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 2002  marzo 04 Lunedì calendario

MAGNI

MAGNI Fiorenzo Vaiano di Prato (Firenze) 7 dicembre 1920. Ex ciclista • «Sta nei libri di storia del pedale [...] Uno che non era scalatore forte, come Coppi o Bartali, eppure riusciva a vincere nelle loro stesse gare» (Luigi Offeddu, ”Corriere della Sera” 2/6/2002) • Vincitore del Giro d’Italia nel 1948 (con appena 11’’ secondi di vantaggio su Cecchi, conquistando solo l’ultima tappa), nel 1951 (davanti a Van Steenbergen, Kubler e Coppi, nessuna tappa), nel 1955 (con 13’’ di vantaggio su Fausto Coppi, una tappa); secondo nel 1952 (a 9’18’’ da Coppi) e nel 1956 (a 3’27’’ da Charly Gaul), sesto nel 1950 (primo Koblet, secondo Bartali, terzo Alfredo Martini, per lui una vittoria di tappa) e nel 1954 (primo Clerici, quarto Coppi), nono nel 1947 (primo Coppi, secondo Bartali) e nel 1953 (primo Coppi, secondo Koblet, quarto Bartali, tre tappe). Sesto al Tour de France del 1949 (primo Coppi, secondo Bartali, una tappa), una tappa e un giorno in maglia gialla nel 1950 (Tour vinto da Ferdy Kubler), una tappa e settimo posto finale nel 1951 (primo Hugo Koblet, quarto Bartali, decimo Coppi), due tappe, due giorni in maglia gialla e sesto posto finale nel 1952 (primo Coppi, quarto Bartali), una tappa nel 1953. Quarto ai mondiali del 1947, nono nel 1949, secondo (dietro Ferdy Kubler) nel 1951, quarto nel 1952, dodicesimo nel 1956. Secondo nella Milano-Sanremo del 1956 (dierto De Bruyne), terzo nel 1949 (vittoria di Coppi), primo al Giro delle Fiandre nel 1949, 1950, 1951, terzo nella Parigi-Roubaix del 1950 (primo Coppi), secondo nel Giro di Lombardia del 1954 (primo Coppi), terzo nel 1956 (primo Darrigade, secondo Coppi), campione d’Italia nel 1951, 1953, 1954. « il grande vecchio del ciclismo italiano. la coscienza del nostro movimento. anche il più antico vincitore di Giro vivente. Di maglie rosa ne ha conquistate tre [...] Ed erano anni affollati di leggende. [...] ”Conservo gelosamente una copia della Gazzetta dell’11 giugno 1951. Si annuncia in alto, a tutta pagina, che Magni ha vinto il Giro e sotto, di taglio basso, si dice che il Milan ha vinto lo scudetto. E non accadeva mille anni fa” [...] considerato il più grande discesista di sempre. Ha vinto il Giro del ’51 scappando a Van Steenbergen nella picchiata verso Bolzano e quello del ’55 scappando in discesa, con Coppi, nella tappa di San Pellegrino. ”Io ci credevo sempre, anche quando gli altri davano per scontato il risultato finale. Van Steenbergen non ha avuto le gambe per stare con me, ma il Giro del ’51 io lo vinsi nella tappa di Napoli, quando Coppi andò in crisi. Conquistai la maglia rosa, ma non me la consegnarono e non mi fecero fare il giro d’onore all’Arenaccia. Erano ancora anni difficili e a qualcuno non ero simpatico”» (Pier Bergonzi, ”La Gazzetta dello Sport” 28/11/2002). Sul successo al Giro del 1955: «Va per i 35 anni, deve affrontare il suo nono Giro e guida una squadra - la Nivea- Fuchs - per la quale gli hanno dato 20 milioni di lire e un ordine: ”Arrangiati”. Magni si arrangia: sceglie i gregari più fedeli (al Giro è scortato da Mario Baroni, Silvio Pedroni, Pierino Baffi, Alfredo Martini, Donato Piazza e Angelo Coletto), investe sul personale (il primo meccanico è Faliero Masi, il secondo Ernesto Colnago, il massaggiatore Isaia Steffano) e risparmia sugli alberghi. Risparmia anche sul direttore sportivo: è Renato Pagani, ragioniere, di ciclismo sa nulla ma a pagare i conti non sbaglia mai. [...] Il tappone dolomitico, terz’ultimo capitolo, lo vince Jean Dotto, francese, con 3’36’’ su Magni e Gastone Nencini. Nencini è in rosa, con 43’’ su Raphael Geminiani e 1’29’’ su Magni. Magni: ”La sera sono molto triste. Questo Giro mi sembrava di averlo in mano. Ma non mi rassegno. Telefono a mia moglie. ’Ci vediamo al Vigorelli’ cioè a Milano, arrivo dell’ultima tappa, mi fa lei. ’No, vieni a San Pellegrino’ arrivo della penultima, l’indomani, mi raccomando io. ’Ma sei sicuro?’ ribatte lei. ’Non è finita, qualcosa invento’ giuro io. Perché dal niente viene il niente”. Fiorenzo è in camera. Ognisera ”La Gazzetta dello Sport”, intesa come organizzatrice del Giro, regala una bustona: dentro c’è il percorso della tappa successiva (Trento-San Pellegrino), il profilo (due salitelle, niente di che), i chilometri (216), lo stato delle strade. Magni prende quel foglio lì, lo stato delle strade, lo studia dalla testa ai piedi e non ha bisogno di arrivare ai piedi perché gli si accenda prima una lampadina in testa, poi un falò nel cuore e un incendio nel petto. Dopo neanche una cinquantina di chilometri, all’uscita da Roncone, c’è un pezzo di strada sterrata, ghiaiosa. Chiama Masi, fa montare gomme un po’ più pesanti, poi va a dormire. Il giorno dopo, a colazione, Magni a Martini: ”Vedi, Alfredo, qui scappo. Va’ in testa tu, poi ci penso io”. Alle 11, sotto un cielo di piombo, il via. Scaramucce: Luciano Ciancola scappa per poco. Dopo 17 km Nencini vola a terra, Pasqualino Fornara lo riporta dentro. Per chi crede ai presagi, questo lo è. Pioviggina. Altre scaramucce: Volpi è Primo, di nome e di fatto, fino a Roncone. E, all’uscita dal paese, ecco Magni: ”In cima passo per primo, dietro c’è solo Hugo Koblet. Gli scoppia una gomma, rimango solo”. Mario Fossati sulla Gazzetta: ”Discesa su fondo perfido. Una, due, tre strappate e se la filava Magni. Fiorenzo si scatenava per la strada in rifacimento. Il campione d’Italia bruciava 100 metri al plotone. Era un demonio. L’abbiamo ancora negli occhi: misurava le curve a centimetri”. Magni: ”Insisto, a tutta, da solo. Quando la strada si fa d’asfalto, mi giro e scorgo una maglia biancoceleste e una rosa. Coppi e Nencini. Non li aspetto. Faccio altri 4-5 km a tutta per staccare il gruppo. Quando Coppi e Nencini mi riprendono, il gruppo è staccato. Non mollo, continuo a tirare, come se fossi ancora da solo. Quando finalmente mi sposto, ho Nencini a ruota. Tiro altri 4-5 km, mi sposto, niente. Tiro altri 4-5 km e dietro Nencini fora. Ci do dentro, do tutto, do di più. Perché staccarlo era impossibile, ma recuperarmi è difficile. Facciamo 70 km, volando verso Brescia, io davanti e Coppi dietro, come un’ombra. Ma Fausto ha un problema alla ruota posteriore”. ”Un tubolare da 250 grammi che va all’inferno” borbotta Pinella De Grandi, meccanico del Campionissimo. ”Una gomma che, lentamente, sviene” aggiunge. C’è una salitella sterrata, in cima Coppi si ferma, si ferma anche Magni, cinque metri davanti, come per invogliarlo. Ripartono, insieme. Magni: ”A Brescia traguardo volante. Soldi. Mi scanso, Coppi passa, vince. Neanche una parola, come due muti. Fino a Ospitaletto, al rifornimento. Gli dico: ’Dai, Fausto, siamo a metà strada’. Non mi risponde a parole, ma a pedalate: passa e tira. Lì, in quel preciso istante che non dimenticherò mai, neanche da morto, mi dico: ’ fatta, ho vinto il Giro’”. Magni e Coppi, Coppi e Magni, Magni e Coppi, Coppi e Magni: volano. ”Il nostro vantaggio supera i 5 minuti, tocca i 6, lo amministriamo, lo gestiamo, diamo gas e lo togliamo. Intorno a noi una folla che non avevo mai visto prima e non vedrò mai più per il resto della mia vita”. Fossati sulla Gazzetta : ”Cinque file”. Magni: ”Mostrano cartelli. Da una parte c’è scritto W NENCINI, dall’altra W COPPI E MAGNI, anche W MAGNI E COPPI. A San Pellegrino, ai 500 metri, mi scanso: Fausto vince la tappa, io metto la maglia rosa”. Non è finita. Magni: ”Il giorno dopo succede la cosa più bella della mia carriera. Verso Lecco, in gruppo. Fausto, taciturno, leale, cui è sempre bastata una stretta di mano, mi dice: ’Fiorenzo, tranquillo ché non mi muovo. Ma, se fossi stato io in maglia rosa e tu secondo a 13’’ in classifica, stanotte avrei dormito male’”. Perché lo sapeva anche Coppi: Magni è sempre stato uno di quelli che ”dal niente viene il niente”» (Marco Pastonesi, ”La Gazzetta dello Sport” 20/1/2005).