alla parola. Adesso sono quasi 300, con un esecutivo di 70 persone. Due o tre persone dicono una cosa, poi si chiude e arrivederci e grazie [...] Io ricordo che il Movimento sociale aveva dei politici notevoli: Almirante, Roberti, Valenzise, De Marsico. Venivano dal fascismo ma avevano un livello culturale che bisognava fronteggiare [...] Non ho mai avuto pregiudizi. Da quando favorii, nel ’58 in Sicilia, di fronte allo stallo in cui si era venuta a creare la Dc, un governo tra gli scissionisti della Dc, il Msi e il Psi con l’appoggio esterno del Pci. Il famoso governo ‘milazziano’, dal nome di Milazzo, l’uomo che lo ideò [...] Io ritenevo che fosse importante dare un colpo alla Dc di Fanfani e Togliatti mi dette ragione. Le manifestazioni antifasciste, Tambroni, gli incidenti, i morti vennero dopo, nel 1960 [...] Mio padre era ferroviere. Eravamo tre fratelli e facemmo tutti l’Istituto minerario. Per conto mio studiai legge, storia, letteratura. A Caltanissetta c’era un gruppo con una grande passione politica. Sciascia scrisse che Caltanissetta era l’Atene della Sicilia: Alessi, Pignato, Pompeo Colajanni, Granata, Gaetano Costa, Calogero Bonavia, Mario Farinella, Giannone, Gino Cortese. Al magistrale insegnava Vitaliano Brancati. In casa di Calogero Boccadutri, un minatore che si fece anche un po’ di galera, conobbi Elio Vittorini che nel 1942 venne a portare le ultime direttive del partito. ‘Armatevi’, disse. Lo ricordo ancora, con i suoi sandali [...] Io stampavo un giornaletto clandestino e lo diffondevo insieme all’‘Unità’ [...] Alle elezioni del ’92 Folena, segretario regionale, decise di presentarsi capolista a Palermo, il mio collegio. Ci furono polemiche. Napolitano, Bufalini, Chiaromonte, lo stesso Ingrao, sostenevano che il capolista dovevo essere io. Ma tutte le federazioni siciliane, in mano ai foleniani, erano contro di me. Achille Occhetto, segretario del partito, e Massimo D’Alema, segretario dell’organizzazione, facevano i pesci in barile. Alla fine la direzione scelse me [...] Gli uomini di Folena fecero la campagna elettorale contro di me. Dicevano: appena eletto andrà con Craxi. Si prodigò particolarmente nelle calunnie una compagna, Calogera Sciascia (non parente), che è diventata sindaco di Sommatino. [...] Da allora non mi sono più presentato. Però scrivevo tutti i lunedì una rubrica sull’‘Unità’. Walter Veltroni, il direttore, mi disse: ‘Ho deciso di abolire le rubriche’. Rompevo troppo le scatole ad Occhetto. Così passai al ‘Giorno’ [...] Io sono l’unico uomo politico del Pci che non ha mai parlato con Craxi. Sono ‘craxiano’ senza aver avuto il piacere di una conversazione politica con lui [...] Quando cominciai a scrivere del processo Andreotti sul ‘Manifesto’, i dirigenti di Palermo dei Ds mi attaccarono e una di loro, si chiama Cannarozzo, scrisse che aiutavo la mafia e delegittimavo Caselli. Dei dirigenti nazionali solo Giorgio Napolitano mi difese. Vili. Non fanno lotta politica, non vogliono rischiare. Quando Nanni Moretti a Piazza Navona ha detto davanti a D’Alema e a Fassino: ‘Con questi si perde’, nessuno prese la parola per dire: ma che stai dicendo? [...] Salvi è solo uno del mazzo. Io non so perché sia diventato così importante. Nel dibattito politico non aveva mai avuto un ruolo rilevante”» (Claudio Sabelli Fioretti, “Sette” 29/5/2003).