Varie, 5 marzo 2002
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Biografia di Marta Marzotto
MARZOTTO Marta (Vacondio) Albinea (Reggio Emilia) 24 febbraio 1931 • «[...] travolgente regina dei salotti quando era la bionda moglie dell’industriale Umberto Marzotto, madre di sei figli e amante senza infigimenti (la loro liason durò ventanni) di uno dei più grandi artisti del Novecento italiano, Renato Guttuso. [...] Ferita al cuore dalla tragica morte di una figlia, divorziata da Marzotto (lui si è risposato con una signora meno appariscente, lei è single) [...] una donna pasticciona quanto ingenua e generosa. [...]» (Chiara Beria di Argentine, ”La Stampa” 27/2/2006) • «[...] La mia prima emozione amorosa. Il mio primo innamoramento. Al mio paese, ad Albinea, in Emilia. Ricordo le scenate che facevo: piangevo, graffiavo… Per gelosia. Ero innamorata persa, a quattro anni, di un sagrestano alto bello e biondo, fidanzato con mia cugina. Poi lui mi prendeva in braccio, per consolarmi, mi faceva ballare e io mi calmavo, andavo in estasi. [...] ho suscitato più gelosie di quanto sia stata gelosa io.E certamente sono stata più amata di quanto io non sia riuscita ad amare io. [...] io, in vita mia, ho avuto solo tre uomini. E tutti lo sanno: Marzotto, Guttuso e Magri. [...] La verità è che io sono sempre stata molto difficile, in amore. Timida e difficile. [...] Io ero una ragazza povera, poverissima. Ed ero tesa a conquistare il mio posto al sole. Una ragazza non stupida, ai miei tempi, per prima cosa difendeva, come si diceva, la sua virtù. Per di più… [...] Ero, come tante, molto seria. Ma, per di più, a parte l’educazione, io non sono mai stata incline alle espansività… Ad esempio, non mi è mai piaciuto baciare. Baciare è un atto di definitiva intimità. Baciare bocca sulla bocca, con la lingua: è una cosa importante. Senza amore, la sola idea della lingua mi ha sempre fatto schifo. I baci sono un traguardo molto intimo. Certo i baci sono importanti dovunque: sul collo, sul seno, sulla nuca… Ma un bacio in bocca è un punto di arrivo. [...] La semplice verità è che, per me, non può esistere un atto sessuale senza sentimento. Impensabili atti sessuali senza il cervello, la mente, le fantasie. [...] Umberto Marzotto era il principe azzurro. Io, a quindici anni, già facevo sfilate ed ero molto corteggiata. Allora non si parlava di top model, ci chiamavano mannequin volanti. Ero alta, lunga, forse la ragazza più alta di Pavia… La moda francese si imponeva. Da noi cominciavano a delinearsi nomi che poi sarebbero diventati famosi: Biki, Germana Marucelli, Jole Veneziani a Milano, a Roma Schubert, Giorgini, Irene Galitzine. Ero poverissima, la povertà particolare del primo dopoguerra. Pensa: una volta qualcuno ci regalò un chilo di pane e io, mia mamma e mia sorella lo mangiammo, lo sbranammo in cinque minuti, fino a sentirci male. Abitavo a Mortara, per andare a scuola e poi per lavorare viaggiavo in littorina – così si chiamava – in terza classe. Umberto arrivò come l’angelo salvatore: aveva tutto quello che una ragazza può sognare, biondo, occhi azzurri, intelligente, colto, sportivo. Un nobile. E correva in auto [...] ero sinceramente innamorata. [...] cercavo il mio posto al sole: non sapevo bene cosa volevo dalla vita, ma questo traguardo mi era chiaro. Uscire dalla mia condizione sociale, la condizione dei paria. E tuttavia di Umberto Marzotto mi innamorai: abbiamo fatto cinque figli insieme. [...] se avessi voluto il patrimonio dei Marzotto, un figlio solo sarebbe bastato, o no? [...] Ci sposammo nel ”54. Ma, prima, lui mi fece fare viaggi bellissimi. Ricordo il