Varie, 5 marzo 2002
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Maresca Enzo
• Pontecagnano (Salerno) 10 febbraio 1980. Calciatore. Col Siviglia ha vinto due volte la Coppa Uefa (2006, 2007), con la Juventus lo scudetto 2001/2002. Ha giocato anche con Bologna, Piacenza, Fiorentina, in Inghilterra col West Bromvich Albion, in Grecia con l’Olympiakos • «“Bella faccia. Da ’cagnaccio’ intelligente. Grinta ma anche cervello, fisico ma anche astuzia” [...] Scriveva così la “Gazzetta” a inizio febbraio 2000, appena fatta la conoscenza con il ragazzo allora ventenne che Moggi aveva pescato nel West Bromvich Albion, in Inghilterra. Un tipino, già allora, sveglio e dalla personalità pronunciata. Uno che, a vent’anni, aveva alle spalle ben 7 stagioni ad alto livello, stando almeno al nome delle maglie indossate. Striminzito riassunto: figlio di un pescatore di Salerno, Enzo viene notato da un osservatore del Milan quando ha solo 13 anni. Provato e preso. Enzo emigra a Milanello e ci sta un paio d’anni. Poi viene ceduto al Cagliari dove gioca in Primavera ma con frequenti “promozioni” nel gruppo di prima squadra. Si mette in luce. Gli inglesi del West Bromvich, chissà per quali strane vie, lo contattano e gli propongono un contratto vantaggioso. Enzo non ha un impegno da professionista, quindi può fare ciò che vuole. Saluta Milan e Cagliari e se ne parte per Albione (in tutti i sensi) sperando che la fama di perfidia sia un tantinello esagerata. Se ne sta due anni e in effetti si trova bene: al punto che il ’terrunciello’ italiano diventa l’idolo dei tifosi. La Juve ha mani in pasta dappertutto. E lo segue. L’idea è di portarlo a Torino a fine campionato 1999-2000 ma Moggi sente puzza di bruciato (Parma) e accelera. Il ragazzo (che nel frattempo è diventato capitano dell’Under 21 di Gentile) arriva a febbraio. L’impressione è quella che abbiamo ricordato all’inizio, ottima. A cui va aggiunto un particolare: Enzo non è un giocatore ’normale’, tutto frasi zuccherose e precotte. Quando parla, dice, non fa prender aria alle gengive. Un pregio ovunque, un difetto alla Juve. Quando gli si chiede a chi pensi di assomigliare, tira fuori i nomi di Tacchinardi e Gattuso. Senza troppa convinzione, peraltro: lui è straconvinto di assomigliare solo a se stesso. In A, quell’anno, gioca una volta sola, tanto per dire “ ho esordito” (12 marzo 2000, Piacenza-Juve). In allenamento si fa notare ma è irrimediabilmente chiuso. Finisce per terminare la stagione e accettare, l’anno successivo (ad ottobre) il prestito al Bologna. Dove, guarda caso, mette assieme la bellezza di 23 partite. Nel 2001-02 alla Juve torna Lippi e torna pure Maresca. Non è sempre una convivenza facile, tra due caratteri forti. In un’occasione, filtra che lo spogliatoio assista ad uno “scambio di vedute” al calor bianco. Probabile, quasi sicuro. La popolarità di Enzo tra i tifosi della Juve ha un’impennata brutale il 24 febbraio 2002. Si gioca il derby e la Juve dopo aver incredibilmente pareggiato quello di andata (3- 3, dopo essere stata in vantaggio per 3 a 0...) si trova sotto per 2 a1, quando alla fine mancano pochi secondi. Maresca, mandato in campo a un quarto d’ora dal termine, si inventa un colpo di testa che vale il pareggio. Poi, in un raptus strafottente e goliardico, si mette le dita in testa a mo’ di corna e va a prendere per i fondelli la Maratona. Finimondo assicurato, con Enzo rincorso da tutti i granata possibili e immaginabili dentro il tunnel e pure oltre... Da quel momento, Maresca entra nel cuore dei bianconeri e potrebbe vivere di rendita per il resto dei suoi giorni se la dirigenza (e Lippi, notoriamente permaloso) non lo spedissero a calar le ali in quel di Piacenza. Siamo al 2002/2003: ottimo per Enzo, a livello individuale, nefasto per il Piacenza che finisce in B. La Juve se lo riporta a casa e siamo ai giorni nostri. In un precampionato sempre sotto la luce dei riflettori, Maresca si mette in mostra. Contro la Reggina, Lippi gli chiede di giocare esterno di centrocampo, a sinistra, con licenza di svariare al centro. Un po’ Davids, un po’ Nedved. Enzo, chesi considera più incontrista che incursore, accetta la sfida con qualche titubanza: che gli passa presto però, anche perché prima stampa il pallonesulla traversa, poi si esibisce in una serpentina alla Garrinchacontre avversari per le terre e pallone in rete. [...] Non è né Nedved né Davids, ma può fare l’uno e l’altro. Nonché il Tacchinardi, nel senso di centrale classico in un centrocampo a quattro. Il carattere? Grazie al cielo non è cambiato. E Dio sa se il calcio italiano (e juventino in particolare) ha bisogno di ragazzi di carattere...» (Paolo Forcolin, “La Gazzetta dello Sport” 14/8/2003). «Silvio Berlusconi è finito sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per averle fatte al ministro degli Esteri spagnolo Josep Piqué nella foto ricordo del vertice di Caceres. Enzo Maresca, più modestamente, è diventato l’idolo dei tifosi juventini per averle esibite in mezzo al campo dopo il gol del pareggio nel derby di Torino. [...] Ha scelto il modo più spettacolare per mettersi in evidenza. Ha realizzato un gol importante per almeno quattro ragioni: era il suo primo in serie A; era uno splendido colpo di testa dal limite dell’area; lo ha segnato a una manciata di minuti al fischio finale; lo ha segnato in un derby. Eppure passerà alla storia delle stracittadine torinesi per quella corsa a tutto campo con le dita a mo’ di corna, irridente citazione di quanto aveva fatto 25 minuti prima Ferrante. La curva granata non ha gradito, i giocatori del Toro neppure. Lui questo già lo sapeva, visto che non si è fermato a chiedere agli avversari che cosa ne pensassero del suo show ma ha preferito darsela a gambe verso la quiete degli spogliatoi. Hanno gradito invece i tifosi della Juve. [...] Pare non abbia mai dichiarato “ho fatto il toro perché non sapevo come fa la zebra”, ma ai tifosi bianconeri piace pensare che abbia detto proprio così» (“Corriere della Sera”, 26/2/2002).