Varie, 5 marzo 2002
MASERA Rainer
MASERA Rainer Como 6 maggio 1944. Banchiere. Dal 2007 managing director e chairman del Gruppo istituzioni finanziarie per l`Italia dell’americana Lehman Brothers, (una delle più antiche banche d’investimento del mondo, fondata a New York nel 1850). Ha iniziato ad occuparsi di istituzioni finanziarie nel 1971, anno in cui è entrato a far parte della Banca per i Regolamenti Internazionali di Basilea. Nel 1975 è poi approdato in Banca d’Italia, di cui è diventato il più giovane direttore centrale. Sino ad approdare all’incarico di ministro del Bilancio e della Programmazione economica del governo Dini dal 1995 al 1996. Dal 1988 al 1998 ha ricoperto il ruolo di direttore generale dell’Istituto Mobiliare Italiano e, in occasione della fusione tra l’istituto bancario San Paolo di Torino e l’Imi, è stato nominato Amministratore Delegato della nuova banca, di cui ha assunto la Presidenza tra il 2001 e il 2004. L’incarico a cui è stato chiamato più di recente è la presidenza di Rete Ferroviaria Italiana ed ha lavorato come senior international advisor e senior director di Mercer Oliver Wyman • «L’università di Cambridge, la Bankitalia, la Banca dei Regolamenti internazionali, l’Unione europea quando si chiamava ancora Cee, la Luiss e anche il gruppo Bildelberg, l’associazione transnazionale che dal 1954 ha visto tra gli iscritti i veri potenti della Terra. Rainer Stefano Masera è uomo di grandi relazioni prima internazionali e poi italiane. Stimato e anche temuto per le sue grandi capacità di muoversi nelle acque spesso agitate del mondo creditizio italiano. Capace di vincere battaglie dure contro ossi altrettanto duri. Come quando è riuscito a scalzare Luigi Arcuti dalla presidenza del Sanpaolo Imi nell’aprile del 2000, alla fine di un rapporto fatto di forti contrasti, nati fin dai tempi dell’Istituto Mobiliare Italiano. Dalla sua ha sempre potuto contare su una preparazione tecnica e culturale di primissimo livello. Da studente neolaureato in Statistica è stato allievo del premio Nobel Kohn Hicks. Da banchiere, ormai fatto e finito, ha guidato il Servizio Studi della Banca d’Italia. Banchiere a tutto tondo, studioso e professore di economia ha sconfinato dalla galassia del credito una sola volta. Nel gennaio del 1995, quando il suo amico Lamberto Dini lo chiamò alla guida del ministero del Bilancio. Ma lo sfuggente e scostante mondo della politica non riuscì a conquistarlo. Solo un anno. Giusto il tempo di dare un grosso contributo alla riforma delle pensioni e di mettere a punto una finanziaria fatta soprattutto sulla speranza degli incassi dalle privatizzazioni. Un ministro a tempo, si disse fin dal giorno del giuramento di fronte al presidente Scalfaro. E infatti preferì tornare alla non certo comoda poltrona di direttore generale dell’Imi. A quei tempi la banca romana era in piena turbolenza, finanziaria e politica, dopo aver portato a termine, con un ruolo di primo piano, il secondo aumento di capitale della Mediaset di Silvio Berlusconi, appena ribaltato proprio da Dini. Sotto il suo controllo Imi raggiunse livelli di efficienza operativa e di redditività di assoluta eccellenza rispetto al panorama bancario italiano sviluppando anche nuovi servizi finanziari. Sostenitore ferreo di incorporazioni e acquisizioni. Non a caso si è spesso avvalso delle consulenze della McKinsey. È stato la vera mente delle nozze con il Sanpaolo. Di fatto un gradino sotto Arcuti ma decisivo fino alla chiusura dell’operazione. E la crescita del perimetro societario è stata una strategia sviluppata anche a Torino dove ha guidato lo shopping lungo tutto lo Stivale, dal Nord est di Cardine fino dal Mezzogiorno del Banconapoli che ha fatto del Sanpaolo Imi la terza banca Italiana. Commentatori e addetti ai lavori gli hanno sempre riconosciuto una particolare abilità nell’introduzione di efficienti e sofisticati sistemi di monitoraggio del rischio unita a una quasi maniacale attenzione per la qualità del credito e l’ottimizzazione del consumo del capitale. In teoria, come dimostrano un nutrito numero di recenti pubblicazioni sulla gestione del rischio e sull’importanza dei rating interni. E anche nei fatti. Basti pensare che la redditività del Sanpaolo, con Masera amministratore delegato, è passata dal 4,7% del 1997 al 20% del 2000 […]» (Federico Monga, “La Stampa” 21/2/2004).