primo, stupendo, a Cortina, un altro sul Nilo, su una barca che si chiamava Enotria. [...] Ero gratificata, stavo bene, senza pensieri. Soffrivo di gelosie, ma cercavo di perdonare, ero complice. Lui aveva grande classe, era tenero… Con lui scoprii il vero sesso. Ed ero entrata in un mondo dorato. [...] la mia, all’origine, era una famiglia di mezzadri. Il papà, un manovale delle ferrovie, che verificava e controllava i bulloni lungo i binari. La mamma, un’operaia, alla Marzotto. [...] Umberto era un uomo tenerissimo. Ma mi mollava. Era molto generoso, ma quando ero incinta e poi nasceva uno dei nostri figli, io restavo ad allattare, a casa, e lui partiva, a Cortina, a caccia a Dubrovnik… Fino al giorno in cui scoprii un suo tradimento, con una delle mie migliori amiche. Fu un trauma. [...] Guttuso lo conobbi l’anno in cui nacque il mio primo figlio, Vittorio. Fu l’anno in cui Guttuso vinse il premio Marzotto: a una cena in casa di Rolly Marchi, che si occupava di vendere i suoi quadri. Eravamo seduti spalla a spalla. Vidi un quadro bellissimo ed esclamai: io questo lo voglio! E una voce bellissima alle mie spalle: daglielo, Rolly. Chissà, forse era un regalo. Ma Rolly me lo fece pagare. Com’era giusto. [...] Passò tanto tempo. Tanti anni. Un giorno in cui Graziella Lonardi mi obbligò a telefonargli: voleva che glielo presentassi, per acquistare un suo quadro, in realtà, credo, per conoscerlo. Ma, prima, ricordo un emozionante incontro con Valerio Zurlini: una mezz’ora di magia, di conversazione brillante, effervescente. Poi scese la moglie, Mimise… Una doccia fredda. All’improvviso i due uomini cambiarono: due mummie. Uscendo, Valerio mi disse una cosa profetica: Mimise, disse, non mi perdonerà mai di averti portato qui. Dopo una settimana, ero a Cortina, lui mi fece avere il suo primo regalo: il ritratto della mia faccia, con i soli lineamenti. [...] Scendo a Roma in vacanza, ospite dei genitori di Sandra Carraro. E Graziella mi obbliga a telefonargli. Risponde il fedele Rocco, voce da scimmia, pescatore di Scilla: il maestro non c’è. E io ero contenta, avevo provato a fare questa cortesia alla mia amica, e la cosa era finita lì. Invece passano trenta secondi e squilla il telefono. Contessa… Maestro… Non mi chiami maestro… E lei non mi chiami contessa…! [...] Mi diede il primo bacio, quando lasciammo la casa. All’improvviso, sulla bocca. Mentre Graziella era lontana. Non ricordo se lo restituii. Ero emozionatissima. [...] Era un uomo da corteggiamento all’antica. Mi scrisse subito decine di lettere fermo posta, ad Orbetello. Con frasi irresistibili: nuvola bionda, dove sei? Negli anni, poi, mi scrisse migliaia di lettere. Scriveva tutto di sé. Descriveva minuziosamente i suoi stati d’animo. Gelosie, arrabbiature, desideri… Dopo aver fatto l’amore, un’ora dopo soltanto, ricevevo lettere in cui ripercorreva il nostro rapporto, nei particolari. Io mi turbavo e mi stupivo. Mi veniva la pelle d’oca. Sono io, davvero, ad aver fatto tutte quelle cose lì? E dopo una settimana, se rileggevo, tutto mi sembrava ridicolo. Voglio dire che l’intimità è un mistero, inavvicinabile da noi stessi, i protagonisti. Quanto ho pianto, quando alcune di queste lettere, dopo la sua morte, furono pubblicate da un settimanale, proposte brutalmente alla curiosità della gente. [...] Umberto mi aveva sedotto con il suo fascino. E per il fisico. Di Renato mi innamorai per la mente: era un incantatore di serpenti, pieno di erotismo, al limite con i confini della pornografia, ma ricco di sottigliezze, di sfumature…A volte c’era imbarazzo. [...] la passione che Guttuso mostrava per me mi rendeva pazza