varie, 5 marzo 2002
MARTINES
MARTINES Alessandra Roma 19 settembre 1963. Ballerina. Attrice. Comincia la carriera artistica come ballerina classica. Nell’86 Pippo Baudo la chiama insieme con Lorella Cuccarini per Fantastico 7 dove balla fantasie su musiche da film. E la tv, nel ”91, le offre l’occasione per un nuovo debutto, come attrice nel film seriale Fantaghirò. in questo periodo che conosce Claude Lelouch, che la chiama per L’amante del tuo amante è la mia amante (1993). Da quel momento i due diventano inseparabili. E nonostante lui abbia vent’anni più di lei, nel ”95 decidono di sposarsi. Il legame con Lelouch, regista amatissimo del cinema francese, e il fatto di vivere a Parigi, aprono ad Alessandra Martines le porte del cinema d’oltralpe. Come musa prediletta del marito gira I miserabili, Uomini e donne: istruzioni per l’uso , Per caso o per azzardo, Una per tutte e il recente And now... Ladies and Gentlemen. Dall’Italia per ora una sola proposta importante: Gabriele Salvatores la vuole per Amnesia (’Corriere della Sera” 19/8/2003) • «Il pubblico italiano se la ricorda ancora nello stravagante costume di Fantaghirò. Ma da allora è molto cambiata: da ragazza sbarazzina è diventata donna, moglie (del regista francese Claude Lelouch), mamma, narratrice (ha scritto un libro di favole dedicato a sua figlia) e ambasciatrice dell’Unicef. Vive e lavora in Francia [...]» (Emilia Costantini, ”Corriere della Sera” 4/2/2004) • «Sarà perché fin da piccola è andata all’estero dietro i genitori. Sarà perché vive in Francia accanto a un marito importante come Lelouch. Sarà perché ha fatto la ballerina classica e lo sfizio di fare una cosa massimamente impegnativa se l’è levato da ragazza, certo è che Alessandra Martines ha la libertà mentale di fare quello che l’interessa, senza star troppo a guardare se è per il cinema o per la televisione, se si tratta di presentare la Mostra di Venezia o una serata televisiva di moda e sport. "Certe fisime non le capisco. Se trovo un bel copione che mi permette di recitare un personaggio con un suo sviluppo drammatico, non sto a guardare se è per il cinema o per la tv: lo faccio perché è meglio una buona tv che una schifezza di cinema. Arricciare il naso davanti alla fiction è uno snobismo idiot. [...] Vivo da sola da quando avevo quindici anni e da quando ho sposato Lelouch la mia casa è a Parigi. Ammetto, però, che Roma, a volte, mi manca. Adesso ci vengo spesso"» ("La Stampa" 7/7/2004) • «Ghiaccio bollente. Algida, ma in realtà passionale [...] vive su un palcoscenico grandioso come Parigi da quando aveva 5 anni. Sotto i riflettori della danza prima, del cinema poi. Ma anche dietro le quinte. C’era un tempo in cui si considerava un’emigrante... ”A volte lo penso ancora... Ricordo benissimo quanto detestassi la Francia: non capivo la lingua, non conoscevo nessuno. Per fortuna i miei genitori mi iscrissero alla scuola italiana. C’era di tutto e di più, una sorta di mélange social-culturale precursore della globalizzazione, dove però non ho perduto le mie radici [...] A 10 anni prendo una cotta pazzesca per mio cugino che ne ha 16 ed è bellissimo, e pensando al futuro - prima o poi sarei cresciuta, no? - mi dispero e chiedo a mia madre: ”spiegami perché tra consanguinei non ci si può sposare’. L’altro colpo di fulmine è la danza, sento che mi ammalerò se non potrò ballare. L’Opera di Parigi mi sceglie e così entro in convento [...] Il balletto è spiritualità e disciplina. Se hai il fuoco sacro, e io bruciavo, sopporti tutto, impari a mascherare la sofferenza con l’impermeabilità. Ho 12 anni quando, stando sulle punte, le vesciche sui talloni sanguinano. Io continuo a sorridere, muta. Anche quando l’insegnante non mi dice brava per lo stoicismo, ma mi chiede di spostarmi perché sto sporcando il pavimento. La sera, a casa, il medico di famiglia pensa che siamo una famiglia di pazzi perché le ferite stanno per arrivare alle ossa. Il dolore fa parte del gioco - il talento, come la vita, è un dono - io l’ho capisto presto, ma non tornerei indietro”. Il cinema quindi è una passeggiata. ”Assolutamente no, tremo prima di ogni ciak. La differenza è che con la danza non si può barare. Se una scena viene male si rifà, in palcoscenico non esiste una seconda possibilità [...] a 15 anni, quando vado a Zurigo con la compagnia di Balanchine. L’estasi mentre danzo, il resto solo buio. Capirai, di tedesco non capisco un’acca, la compagnia è americana e io conosco solo l’inglese scolastico. Così mi ritrovo sola come un cane, in un appartamento minimo, a studiare per il diploma. Insomma, niente amici, né compagni di avventura né risate. Non a caso i coreografi mi scelgono solo per eroine tragiche come Fedra, Carmen... [...] Una volta, al New York City Ballet, sulle note di Bach piansi di emozione mentre ero in scena. Adesso piango per altro. Ma non è detto che l’emozione sia meno forte”» (Micaela Urbano, ”Il Messaggero” 20/3/2006).