Varie, 5 marzo 2002
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Savoia MariaJose
• Ostenda (Belgio) 4 agosto 1906, Ginevra (Svizzera) 27 gennaio 2001. Figlia del re Alberto e della regina Elisabetta del Belgio. Il padre aveva non celate simpatie socialiste, la madre era interessata a ogni tendenza dell’arte. Sposò il principe Umberto I di Savoia perché le famiglie volevano rinsaldare i legami tra i due paesi (8 gennaio 1930). Il matrimonio entrò subito in crisi: il principe, distaccato e critico, non ne apprezzava gli entusiasmi. «La coppia si prestava alla favola dei Principi Azzurri. Accanto a lui, giovane e bello, lei appariva – ed era – radiosa. Ma lo rimase per poco. Mai coppia fu, sul piano sentimentale, peggio assortita […] Vestiva malissimo, fino a dare quasi l’impressione di una certa sciatteria, che tuttavia non riusciva ad appannare la sua regalità. Era bella – gli occhi soprattutto, color piombo fuso, finché il glaucoma non glieli rese di cenere -, ma non faceva nulla per apparirlo di più. Amava la vita semplice di montagna, come suo padre Alberto, che morì durante una scalata» (Indro Montanelli). Quattro figli: Maria Pia (1934), Vittorio Emanuele (1937), Maria Gabriella (1940), Maria Beatrice (8 settembre 1943, giorno in cui la famiglia reale abbandona Roma). Dopo l’esilio (1947) visse separata dal marito: lui a Cascais (Portogallo), lei a Merlinge (Svizzera). «Mi sono innamorata dell’Italia molto prima di sapere che sarei diventata la principessa di Savoia. Sono italiana in tutti i sensi». Più grande rimpianto: «Non aver partecipato direttamente alla guerra partigiana». «E’ stata una Wittelsbach per parte di madre. Cioè è appartenuta a una dinastia di gente stramba e geniale, che annovera personaggi come il folle re Ludwig di Baviera e la splendida, irresponsabile imperatrice Elisabetta d’Austria, l’infelice Sissi, moglie contestatrice di Francesco Giuseppe. Una parte di quegli estri era passata in lei, donna spesso stravagante, sognatrice, ma come tutti i Wittlesbach dotata di talento, colta, appassionata del nuoto e avida di conoscere il mondo (si ricordino i suoi viaggi con l’anziana madre Elisabetta, anni orsono nella Mosca di Kruscev e nella Cina di Mao). Non c’è stato il cosiddetto patetico tramonto. Non aveva problemi economici: apparteneva ad una monarchia tra le più ricche del mondo. Si era ritirata in una comoda villa a Merlinge, presso Ginevra, scelta perché le piaceva soprattutto la grande cucina, anche se non sapeva cuocere un uovo […] Fumava sessanta sigarette al giorno e, quando ne aveva voglia, beveva un bicchiere di whisky. Quando andava in collera bisognava chiudere le finestre» (Silvio Bertoldi, ”Corriere della Sera” 27/1/2001). «E’ uno dei pochi personaggi della nostra storia recente intorno ai quali si sia coagulato un consenso molto diffuso. Appartiene al fronte degli sconfitti, il suo mondo è crollato, ma lei ne è uscita in qualche modo vincente, ha trovato nelle proprie radici culturali e nelle idee politiche che ha manifestato l’occasione di riscatto […] E’ una figura drammatica e seria. In quel periodo fra gli anni Trenta e Quaranta spicca per le scelte politiche autonome, nonostante gli immaginabili condizionamenti che la carica le impone […] In un primo tempo stringe relazioni con quella parte del mondo aristocratico romano avverso al fascismo. La contessa Giuliana Benzoni, ad esempio […] Lei era contraria all’alleanza con la Germania. E vive con angoscia l’ingresso dell’Italia nel conflitto. I suoi referenti nell’antifascismo sono, direttamente o indirettamente, Benedetto Croce e i crociani […] Una figura decisiva è quella di Raffaele Mattioli. Insieme a Mattioli troviamo Ivanoe Bonomi, Alessandro Casati e il conte Sforza […] Non risulta che Mussolini manifesti per lei ostilità. Né Mussolini né il partito fascista. D’altronde sia la durante la guerra in Africa che nel conflitto mondiale, la condotta ”patriottica” di Maria José è ineccepibile. Si reca al fronte, sostiene l’opera delle crocerossine. La vera fonte di contraddizioni e di soffferenza è dentro casa Savoia, nei rapporti sfilacciati con il marito. Molti settori della nobiltà la detestano. La ritengono un corpo estraneo. Nei salotti si spettegola. Viene censurato il suo atteggiarsi, il modo spigliato di vestirsi. E soprattutto desta irritazione il suo retroterra culturale, troppo progressista per quelle famiglie aristocratiche» (Lucio Villari a Francesco Erbani sulla ”Repubblica” del 28/1/2001). «Non votò al referendum delle 1946 e alle politiche scelse Saragat. ”Nacque da lì – racconterà più tardi - la mia fama di marxista, mentre la mia sola ideologia è sempre stata la libertà, l’assenza di pregiudizio”. Partì per l’esilio tre giorni dopo, all’alba del 5 giugno, da Napoli, a bordo dell’incrociatore ”Duca degli Abruzzi” lasciando un trono che non aveva amato. ”La cosa che più mi addolorò fu andare via come una fuggiasca, senza avere il tempo di prepararmi” […] Da esule si immerse nella ricerca storica realizzando varie biografie sui fondatori di casa Savoia […] Viaggiò molto: nel 1961 fu ricevuta da Mao, il che le valse la reputazione di ”regina comunista”. Rivide l’Italia solo nel 1988, dopo che, per l’interessamento di Pertini, un provvedimento del Consiglio di Stato le consentì di rimetterci piede. Disse che le sarebbe piaciuto vivere in Italia, ma se ne guardò bene» (Laura Laurenzi, ”la Repubblica” 28/1/2001).