Varie, 5 marzo 2002
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MAURESMO Amelie Laye (Francia) 5 giugno 1979. Ex tennista. Nel 2006 vinse Wimbledon e gli Open d’Australia • «Era il 1995
MAURESMO Amelie Laye (Francia) 5 giugno 1979. Ex tennista. Nel 2006 vinse Wimbledon e gli Open d’Australia • «Era il 1995. Ricordo ancora il titolo, che un redattore cinefilo aveva voluto dedicare al mio pezzo dal Roland Garros: Profumo di Lenglen. Il pezzo non aveva nulla a che fare con il film di Dino Risi, e si occupava di una quindicenne esordiente a Roland Garros, una che aveva sottratto un set alla nostra Nathalie Baudone, in seguito signora Furlan. Diceva, quel fatidico articolo, che avremmo presto ritrovata Amelie Mauresmo tra le prime cinque del mondo: forse, come la sua antenata Lenglen, addirittura al primo posto. La profezia tardò qualche anno a verificarsi. Si dovette attendere il 1999 [...] perché battesse una dopo l’altra tre teste di serie, tra le quali la prima del mondo Davenport, e raggiungesse la finale, smarrita contro la Hingis. La vicenda, già sorprendente per moltissimi addetti, uscì dalla gravitazione sportiva e si amplificò per un improvviso outing, come gli anglosassoni definiscono una pubblica dichiarazione di fede omosessuale. [...] Raccontano i cronisti francesi che quelle dichiarazioni pubbliche, e il conseguente frastuono pubblicitario, fossero effetto di un momento di esaltazione, propiziato anche dal gruppo che la circondava. Non solo una compagna a nome Silvie Bourdon, non aliena da pubblicità per il suo bar, ma l’allenatrice Isabelle Demongeot, che intorno ad Amelie aveva creato un club di altre ragazze e collaboratrici un po’ esaltate. Simile vicenda non avrebbe trovato un gran consenso pubblico in Francia. Tra le immediate conseguenze, avrebbe provocato la rottura tra la tennista e i suoi genitori, Francis e Francoise. Amelie stessa ne sarebbe uscita con una difficile separazione dalla compagna e dalla sua corte dei miracoli» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 24/1/2002). «Il più che ovvio risultato fu che Amelie non divenne N.1 mondiale, come aveva pronosticato lo scriba. Restò, è chiaro, tra le prime, ma non ebbe pace sinchè non si fu liberata dei cattivi consiglieri, e della compagna» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 17/5/2003). «Vidi la prima volta Amelie Mauresmo per una coincidenza tipica di uno che si interessa alle donne tenniste. Su un campo secondario del Roland Garros era in programma Nathalie Baudone: giocatrice dotata dell’insolita qualità di essere attraente e insieme italiana. Come arrivai lì, e mi sedetti accanto a Renzo Furlan, che poi l’avrebbe sposata, restai a bocca aperta, di fronte a uno scambio miracoloso, condotto da un’avversaria giovanissima, e concluso a rete da un errore ancor più incredibile. Vidi, sul tabellone, che si chiamava Mauresmo, Amelie. Rimasi ad osservarla incantato, mentre alternava quei suoi colpi sublimi ad errori, dovetti ammetterlo, tipici di una sedicenne. Alla fine del match, mi affrettai verso i colleghi francesi, per ottenere qualche informazione. Nessuno la conosceva. Non sapevano che origini avesse, con quel suo nome non certo gallo né normanno. Uno scriba, un po’ meno mediocre degli altri, mi canzonò citando Feydeau: "Occupe toi d’Amelie" disse, riferendosi alla notissima commedia. Non contento, chiesi di parlare alla piccola. Scambiai con Amelie, che era in compagnia di una sua amichetta, poche frasi: parlavo soprattutto io, da quell’ incapace intervistatore che sono. E le dissi, alla fine: "Tu potresti diventare un’ altra Lenglen. Sono più di sessant’ anni che aspettano". Sarò sincero. Non mi sono sbagliato di molto, se Amelie è arrivata tra le prime tre o quattro del mondo. Ma in quel primo incontro erano intrecciati i presupposti psicologici di quanto doveva avvenire alla ragazza. C’era l’enorme talento nativo, da autentico "enfant de la balle", come i nostri cugini definiscono qualcuno che sia nato giocoliere. C’era l’enorme timidezza, sottolineata da una vocina squisitamente femminile, la stessa che ancora accompagna Amelie, in apparente contrasto con un corpo affascinante e al contempo androgino. E c’era l’amichetta, certamente non del cuore, ma tuttavia presenza simbolica di una forse ancora inconscia scelta di campo, che sarebbe presto seguita. Il giorno del suo più importante - sin qui - risultato, la finale dell’Australian Open 1999, Amelie avrebbe infatti trovato l’occasione per quel che viene chiamato outing, e cioè una pubblica affermazione delle sue inclinazioni sessuali. Prima di lei nessuna di quelle che io chiamo Amazzoni (con la A miuscola, sia chiaro) ne aveva avvertito la necessità. E parlo di grandi giocatrici e di donne non piccole, quali Billie Jean King, Virginia Wade, Martina Navratilova. Amelie raccontò invece fatti squisitamente privati ad un molto sorpreso pubblico australiano. Maternamente, la mia amica Marcella Marcone, psicanalista e aficionada, sostiene "un tentativo di liberarsi di antichi sensi di colpa". Un tentativo maldestro, dico io. In tribuna sedeva infatti, insieme al clan Mauresmo, la compagna dei tempi: Silvie Bourdon, proprietaria di un bar a Saint Tropez, felice per le affettuose parole che la sua compagna andava pronunziando. Testimonianza d’amore? Involontario messaggio pubblicitario? Non sono certo uno psicologo. So soltanto che quella vicenda avrebbe alienato all’incauta Amelie non soltanto il favore di una parte degli appassionati francesi, ma addirittura la normalità dei rapporti famigliari. Fu, quella storia, un inciampo pesante per una carriera che si sarebbe poi rimessa in linea, anche se non proprio in discesa. E tuttavia, nonostante il suo talento non sia secondo a nessuna, Amelie Mauresmo non ha ancora vinto un Gran Slam, e temo che mai ne vincerà» (Gianni Clerici, "la Repubblica" 10/7/2004).