varie, 5 marzo 2002
MARCHINI
MARCHINI Simona Roma 19 dicembre 1941. Attrice. Comica. Conduttrice tv. Regista lirica. Prima affermazione professionale nel ”79 col varietà tv A tutto gag. Ma diventa popolare come telefonista di Renzo Arbore in Quelli della notte, 1985 (Valerio Cappelli, ”Sette” n. 16/1999) • «Il debutto di Simona Marchini avvenne a quattro anni. Suo padre Alvaro, uno dei più grossi costruttori romani, mecenate di vocazione e comunista per passione, la buttò in palcoscenico a recitare Il porco di Trilussa davanti a un pubblico di Monteverde stanco di aspettare che lo spettacolo cominciasse. E fu un trionfo. [...] ha fatto la regia di opere liriche ed è stata la telefonista del signor Arbore in Quelli della notte. Dirige la galleria d’arte la Nuova Pesa ed è rappresentante dell’Unicef. Ha cantato alla Fenice di Venezia in un’operina di Donizetti e da oltre vent’anni a Black-out, il programma radiofonico di Enrico Vaime intrattiene gli ascoltatori sui guai di una casalinga romana con velleità artistiche. Si batte con una sua associazione per appassionare i bambini delle elementari alla musica classica e, eletta alle primarie del nuovo Pd, in un quartiere non facile come il Laurentino, ha esordito con l’invito a ”fare, fare, fare” che, dice, ”sembra l’appello di un parroco di campagna” ma in quest’Italia devastata moralmente e culturalmente, le pare l’unica via d’uscita per sconfiggere vittimismo, avvilimento, stanchezza. Meno le droghe, dice, ho provato tutto. Ha conosciuto molti personaggi, più dell’arte che della politica. Crede che Veltroni sia sincero perchè l’ha visto crescere. Il primo attore visto da vicino? ’Nino Manfredi. La nostra era una famiglia aperta. Venivano a casa Zurlini, Petri, Cagli, Guttuso, Marco Ferreri. Una sera venne anche Manfredi. Faceva Canzonissima. Arrivò truccato. Chiese di andare in bagno per lavarsi la faccia ma non trovò altro che una saponetta. Venne a tavola con gli occhi rossi e gonfi che non smettevano di lacrimare. Si lamentava perchè dopo anni di Accademia e di teatro era diventato famoso per ”Fusse che fusse la vorta bbona’. Gli pareva ingiusto”. Come è diventata attrice, lei che viene da una famiglia che l’ha preparata a essere la moglie di un ricco marito? ”La prima proposta professionale l’ho avuta da Elio Petri ma avevo 16 anni e mio padre si oppose. La seconda da Marco Ferreri per La cagna con la Deneuve e Mastroianni. Avevo già una figlia e accettai: peccato che a pochi giorni dalle riprese fui investita da una auto e non se ne fece niente. La terza, quella buona, da Don Lurio conosciuto a Cortina dove mi avevano spedita per riprendermi dalla crisi del mio secondo matrimonio con il calciatore Ciccio Cordova. Don Lurio parlò di me a Romolo Siena, feci un provino, mi presero per A tutto gag dove facevo la battona del Raccordo Anulare. La mia vita cambiò. Anche perchè sei anni dopo Renzo Arbore, che aveva visto quel provino, mi chiamò per Quelli della notte. Avevo raggiunto la massima popolarità dell’epoca. Perfino Prodi chiese una raccomandazione per venire in studio a vederci da vicino”. L’è mai capitato di vergognarsi? ”Una volta. Ero stata invitata a Forum di Rita Dalla Chiesa perchè dovevo far pubblicità a un mio spettacolo. Arrivata là scoprii che dovevo fingere di aver ricevuto un torto che il giudice avrebbe poi provato a sanare. ” una balla! Non lo faccio’, dissi subito. Ma tanto insistettero che alla fine accettai e recitai la mia parte. Il giorno dopo, però, ero piena di rimorsi. Avevo ingannato il pubblico. Non ci potevo stare perciò chiamai un giornalista e spiegai quel che era successo. Chi se lo immaginava, allora, che la tv sarebbe stata invasa da programmi fasulli, storie false, lacrime a comando, amori improvvisati solo per far salire l’ascolto”. Chi sono gli uomini più fascinosi incontrati nella sua lunga vita? ”Marc Chagall. Avevo 15 anni. Mi fece una dedica su un foglio bianco sorvegliato dalla moglie che temeva mi regalasse anche un suo disegno. Giacomo De Benedetti, il mio professore di letteratura italiana alla università: mi ha aiutato con eleganza e garbo a superare quei due esami che mi mancavano dopo che avevo lasciato gli studi per sposarmi e far nascere mia figlia. Il poeta russo Andrei Vosnesiensky: fece scoprire a me a Vittoria Ottolenghi la Mosca degli artisti e da vero russo mi salutò alla partenza mettendomi al collo la sua sciarpa mentre gli occhi si riempivano di lacrime. Jerome Savary, l’uomo che ha inventato il Magic Circus: ha avuto la cortesia di dedicarmi una sua opera, La sempre bella e la piccola bestia che volli far debuttare a Todi quando dirigevo il festival”. La scena più volgare cui ha assistito? ”A Milano, fine Anni 80, gli anni dell’esplosione della tv commerciale, per me l’inizio dell’era della volgarità. Un agente di modelle ci invitò a una cena giapponese. In mezzo al tavolo, nuda e umiliata, c’era una povera ragazza ungherese col corpo coperto di sushi. Lui diceva che in Giappone era una abituidine. Per me era agghiacciante”. La delusione più grande? ”Ero amica di José Carreras. Dopo la malattia ci eravamo visti a pranzo. Mi venne in testa che sarebbe stato bello sentir cantare, in una unica serata di beneficenza per l’Unicef, lui, Domingo e Pavarotti, i massimi tenori di quegli anni. Ne parlai con Fuscagni che allora era direttore di Raiuno. Ottenemmo Caracalla. Poi arrivarono i loro agenti teatrali a trattare. Fui estromessa ma nacque l’operazione commerciale de I tre tenori che ha avuto tanta fortuna. Sembra assurdo, ma prima di tagliarmi fuori, gli agenti mi chiesero quanti soldi volessi per l’idea. Non capivano che la mia sarebbe stata tutta un’altra cosa”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 15/12/2007) • «[...] mi piaceva andare a comperare gli abiti con mia madre. Avevo molte amiche, anche di famiglie non benestanti. Capitò che una non avesse i soldi per pagarsi le tasse universitarie. Glieli diedi io: lei me li restituì dando ripetizioni. Non c’erano pregiudizi di classe, si condividevano gli ideali. Pure i vestiti. Sono stata una privilegiara. Papà aveva una galleria d’arte: ho frequentato Giulio Turcato, Sandro Penna. [...] Elio Petri mi portava al cinema di pomeriggio, con lui ho visto La dolce vita. E mi ha accompagnato a sentire Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald. [...] Né io né mia sorella eravamo troppo trasgressive, portavamo la minigonna, ma con sobrietà, e andavamo a ballare. Una volta con un gruppo di cugine andammo a sentire Peppino Di Capri. Ballai con un ragazzo che mi stringeva. Notai il suo turbamento. Ma solo dopo mi spiegarono che la pressione che sentivo contro di me non erano le chiavi di casa. [...]» (Stefania Ulivi, Luisa Pronzato, ”Sette” n. 21/2001).