Varie, 5 marzo 2002
MALDINI
MALDINI Cesare Trieste 5 febbraio 1932. Ex calciatore. Con il Milan vinse quattro scudetti (1954/55, 1956/57, 1958/59, 1961/62) e una coppa dei Campioni (1962/63). Giocò 14 partite in nazionale. Conclusa la carriera nel Torino, divenne allenatore portando il Parma in serie B e quindi vincendo i mondiali del 1982 da vice di Enzo Bearzot. Allenatore dell’Under 21, vinse tre titoli europei, divenendo tecnico della nazionale maggiore in sostituzione di Arrigo Sacchi e ottenendo la qualificazione alla fase finale dei mondiali del 1998. L’avventura sulla panchina azzurra si concluse con l’eliminazione nei quarti di finale ai calci di rigore contro la Francia che avrebbe poi vinto il titolo. Nel 2002 condusse il Paraguay agli ottavi nella fase finale dei mondiali (sconfitto dalla Germania 1-0 con un gol di Neuville negli ultimissimi minuti). Padre di Paolo • «[…] Sono stato per quasi vent’anni nello staff tecnico della Figc e mi sono trovato benissimo, stabilendo con tutti ottimi rapporti che durano ancora. L’esonero dopo il Mondiale ”98 l’ho accolto filosoficamente perché so come vanno le cose nel calcio. Certo, ci sono rimasto male, anche perché non credo di aver commesso errori particolari. Dopo tutto, siamo usciti ai rigori contro la Francia, la squadra di casa destinata a conquistare il titolo […] Il lungo viaggio di Maldini nel calcio che conta comincia nel ”53 alla Triestina, da dove l’allenatore ungherese Bela Guttmann lo porta la Milan. ”Venni pagato 58 milioni, una cifra favolosa per l’epoca. Ci fu chi gridò addirittura allo scandalo. Ero un difensore polivalente. Giocavo da terzino destro, ma anche sinistro, in seguito diventai un centrale, un po’ stopper e un po’ libero. Nel Milan debuttai subito in prima squadra e non persi più il posto. Quasi un sogno per un ragazzo di 22 anni che arrivava da Trieste, dove il traguardo era sempre la salvezza. In dodici stagioni ho attraversato diversi Milan, da quello di Liedholm e Schiaffino a quello di Altafini e Trapattoni e di Sani e Rivera. Le gioie maggiori? Il primo dei quattro scudetti e la Coppa dei campioni nel ”63. A Wembley ero il capitano e toccò a me ricevere il trofeo”. A San Siro nacque anche la singolare leggenda delle ”maldinate”, errori che Cesarone commetteva per eccesso di sicurezza. ”Mi piaceva il calcio elegante, volevo sempre giocare il pallone, evitando il più possibile di scaraventarlo in tribuna. E talvolta sbagliavo”. Raffronti con suo figlio Paolo? ”Lui è molto più bravo di quanto lo fossi io. Possiede una forza fisica esplosiva, gioca con entrambi i piedi, è un difensore completo. A testimoniarlo, del resto, ci sono le sue 121 presenze in nazionale e il quarto Mondiale che s’appresta a disputare”. Nel ”66 il commiato dal Milan, destinazione Torino. ”Mi voleva la Fiorentina, ma io accettai di seguire Rocco, uno dei due allenatori dai quali ho appreso di più sul piano tecnico e umano. L’altro è stato Bearzot, che mi ha insegnato anche a gestire i rapporti con i mass media”. Maldini gioca l’ultima partita nel ”67 e torna a Milano per entrare nei ranghi tecnici rossoneri. Dapprima la guida della Primavera, poi vice di Rocco, infine qualche contraddittoria esperienza a Foggia, Terni e Parma. Nel suo destino c’è però la nazionale. Per otto anni vice di Bearzot e per undici c.t. dell’Under 21, che conquista tre titoli europei consecutivi. ”Tutti in trasferta, due addirittura contro i padroni di casa. Una soddisfazione enorme. Ho lanciato e visto crescere i ragazzi che poi ho ritrovato nella nazionale maggiore”. C.t. azzurro lo diventa nel dicembre del ”96, allorché Sacchi abbandona all’improvviso l’incarico per rientrare al Milan. Il debutto di Cesarone è squillante: vittoria sugli inglesi a Wembley con un eurogol di Zola. Diciotto mesi più tardi il Mondiale gli è fatale e a sostituirlo viene chiamato Zoff. L’etichetta che più lo infastidisce è quella di difensivista. ”Un luogo comune, lo stesso che perseguita Trapattoni. Eppure nella Juve faceva giocare insieme Paolo Rossi, Platini e Boniek”. A indisporlo c’è pure l’imitazione televisiva che gli ha dedicato Teo Teocoli. ”All’inizio mi divertivo, poi Teo ha esagerato”. Il collega che in questo momento ammiro di più è Del Neri, che Maldini ha allenato ai tempi del Foggia. ”So di non essere originale, però il suo Chievo gioca proprio bene”. Ma il migliore mister in assoluto è Capello. ”Anche perché riesce sempre a farsi comprare i calciatori giusti”. Unico c.t. italiano su una panchina straniera al prossimo Mondiale, Maldini punta sul temperamento dei giocatori che selezionerà. ”Come tutti i sudamericani, anche i paraguaiani si trasformano allorché indossano la maglia della nazionale”. Quello nippo-coreano sarà il suo quarto Mondiale, dopo quelli attraversati come giocatore nel ”62, come ”vice” di Bearzot in Spagna e come c.t. in Francia. ”L’appuntamento con gli amici è per luglio, quando ricomincerò a pranzare all’’Assassino’”» (Mario Gherarducci, ”Corriere della Sera” 4/2/2002) • «’Sono qui per imparare”. E’ il 22 settembre 1980, il figlio spirituale del Paron che aveva elevato il catenaccio a scienza esatta, entra alla corte di Bearzot alla vigilia di Italia-Portogallo […] ”La mia è stata una buona nazionale: per diventare grande avrebbe dovuto conquistare il titolo, ma per conquistare il titolo bisognava essere grandi” […] Teo Teocoli ne farà un’imitazione-cult, mai completamente digerita: gli occhi spiritati, le due ali nere di corvo in testa, quel ”Pa-pa-olino” più divertente del solletico» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 27/2/2001).