Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 04 Lunedì calendario

Macarthur Ellen

• Whatstandwell (Gran Bretagna) 8 luglio 1976. Velista. Soprannominata Piccola Roccia, è alta 158 centimetri. Il 7 febbraio 2005 ha stabilito il record mondiale del giro del mondo a vela: 71 giorni, 14 ore, 18 minuti e 33 secondi • «Tra la partenza (28 novembre 2004) e l’arrivo (7 febbraio 2005), in quelle 27.354 miglia percorse alla media di 15.9 nodi, ha dormito pochissimo e mangiato cibo liofilizzato, ha schivato iceberg e urtato una balena, ha riparato un guasto al generatore e si è arrampicata due volte in cima all’albero di 30 metri: è stato dopo Capo Horn, nell’Atlantico del Sud, quando un problema al carrello della randa le ha fatto perdere in meno di 48 ore tutto il vantaggio accumulato. Ellen è la velista tascabile che quando si mette al timone di B&Q, il trimarano dell’impresa grande quanto un campo da tennis, si trasforma in un marinaio gigantesco. Ha battuto di un giorno, 8 ore, 35 minuti e 49 secondi il primato di un uomo, il francese Joyon [...] Il veterano della vela inglese, Robin Knox-Johnston [...] primo uomo a completare un giro del mondo in solitario, ha paragonato l’impresa di Ellen al salto nella leggenda di Bob Beamon (8,90 m) ai Giochi di Città del Messico 1968, che ha resistito 23 anni. [...]» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 8/2/2005) • «[...] Divenuta celebre nel 2001, grazie all’inaspettato secondo posto nella Vendee Globe, negli anni successivi la MacArthur si è imposta come una delle massime interpreti delle traversate in solitaria. Ha superato vento e tempeste, problemi meccanici, la rottura di una vela, ferite e perfino un incontro ravvicinato con una balena. Raccontava disperata in mezzo ai mari: ”Ci sto mettendo tutto: il mio cuore, la mia anima, la mia carne e il mio sangue. Non ho mai tirato tanto e per tanto a lungo, ma adesso non dipende più solo da me”. [...] Il 12 gennaio, a capo Horn la Mac Arthur era passata con più di 4 giorni su Joyon, poi il vento era calato facendole sgretolare un vantaggio che pareva consistente. Il 20 gennaio, invece, un colpo le rompeva il carrello della drizza della randa: un contrattempo che aveva costretto la MacArthur ad arrampicarsi due volte in testa d’albero, alto 30 metri. Disperata, riusciva a trovare il buon umore guardando Slinky, il pupazzetto-da dita che Ellen s’è portata. Orribile era stato l’impatto con l’Oceano Pacifico e l’impatto con gli iceberg. Aveva piazzato 4 webcam a bordo del colosso: una di esse ritraeva le sue mani spelacchiate da decine di ammainate e issate di vele, dall’acqua salata che stava ovunque. Aveva 275 metri quadrati di vele da ”sistemare” quando B&Q Castorama viaggiava di bolina (contro vento), 350 quando planava con il favore della brezza, sopra queste otto tonnellate dipinte di arancione. Un lavoro incessante, massacrante [...]» (’La Gazzetta dello Sport” 8/2/2005) • «[...] nella biblioteca della scuola, lassù in Inghilterra, andava matta per Gipsy Moth. Il giro del mondo a vela, di Francis Chichester. Quante volte lo ha preso in prestito e altrettante lo ha letto, sognando di diventare quello che è diventata oggi. Secondo la definizione di qualche amico ”l’unico pesce senza le branchie”, viste le sue frequentazioni marine. Eppure Ellen [...] ha avuto per molti anni il rumore dei trattori e il muggito delle vacche da latte, come colonna sonora. Niente traffico o inquinamento, ma un odiatissimo corso di ballo da affrontare. ”Mamma, preferirei morire piuttosto che mettermi ancora una volta quella calzamaglia nera” aveva minacciato per far capire quali erano le sue intenzioni sull’argomento. Per fortuna la madre l’ha assecondata (anche quando rifiutava, con la stessa energia, di giocare con le bambole). E meno di dieci anni più tardi Ellen con tutti i soldi risparmiati durante l’inverno mangiando frutta o purè fino alla nausea (non si comperava mai i pasti o le merende a scuola, faceva cassa e poi riempiva un salvadanaio) portò nel giardino di casa, Kestrel, la sua prima barca. Ellen aveva 15 anni e da quel giorno non è più scesa. Ha cambiato più volte compagna, ma la rotta è più o meno sempre la stessa, vittoria dopo vittoria. [...]» (Gian Luca Pasini, ”La Gazzetta dello Sport” 15/1/2005) • «A 8 anni c’era già chi tramava per lei: una zia che la mette alle scotte e trascorre con lei le vancanze lungo le coste dell’Inghilterra. E’ fatta. Per tre estati mette da parte la paghetta settimanale e, a 11 anni, è già proprietaria della sua prima barca. L’esperienza la trasforma in elettricista, ingegnere, giornalista, cameraman e ottima pr di se stessa. Non si ferma davanti a niente. Durante una transatlantica ripara il sistema idraulico che spaccandosi, aveva inondato d’olio la cuccetta. E se gli sponsor, all’inizio, non la seguono, è lei a mettersi alla caccia: compra un biglietto di sola andata per la Francia, acquista di seconda mano un 21 piedi che diventa la sua casa, scrive 2.500 lettere ottenendo due risposte. La seconda è quella buona: una ditta decide di investire 6 miliardi su di lei, in Nuova Zelanda parte la costruzione del 60 piedi» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 3/2/2001) • «Dall’alto dei suoi 158 centimetri, una ”piccola roccia” degli oceani […] Nata in una fattoria del Derbyshire, cuore della brumosa campagna inglese, entra nella leggenda dei più grandi navigatori di tutti i tempi […] Di se stessa dice che c’è una cosa che proprio non sa fare: cucinare» (Simona Casalini, ”la Repubblica” 23/11/2002) • «Dicono che è il più grande ”ammiraglio” britannico della storia dopo Nelson. […] Questa campagnola rotondetta e con la faccia rossa ha umiliato fior di navigatori. […] ”Non cerco mai di far bagarre con la meteo, ma tento di avanzare con lei e di trovare la via più facile per la barca”» (Cesare Martinetti, ”La Stampa” 24/11/2002) • « un marinaio a cui scorre acqua salmastra nelle vene, perché la sua empatia con il mare non si spiega altrimenti. la rude e meravigliosa skipper che si è bevuta la Rotta del Rhum, lasciando nella scia i relitti dei catamarani e tutti i monoscafi, prima in Guadalupa in una traversata atlantica flagellata dalle tempeste e dai ritiri.[…] ”Non sono Wonder Woman né un’eroina. Sono Ellen, una ragazza che naviga in un universo di uomini. Partecipo alle regate nelle stesse condizioni degli altri […] La vela è una malattia che ho preso da piccola e dalla quale non voglio guarire […] Ho urtato un container in mezzo al Pacifico e ho temuto di affondare. Una volta la gamba è rimasta imprigionata tra albero e vela: è diventata blu, l’ho guarita con la forza di volontà. Il mare è vita, se lo ami non ti uccide […] In Nuova Zelanda ho comprato dai Maori un ciondolo di giada e non mi separo mai dal medaglione d’argento che mi ha regalato mia mamma Avril. In barca con me, inoltre, ho sempre un libro di poesie di Emily Brontë”» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 26/11/2002).