Varie, 4 marzo 2002
MACCANICO Antonio
MACCANICO Antonio Avellino 4 agosto 1924. Politico. Ex azionista, comunista fino al 1956. Laurea in giurisprudenza a Pisa nel 1946. Entrato alla Camera dei Deputati nel 1947, è stato Capo dell’Ufficio legislativo del ministro del Bilancio, Segretario generale della Camera, Consigliere di Stato e Segretario generale della Presidenza della Repubblica. Presidente di Mediobanca nel 1987, dal 1988 al 1991 è stato ministro per gli Affari regionali e i problemi istituzionali (governi De Mita e Andreotti VI). Eletto senatore nel 1992 e nel 2006 (Partito Repubblicano, Margherita), dal 1993 al 1994 fu sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei Ministri (governo Ciampi). Eletto deputato per l’Ulivo nel 1996, ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni nel governo Prodi I. Ministro per le Riforme istituzionali nel D’Alema I e II e nell’Amato II. Rieletto deputato nel 2001 per la Margherita • «Grand commis. Parente di mezzo Partito d’azione, allattato da Mediobanca, ama però ricordare a voce alta i suoi trascorsi da vitellone, i rimorchi delle attrici a via Veneto, la dolce e brillante stagione romana di giovane intellettuale avviato verso il potere. Siccome è un signore, comunque, non fa i nomi delle sue conquiste. Leader di un micro-micro-partito che gli è rimasto in tasca dopo un tentativo, fallito, di formare un governo. Guida un partito, ma resta un tecnico. Se ne parla come di un grande mediatore, e tutti conoscono la serie gloriosa dei suoi successi in questo campo. E’ l’idolo dei funzionari medi del Senato, che, però, privi di parentele a Mediobanca, guardano a Maccanico come i piccoli industriali guardano ad Agnelli. Perfetto per la mondanità politica. Ha un fascino all’antica, basta guardarlo per fare un tuffo rinfrescante negli anni Cinquanta. Ora dedica molte energie all’associazione “Civita”, un club che, grazie a vari finanziamenti, restaura antichi palazzi, dove poi si celebrano feste memorabili a imperituro ricordo del trionfo dell’alta borghesia che recupera l’arte fatta deperire dagli aristocratici debosciati, la restaura e, sobriamente, se la gode. Abita in via della Scrofa e il famoso “governo Maccanico” non si fece perché quando s’incontrarono in ascensore con Gianfranco Fini, vicino di pianerottolo, non s’intesero, non si capirono, non si sentirono. Scomparso Giovanni Spadolini, resta l’unico italiano in circolazione ad aver fatto il Risorgimento» (Pietrangelo Buttafuoco, “Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 24/10/1998) • «Ho studiato a Pisa, giurisprudenza al Collegio di Scienza corporative. Era un istituto che Bottai volle affiancare alla scuola Normale. Nella biblioteca c’erano le opere di Marx e di Nietzsche. Dopo la laurea vinsi il concorso di revisore a Montecitorio. L’Assemblea Costituente era stata da poco eletta. Leggevo pubblicistica politica, “Il Mondo” di Pannunzio”, “Rinascita”,e poi i libri di Vittorini, Calvino e di Flaiano che era mio amico […] Mi alzo verso le sei di mattina e leggo articoli, documenti, riviste, leggo fugacemente i quotidiani. Poi faccio un break di un paio d’ore all’ora di pranzo e una la dedico alla lettura […] Sono stato un grande appassionato di Quasimodo e di Montale. Flaiano si stupiva sempre che io ricordassi a memoria alcuni carmi di Catullo […] Dagli anni del Quirinale prendo nota in un mio diario di quello che faccio quotidianamente» (Alain Elkann, “Capital” n.12/1996).