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 2002  marzo 04 Lunedì calendario

MAGLIETTA Licia

MAGLIETTA Licia. Nata a Napoli il 16 novembre 1954. Attrice. Famosa soprattutto per il film di Silvio Soldini Pane e Tulipani. «Fascino classico, mediterraneo, intelligente. ”Perché io mi sento più vicina all’ironia che ai toni drammatici”, aggiunge contraddicendo un curriculum lungo vent’anni: studi di teatro d’avanguardia con Eugenio Barba e Jerzy Grotowski; l’incontro con Mario Martone come interprete di punta prima del gruppo Falso Movimento e poi dei Teatri Uniti. Il debutto nel cinema sempre con Martone nell’85 con Nella città barocca; poi Morte di un matematico napoletano, Rasoi, L’amore molesto e, nel ’97, il primo incontro con Soldini come coprotagonista delle Acrobate, in coppia con Valeria Golino. [...]» (Stefano Pistolini, ”L’Espresso” 5/4/2000). «Serissima attrice che dopo vent’anni di teatro e di passione trova il successo dei grandi numeri. Da raffinata Giocasta nell’Edipo di Mario Martone a icona di una femminilità matura e piena [...] è di quelle persone che colta all’alba di mezzogiorno, scapigliata e assonnata riesce a conservare un aspetto distinto ed elegante [...] ”Non sono napoletana. Ho una madre spagnola e un padre lucano. Ho vissuto tutta la mia prima vita a Napoli, ma se a casa provavo a dire scuola o scarpa con la ’sc’ strascicata, come le mie compagne, venivo subito rimproverata” [...]» (Brunella Schisa, ”Il Venerdì” 5/5/2000). «Pensava di fare l’architetto, la laurea l’ha pure presa, ma intanto aveva cominciato a lavorare con Eugenio Barba, Jerzy Grotowski, il teatro di ricerca. Poi ha incontrato Mario Martone e con Tango glaciale si ritrovò in tournée per l’Europa. A Soldini la prima volta disse di no. ”Mi chiamò per Un’anima divisa in due, una piccola parte, non accettai” [...] la fisarmonica. ”Mi insegnò a suonarla mio padre, quando ero piccola [...] Mia madre, invece, era concertista di pianoforte. Lo suono anch’io, ma preferisco la fisarmonica, così fisica, così assoluta” [...]» (S.U., ”Sette” n. 15/2000). «C’è in lei una regalità che la rende unica. Accanto alla sua bellezza, all’intensità genetica che le permette di dare un’anima a tutti i personaggi che interpreta, convive come un distacco, una palpabile indefinibile distanza. ”Chissà, forse è una questione di origini” dice divertita. E racconta di quei prìncipi spagnoli, antenati di sua madre, arrivati in Italia molte generazioni fa. Il mistero però protegge; una certa alterigia aiuta a non scoprirsi mai fino in fondo. ”Io sono passionale. Molto. E per questo vulnerabile. Devo stare attenta, misurarmi, altrimenti mi distruggono”. Inutile parlarle della varietà dei suoi ruoli, al cinema come in teatro, della deliziosa Rosalba di Pane e tulipani di Silvio Soldini e della spietata Irene Clitennestra di Luna rossa di Luigi Capuano. ”Che senso ha chiedere a un’attrice perché l’anno scorso è stata Lady Macbeth e oggi è Mirandolina? Fa semplicemente il suo mestiere [...] Devo ammettere che Pane e tulipani mi ha dato una popolarità incredibile. E le facce che oggi vedo in teatro ai miei spettacoli non sono le solite. bello però che il cinema apra al suo pubblico altre strade”. La sua filmografia, che inizia con Morte di un matematico napoletano di Mario Martone, non è ampia: si sente un’attrice soprattutto teatrale? ”Mi sento attrice e basta. Tra il teatro e il cinema posso però fare una differenza molto personale. Su un set sono come a casa mia, il ciak non mi dà tensione. Il che è un vantaggio perché riesco a essere vera e lucida nelle cose che faccio. Il teatro invece mi emoziona, mi stravolge, m’innamora. Il cinema mi affascina, ma ci gioco bene. Il teatro mi taglia le gambe, mi prende alla pancia”. Quando scoprì questa passione? ”La prima cosa che mi viene in mente è una sera in teatro. Avevo 17 anni e andai a vedere il Woyzeck con Carlo Cecchi. Ne rimasi folgorata. Credo che tutto iniziò in quel momento. Abitavo a Napoli. Finii le scuole, mi iscrissi ad architettura, ma il fuoco non si spegneva. Mi trovai in una troupe di teatro di strada, ai seminari di Barba e Grotowski, a danzare sulla musica di Antonio Infantino. Abbandonai l’università”. La sua carriera è densa di sodalizi professionali: Martone, Cecchi, Soldini, Servillo. ”Un’altra etichetta, un luogo comune. Una donna deve comunque passare dalla mano del padre a quella del marito. Basta che io faccia due spettacoli o due film con lo stesso regista che subito divento ’attrice di’, ’musa di’. Questo vuol dire rendere piccole le cose, e dalla meschinità io mi difendo. Lavoro con un regista come con un altro, così come passo da un ruolo tragico a uno comico: è il mio mestiere [...] Con il cinema sono molto selettiva. Dopo Pane e tulipani mi sono arrivate moltissime proposte, ma niente che mi sembrasse adatto. Credo che il cinema italiano abbia registi e attori, ma non ancora buone storie”» (Laura Putti, ”la Repubblica” 6/10/2001).