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 2002  marzo 05 Martedì calendario

MAZZOLA

MAZZOLA Sandro Torino 8 novembre 1942. Ex calciatore. Con la nazionale fu campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970 (in tutto 70 presenze e 22 gol). Con l’Inter vinse quattro scudetti (1962/63, 1964/65, 1965/66, 1970/71), due coppe dei Campioni (1963/64, 1964/65), due coppe Intercontinentali (1964, 1965). Secondo nella classifica del pallone d’Oro 1971 dietro Johan Cruyff, ottavo nel 1965 e nel 1970 • «Cosa pensa che la gente ricordi, di lei? ”La correttezza e i gol”. Quali gol? ”Quello di Budapest, entrando in porta con la palla. A Vienna, con il Real. A Basilea, con la nazionale, dopo sette palleggi consecutivi”.Lei era forte? ”Sì, moltissimo. Ho vinto tutto tranne i mondiali: secondo dietro a Pelé”. Che era ragionevolmente più bravo di lei. ”Mah, non so. Lui non è venuto in Italia, mi manca quella verifica. Per cui dico che forse era meglio. Ma solo forse”. E tra lei e Rivera? ”Risposta scontata. Ma lui dice il contrario”. Alla fine, non teme di passare alla storia solo per la staffetta? ”Abbiamo giocato insieme 50 partite, e si ricorda solo di quelle tre in cui ci siamo dati il cambio: il solito vizio italiano. Fra l’altro, quella staffetta è nata da un mal di pancia”. Ovvero? ”Mi colpì la vendetta di Montezuma alla vigilia della partita con il Messico, passai la notte in bagno. Il giorno dopo, Valcareggi capì che potevo giocare solo un tempo e programmò la staffetta. Curioso: si è parlato tanto di una cosa nata per una questione di cacca”. Quanto le è pesato chiamarsi Mazzola? ”Un macigno: ero soltanto il figlio di Valentino, un erede neanche troppo degno. Pensai pure di smetterla con il calcio, tant’è vero che mi diedi al basket. Feci un provino con la Simmenthal: mi presero, ero un buon play. Ma poi mi sono detto: che diavolo ci faccio qui? E sono tornato al calcio, nonostante mia madre non volesse”. Perché? ”Perché il calcio gli aveva portato via il marito e temeva che distruggesse pure me. Mi requisiva il borsone, le scarpe. Poi raggiunse non compromesso, con me e mio fratello Ferruccio: se fossimo stati promossi a scuola, avremmo potuto giocare. per questo che mi sono diplomato in ragioneria”. Ed è anche per questo che ha avuto un rapporto conflittuale con il ricordo di suo padre? ”No, anche se forse è stata la rabbia di non averlo, ad avermi spinto fin qui. Forse con le sue coccole non sarei diventato un calciatore. Più che un conflitto, è stata una sfida, anche al dolore. I miei si erano separati, io vivevo con papà, conobbi mio fratello soltanto quando aveva già sei anni. Ma forse è questa storia che mi ha spinto a stare sempre dalle parte dei più deboli. Cioè del Toro. E dell’Inter, che è il Toro dei ricchi”. Tra lei e il Toro cosa c’è? ”Per molti anni amore e odio, non è stato facile venire qui. Ma mi ha spinto mio padre, a farlo”. Suo padre? ”Il rapporto con lui l´ho creato negli anni. Ci parliamo, o almeno io credo di parlare con lui. stato a lui che ho chiesto se fosse giusto tornare a Torino”. […] ”Ho esordito in serie A nel giorno dell’ultima di Boniperti. E sapete dove ho debuttato, con la nazionale juniores? A Lisbona. Il posto da cui mio padre non è tornato” […] Chi è il più forte giocatore che ha mai visto? ”Di Stefano. Ma forse perché mi dicono che assomigliava a mio padre”. Quello con cui ha giocato? ”Suarez: mi ha insegnato tutto”. Quello che ha diretto? ”Ronaldo. Ma è un bambino viziato. Meno male che Moratti ha scelto Cuper, quest’estate. Con Simoni non andò così. Anche allora Ronaldo disse: o io o l’allenatore”. Con Herrera non sarebbe capitato. ”Herrera era un pazzo alla guida di una squadra di pazzi. Ma nella sua pazzia, ha cambiato il calcio: la metà dei sistemi di allenamento di oggi li ha inventati Herrera”. Cosa sogna adesso? ”Di giocare a pallone, ogni notte. La cosa strana è che non riesco mai a capire con che maglia. Parlando da sveglio, sogno di ridare al Toro i giovani che una volta sapeva fare nascere. Forse per chiudere un altro cerchio”. vero che stava per portare Berlusconi all’Inter? ”Verissimo. Fraizzoli voleva vendere, Berlusconi aveva capito che il calcio sarebbe stato un bel business. Passai una settimana a fare da spola fra il Fraizza e il Berlusca, che si sarebbe accontentato di prendere anche solo il 49 per cento. Ma Fraizzoli temeva che avrebbe comunque comandato Silvio, e lasciò perdere”» (Emanuele Gamba, ”la Repubblica” 8/11/2002).