5 marzo 2002
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Martel Lucrecia
• . Nata a Salta (Argentina) il 14 dicembre 1966. Regista. Cresciuta in una numerosa famiglia cattolica, seconda di sette fratelli. Orso d’oro a Berlino per la miglior opera prima col film La cienaga. «Quelli della mia età erano ancora bambini durante la dittatura. La generazione precedente era molto politicizzata mentre noi abbiamo guardato alla politica con sospetto. il regalo che la dittatura argentina ci ha fatto [...] Io non sono una vera professionista del cinema, sono piuttosto una persona che vuole comunicare» (’la Repubblica”, 25/6/2001). «Nasconde dietro una serenità quasi monacale, la forza delle passioni che guidano il suo cinema. [...] ”Le storie che preferisco sono quelle che descrivono gli esseri umani alle prese con le barriere dei divieti e delle costrizioni. Il cuore del racconto, sia nella Cienaga che nella Niña santa, sta nel contrasto tra il corpo e la morale [...] Mi interessa la religione cattolica perché è la mia religione, quella con cui sono cresciuta, e perché educa a un sistema di pensiero che contiene la certezza del senso delle cose, del senso dell’esistenza”» (’La Stampa” 15/6/2004). «Anima, voce e volto dell’entusiasta e ardita nouvelle vague argentina [...] autrice di un’opera prima sorprendente come La Cìenaga [...]» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 3/12/2004). «Il rapporto con la scrittura per me è qualcosa di intimo, devo ”sentire” quasi fisicamente le persone di cui parlo, non saprei scrivere di cose che non ho conosciuto nella mia vita, anche se non significa che i miei film siano autobiografici [...] da adolescente ho avuto un’educazione cattolica rigorosa, mi è rimasto l’aspetto negativo di una morale imposta, repressiva, di un immaginario in cui i santi sono persone mortificate, costrette al dolore e alla sofferenza. L’aspetto positivo è il rapporto diretto con Dio, che può essere gioioso, esaltante, anche anarchico perché il rispetto di Dio non implica necessariamente il rispetto delle regole e del potere temporale. Ma la repressione che scatena la morbosità delle fantasie ”proibite” non appartiene solo al cattolicesimo, c’è anche nella cultura anglosassone e puritana [...] Non mi identifico con lo schema del racconto classico che prevede un inizio e una fine precisi, il mio sogno è condurre gli spettatori nel mio stesso processo di pensiero, sta a loro, attraverso le emozioni del film, decidere il bene e il male dei personaggi» (m. p. f., ”la Repubblica” 6/12/2004).