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 2002  marzo 05 Martedì calendario

MASTANDREA

MASTANDREA Valerio Roma 14 febbraio 1972. Attore. Ex Rugantino a teatro, «uno dei volti migliori del giovane cinema italiano» (Maurizio Porro). «Esigente ed esclusivo, lui che è nato nel salotto di Costanzo è considerato ”non televisivo” ma al contempo permangono resistenze opposte. Troppo o non abbastanza popolare. ”Ho uno sguardo molto critico su me stesso e ho preso le distanze dal personaggio unico che ho vestito troppe volte. Ma spesso la mia richiesta di crescere non è ricambiata dall’offerta. Devo molto a Daniele Vicari e a Velocità massima. Non ero il solito romano di periferia”. Modello Sordi, il romano che sembra buono ma buono non è? ”Le sceneggiature di Sordi sono bibbie per il mio mestiere. Nella Grande Guerra c’è il romano più bello mai visto al cinema [...] più vado avanti e più capisco perché faccio questo lavoro. Un lavoro di studio continuo, e non mi riferisco alla dizione anche se dovrei curarla di più, ma alle persone, alla società, alla cultura del paese [...] Liceo scientifico e università, lingue, mi sono fermato dopo due anni. A 19 anni ho scritto a Maurizio Costanzo, volevo andare a raccontare i fatti miei. M’hanno chiamato. Un’esperienza che non rinnego, ho toccato con mano le potenzialità televisive. Un passaggio utile a farmi allontanare da quel periodo della vita mia ragionandoci. Avevo fatto il botto, mi sono messo paura, attacchi di panico. Da lì ho cominciato a scrivere e a recitare questo testo al teatro Argot di Roma. Era il ”93. Però più vado avanti e più cerco di non andarci in tv, più cresco e più mi spaventa. Vado ai programmi di Paola Cortellesi. Mai più a parlare di me. L’ho fatto da pischello, avevo meno filtri in testa [...] Devo poter dire le cose che voglio dire. il meccanismo intoccabile che mi tiene lontano dalla fiction [...] Su di me non è mai stata fatta un´operazione di marketing, e io non mi so vendere. Ma non è che se non lavoro mi ammazzo, in fondo non sono per niente preoccupato”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 21/8/2004). «Fare cinema è sempre più difficile. Ogni volta che mi dicono: hai girato 23 film, io rispondo che no, sono stati sei o sette. Il resto erano particine. Quando t’accolli un film lo fai con tutto te stesso. Come Domani della Archibugi o Velocità massima di Daniele Vicari […] Sono monicelliano. Mi sento uno de La grande guerra o dei Soliti ignoti. Moretti mi piace molto, Muccino non è nel mio stile e io, probabilmente, non sono nel suo. […] Il mio è l´italiano parlato da un romano, d’altra parte solo i doppiatori parlano senza regionalismi. Il mio accento racconta una storia. Me ne vanto”» (Alessandra Rota, ”la Repubblica” 5/1/2003). «Sono stato un buffone fin da piccolo per esorcizzare la timidezza. Il mio è un egocentrismo timido, la cosa peggiore che possa capitare ad un essere umano. [...] I miei nonni sono stati i motori della mia infanzia. [...] Ci ho messo cinque anni a capire che era il mestiere della mia vita. Da Costanzo ero me stesso, anche se c´era comunque una predisposizione inconsapevole alla recitazione. Ho parlato così tanto di me in quella esperienza, che adesso rifuggo questo tipo di contatto con il pubblico. Anche se usi te stesso, il tuo modo di esprimerti, imbarazzarti, emozionarti, il fatto di interpretare un personaggio ti dà la possibilità di schermare. Assorbo tutto quello che vivo, anche troppo, e poi lo restituisco recitando. [...] Mi incuriosiscono i film che parlano d´amore, perché non ci capisco nulla e avrei bisogno di qualcuno disposto a spiegarmi. [...] Mi commuovo persino con la pubblicità, ma sono anche severo con me stesso. Spesso lotto per mettere a proprio agio le persone e questo lato diplomatico di me mi dà fastidio. Alla fine mi attiro le ire di tutti» (Alessia Piovesan, ”la Repubblica” 29/9/2003).