di gioia, ero delirante. [...] La prima casa ci fu prestata dal suo gallerista Romeo Toninelli, in piazza di Spagna. Una casa straordinaria: un grande letto in mezzo a un museo moderno, Chagall, Picasso… Esplose subito una passione mai serena, due pugnali che si massacrano, due pugili su un ring fino a quando uno non si arrende, stremato… [...] Senza passione non si vive, però se la passione non finisce in fretta non puoi vivere con 42 di febbre: è distruttiva, fa male [...] Guttuso era onirico, inseguiva sogni e incubi. Non dipingeva se non sentiva la mia voce. Mi faceva sentire dovunque e comunque con lui. [...] Mi chiedeva cose curiose, se ero lontana: voleva dipingere fiori e io gli spedivo i cataloghi di Sgaravatti, e si ispirava così. Poi, nei quadri pieni di gente, come quello per i funerali di Togliatti, mi metteva dovunque: irriconoscibile per chiunque, ma io e lui sapevamo dov’ero. [...] Cuore e cervello, questo era il sesso con Renato. Per lui la passione non finì mai. Forse perché non poteva avermi. Gli sarebbe piaciuto vivere almeno qualche settimana con me, invece al massimo avemmo la possibilità di stare insieme, di seguito, due giorni, durante un viaggio a Mosca. [...] tutti sapevano. Nelle mie storie, anche quando arrivò Magri, tutti sapevano tutto. Non c’erano slealtà. [...] Io amo sedurre, piacere. una mia identità, forse per insicurezza. [...] Prendo un taxi e voglio piacere al tassista. E così con tutti. Ma tutto si ferma lì. Coriandoli. Fiori che non colsi. [...] Ero bella, giovane, corteggiata… Mi piaceva piacere, ma sapevo resistere. Dice bene Busi: Marta di professione è Marta, cioè fa la simpatica, ha voglia di piacerti. [...] una volta Adele Cambria e Dario Bellezza mi portarono in un covo di femministe. Ostili. Mi aggrediscono perché io faccio questo e quello e sono scandalosa, e quest’altro, e quest’altro ancora… Poi prendo la parola e dico: insomma, che volete da me? Forse sono un’allumeuse. Ma in fondo ho avuto tre uomini nella mia vita e li ho amati tantissimo, cosa c’è di male? [...] Silenzio improvviso in sala, poi una di loro, simpatica, dice: tre soltanto in una vita? Ne ho avuti più io in una settimana! Risate. Urla. E il ghiaccio si ruppe. [...] Renato mi scrisse una lunghissima poesiola, che cominciava con: ”Ave Martina, madre di Dia…’ e finiva con ”ma liberaci dal Magri e così sia’. [...] Un formidabile rivoluzionario da salotto, Magri. Guai se per il gigot d’agneau non c’erano il purè di mele e la salsa di menta: non ci si poteva sedere a tavola. O se i chicchi di caviale non erano g-g-g… grossi grani grigi. [...] Fu di un’abilità diabolica, nell’accendermi. Chissà, psicologicamente, la castellana voleva prevalere sulla Castellina. Penso che lui sia stato fedele soltanto a Luciana. Per il resto, si sentiva in dovere di andare a letto con chiunque. [...] Bello, intelligentissimo e infelice. Forse perché ce l’aveva con il mondo: rimproverava al mondo intero il suo sogno di essere a fianco di Che Guevara. Impossibile fargli capire, per quanto mi riguarda, che non era colpa mia. [...] Dieci anni. Dormivamo abbracciati, quasi senza respirare. Voleva un figlio da me. Ma non potevo accontentarlo.. Lui in fondo amava solo se stesso, il resto era tutta una posa plastica. [...] Il fascino di Umberto. La fantasia di Renato. La stronzaggine di Magri. [...] Ci conoscemmo a casa di Eugenio Scalfari, il giorno in cui nacque la Repubblica, il 14 luglio 1976. [...] Dopo lo scandalo e il chiasso successivo alla morte di Guttuso, lui si impaurì. [...] mi propose di vederci di nascosto: dopo dieci anni! [...]» (Cesare Lanza, ”Sette” n. 31/2001).