varie, 5 marzo 2002
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MANNOIA Fiorella Roma 4 aprile 1954. Cantante • «Dopo un primo tentativo sul finire degli anni Settanta e successivi di inserirsi nel mondo della canzone con qualche disco in verità poco significativo, riappare anni più tardi al Festival di Sanremo del 1981 con Caffè nero bollente e l’incisione di E muoviti un po’
MANNOIA Fiorella Roma 4 aprile 1954. Cantante • «Dopo un primo tentativo sul finire degli anni Settanta e successivi di inserirsi nel mondo della canzone con qualche disco in verità poco significativo, riappare anni più tardi al Festival di Sanremo del 1981 con Caffè nero bollente e l’incisione di E muoviti un po’. Il suo destino professionale si lega ancora a Sanremo nel 1984, quando interpreta Come si cambia, che le permette di affermarsi definitivamente. Nello stesso anno infatti buoni riscontri di vendite sono ottenuti dalla canzone Ogni volta che vedo il mare e, nel 1985, dall’album Momento delicato (comprendente anche L’aiuola). La sua classe di interprete e le sue ottime potenzialità vocali la spingono verso un repertorio sempre più impegnativo: affronta allora autori celebrati, come Dalla, De Gregori, Cocciante, De André, delle cui canzoni propone originali e misurate versioni. La sua maturazione completa diviene manifesta in due partecipazioni al Festival di Sanremo quando interpreta nel 1987 Quello che le donne non dicono di Enrico Ruggeri e l’anno successivo con la splendida Le notti di maggio di Ivano Fossati. Riconosciuta ormai come una delle più raffinate interpreti italiane e una delle poche capaci ci conferire una cifra personale ai brani interpretati» (Augusto Pasquali, Dizionario della Musica Italiana - La Canzone, Newton&Compton 1997) • «Non è un´autrice. E ha fatto di quella la sua forza. ”All´inizio l´ho considerata una mancanza, una mutilazione”, poi per lei autori come De Gregori, Fossati e Ruggeri hanno scritto canzoni indimenticabili e la sua vita è cambiata, ”ho scoperto di avere una voce che poteva comunicare emozioni”. [...] musa prediletta dei nostri grandi cantautori [...] Carriera costruita: ”Un mattoncino alla volta. Non sono arrivata subito al successo, è stato un cammino lento durante il quale ho imparato dai miei errori a scegliere, a capire cosa volevo dire e come potevo farlo”. Una carriera iniziata nel cinema. Come controfigura e come stunt. ”So andare bene a cavallo e proprio questo mi hanno chiamato per fare la controfigura nei film. Una volta nel giro, poi mi sono ritrovata a sostituire le attrici nelle scene più movimentate. Come la Vitti nella scena dello schiaffo in Amore mio aiutami”. Il cinema però non l´ha stregata: ”Ho un solo rimpianto: di non aver capito perché ero troppo giovane, chi avevo accanto. In quegli anni ho avuto l´onore di conoscere persone come Alberto Sordi, Dino Risi, Monica Vitti, Vittorio De Sica, Claudia Cardinale, Gene Hackman. Se succedesse adesso, mi comporterei in modo diverso”. Poi, nella sua vita è arrivata pian piano la canzone: ”All´inizio non capivo molto bene quello che facevo, cantavo le canzoni che mi proponevano senza una vera e propria consapevolezza della direzione che avrei preso. La prima volta è successo con Come si cambia. Ho una voce greve e drammatica che si adatta meglio a certi testi. Ho imparato a lasciarla andare, a farle seguire le parole che avevano scritto altri. E quella è diventata la mia caratteristica”. Chissà se, in tanti anni, le è mai venuta la voglia di scrivere: ”Io non sopporto e non so cantare le banalità degli altri, non potrei certo cantare le mie banalità. Scrivere è un talento e io non ce l´ho. Essere interprete mi è più che sufficiente”. [...] A differenza di molti suoi colleghi, la Mannoia collabora spesso con altri artisti. ”Anzi, credo che sia la cosa più bella che possa capitare nel nostro lavoro”» (’la Repubblica” 23/1/2004) • «Credo di avere un pubblico mediamente colto, che segue i testi delle parole. Io riesco ad aprirmi solo quando ho dei concetti importanti da cantare [...] Non credo che ci siano temi. C’è la bravura di usare la metafora [...] Non sono composizioni strettamente politiche: sono canzoni attente alla realtà che ci circonda. [...] Ben venga: l’evasione è uno scopo nobile. [...] Diffido dei coerenti a tutti i costi. Alcuni fondamenti naturalmente restano, ma poi si cambia idea via via [...] Si cambia opinione giornalmente, mi piace ragionare con la mia testa e confrontarmi con gli altri. Sono una persona estremamente curiosa, vivo la mia vita serena di donna libera [...] Mi facevano già cantare i miei genitori. Furono loro, a 5 o 6 anni, a capire che avevo un senso ritmico e mi facevano cantare in continuazione. Io non so se avrei mai potuto fare altro”» (Alain Elkann, ”La Stampa” 24/8/2003) • «Nella canzone italiana credo di occupare un ruolo del tutto inedito; qualcuno mi pensa come una cantautrice, identifica con me quello che canto, forse per la passione di certe interpretazioni. Devo riconoscere che per un certo periodo ho vissuto questo fatto di non scrivere le canzoni come una mancanza, sentivo che si pretendeva qualcosa di più da me. Adesso invece rivendico il mio ruolo d’interprete con orgoglio. Non ci si improvvisa scrittori, non ci si improvvisa musicisti [...] Ho sempre fatto solo le cose che mi piacciono. A quelli come noi non vengono neanche più a chiedere le cose che non accetteremmo mai» (Giuseppe Videtti, ”la Repubblica” 15/4/2003) • «Ho sempre considerato Sanremo una grande possibilità di entrare nelle case in pochi minuti. Un’efficace promozione, poi la canzone va dove deve andare. Questo è il valore del Festival. [...] Per anni ho avuto un amore critico verso il piccolo schermo, ora da due anni circa non la guardo più. Proprio non mi piace niente, i programmi umiliano gli esseri umani, io mi vergogno quando la guardo. piena di casi umani, di intervistatori morbosi, di falsità. Finalmente mi sono liberata della tv, entro in casa e non mi viene in mente di accenderla. Quanto poi ai tg ormai sono una voce sola, era meglio la lottizzazione» (Maria Volpe, ”Corriere della Sera” 18/7/2003).