Varie, 4 marzo 2002
MADDALONI
MADDALONI Pino Napoli 10 luglio 1976. Judoka. Medaglia d’oro alle olimpiadi del 2000 • «La qualità migliore di Giuseppe Maddaloni è la sua magniloquente grandezza di orizzonti. ”Le cose non le dico per me. Dei soldi me ne sbatto, io ho portato una nazione a vincere. Darei indietro i 60 milioni netti che ho vinto con la medaglia d’oro di Sydney per sapere che ci sono di nuovo quattro milioni e mezzo davanti alla tv, come per la mia finale. Io vado nelle scuole non per parlare di judo ma per dire ai ragazzi che lo sport è un diritto, non un optional”. [...]. La tv, la fama, il confronto sempre perso con il calcio, sono i temi ricorrenti dei medagliati di Sydney. "Non mi si fila quasi nessuno, eppure ho vinto nella categoria dei 73 kg. Sapete qual è il peso medio dell’uomo nel mondo? 78 kg, io ho vinto nella categoria più affollata. Sono stato quindici giorni a gennaio in Brasile, ero sempre in tv, mi conoscevano tutti, mi hanno messo anche nella giuria di Miss Brasile. Ma se viene in Italia il brasiliano che ho battuto in finale a Sydney, che figura ci faccio? A chi lo presento, io, che non mi hanno mai chiamato neanche alla Domenica Sportiva?”. Poi cè il personaggio che scavalca l’atleta e allora appare la figura mitizzata del manager. [...] Nella famiglia Maddaloni è il padre quello mitizzato. Ha allevato anche Laura e Marco, grandi promesse del judo. Ha trasformato a Miano un garage in palestra, facendo duecento milioni di debiti: lì allena 300 ragazzi, e paga chi può permetterselo, mentre lui aspetta da sempre un aiuto dal Comune. I fondi sono congelati, è la risposta di sempre, dopo le promesse del post Olimpiade. ”Si dice che il calcio è popolare perché lo giocano tutti. E’ una balla. Alle scuole calcio di Napoli va chi ha i soldi. Il calcio che giocano tutti è quello per la strada con le porte fatte con i sassi. E’ quello lo sport?”. Per non far calare il silenzio su di sé Maddaloni ha iniziato un’attività propagandistica a sue spese. Ha stampato ventimila cartoline, con le immagini delle sue gare, l’urlo della vittoria ("il secondo urlo dopo quello di Tardelli"); e poi adesivi, fotografie, statuette (che arrivano seconde dopo quelle dei presepari di S.Gregorio Armeno: in compenso costano meno), che lui regala ai bambini che incontra nei suoi appuntamenti nelle scuole. ”Ho cominciato a Nuoro, dopo l’Olimpiade. Da allora sono stato in più di cinquanta scuole, vado a spiegare perché bisogna fare sport. Da loro mi faccio abbracciare, non sono molti gli atleti che possono permetterselo, certo non i calciatori. E sono loro che ti fanno sentire campione olimpico, non sono io che aiuto loro ma loro che aiutano me. E i bambini sono il meglio di una nazione. Ma i professori di ginnastica che fanno? Si fumano una sigaretta e non insegnano ai bambini storie di eroi come gli Abbagnale”..Ha regalato dodici chimono in beneficenza, a disabili, santuari, anche al Museo dello Swatch. A Ostia la vita ha ripreso la sua routine: sveglia alle 6,40 per fare stretching, ancora un’ora di sonno, colazione, due ore d’allenamento tecnico, e poi altre due dopo pranzo, sul fisico. ”Adesso qualcuno m’ha detto, vai ad Atene e vinci l’oro. Mica è come andare a prendersi un caffè al bar, ma questa è la cultura sportiva. Nel calcio tutti pensano allo scudetto della propria squadra, nessuno che dica: speriamo che l’Italia vinca il prossimo mondiale. Non gliene frega niente a nessuno. Ecco, mi piacerebbe che il campionato di calcio lo vincesse l’Atalanta, o il Perugia, vorrebbe dire che vince chi si allena di più”. Ma il bilancio, nonostante tutto, è in attivo. Maddaloni ha trasformato il suo oro in un’estroversione continua e la strada verso Atene non sarà così al buio. ”E nelle scuole ho imparato che l’Italia sportivamente è unita. Che anche a Trento, a Tarcento, a Sacile, mi hanno fatto feste come al sud”. Certo, a volte la battaglia è disperata. ”Un bar dell’aeroporto di Fiumicino esponeva foto di alcuni degli ori di Sydney. Mancava la mia. Allora mi sono presentato, volevo che avessero un mio manifesto, gli ho lasciato il biglietto da visita, il numero del mio cellulare. Non mi ha mai richiamato nessuno. Eppure una soluzione a tante cose ci sarebbe. Ancora il Brasile come esempio: lì il Flamengo e il Botafogo sponsorizzano il judo. Perché la Juve non dà 500 milioni, un’inezia per loro, un’enormità per noi, per sponsorizzarci? Farebbero bella figura loro e del bene a noi”» (Corrado Sannucci, ”la Repubblica” 26/2/2001).