Varie, 5 marzo 2002
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Mccartney Paul
• Liverpool (Gran Bretagna) 18 giugno 1942. Cantante. Con John Lennon leader dei Beatles • «Il patto fu siglato, a parole, fin dall’adolescenza, con tutto il romanticismo tipico della fratellanza che stava nascendo tra Paul McCartney e John Lennon. Tutte le canzoni che avrebbero scritto, si dissero, le avrebbero firmate sempre con la doppia firma, al di là di quanto uno dei due fosse o meno entrato nella composizione. Praticamente una sigla, un marchio di fabbrica, paragonabile a quelli che hanno fatto la storia della canzone: Rodgers & Hart, David & Bacharach, per citarne alcuni, come da noi è successo con Mogol-Battisti. La sigla fu decisa in base al più ovvio meccanismo alfabetico: Lennon-McCartney, e con questa sigla il mondo si è abituato a ricevere quelle duecento canzoni circa che hanno cambiato il modo stesso di intendere la musica popolare. Col tempo i due cominciarono a scrivere sempre più spesso separatamente, con una simmetria strategica di pubblicazioni. Perfino i 45 giri erano rigidamente spartiti tra i due leader. Se da una parte c’era Help (di Lennon) dall’altra c’era Yesterday (di McCartney), se da una parte c’era Paperback writer (di McCartney) dall’altra c’era Rain (di Lennon), oppure se c’era Strawberry fields forever (di Lennon) sull’altra facciata c’era Penny Lane (di McCartney). Gli appassionati sapevano già all’epoca a chi corrispondessero le composizioni, fermo restando che poi il lavoro di studio era effettivamente collettivo, ma questo non ha mai modificato il patto dell’adolescenza. Fino a un certo punto. Paul non deve aver mai del tutto digerito la dizione del marchio e già in occasione di un suo vecchio disco live aveva invertito l’ordine dei nomi. Ma in silenzio. Poi negli ultimi anni, mostrando una singolare e inelegante ostinazione, che non sembrava far parte del personaggio, ha preteso che su tutte le canzoni scritte da solo fosse invertito l’ordine dei nomi. Non sembrava poi così importante, ma a quanto pare per Macca la questione era tutt’altro che risolta. Dice, oggi, che John e Brian Epstein sapevano che l’ordine poteva essere modificato. Ma ovviamente, nessuno dei due, oggi, può smentirlo» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 8/4/2003). «’Sto facendo in modo che la gente sappia che le canzoni che canto oggi sono mie. Mi sembra ragionevole elencare i nostri nomi in altro modo. Non faccio nulla di sbagliato. Tra me, John e Brian Epstein c’era un accordo: se mai avessimo voluto avremmo potuto invertire l’ordine dei nomi, Lennon/McCartney. La cosa saltò fuori il giorno in cui stavamo rivedendo le bozze dell’Anthology dei Beatles. C’era una foto di John e sotto si leggeva: Yesterday di John Lennon e Paul McCartney. Pensai che quella didascalia avrebbe dovuto essere sotto la mia foto. Non stavo facendo il presuntuoso. Chiesi soltanto che per una volta in 30 anni il mio nome si trovasse prima del suo. Arrivammo molto vicini a farlo, ma poi non lo facemmo”, racconta omettendo di dire che fu Yoko a essere irremovibile. Ma ora ha deciso di farlo, senza preoccuparsi di lei. ”La verità è che io so che cosa ho scritto e altrettanto valeva per John. Sembra invece che io stia calpestando la memoria di John, ma non è assolutamente vero perché io sono uno dei suoi più fervidi ammiratori. Lo conoscevo meglio di chiunque altro. Da ragazzi abbiamo dormito insieme, abbiamo girato in milioni di posti facendo l’autostop. Non sopporto che la gente dica che sto cercando di approfittarmene e di sminuirne l’importanza”. Negli anni 70 le cose non andarono così bene. ”Abbiamo avuto i nostri bei litigi sul lavoro. Fu come quando si divorzia e ci si azzanna a vicenda. Ma prima che morisse tornammo a essere grandi amici. Sarebbe stato insopportabile per me non averlo fatto e sapere che lui non c’è più. Gli telefonavo e parlavamo di tutto. Gli chiedevo: ”Che fai oggi?’. Lui mi rispondeva: ”Voglio fare il pane in casa’. E io dicevo: ”Anch’io faccio il pane in casa’. E così poteva capitare che ci scambiassimo ricette da una parte all’altra dell’Atlantico. Tutto era ritornato come ai vecchi tempi. Sono fiero che abbia fatto parte della mia vita. La stessa cosa vale per Linda, George, mia madre e mio padre. Mi auguro che valga anche il contrario e che anche loro siano felici che io sia stato parte della loro vita. triste, ma la vita continua e bisogna andare avanti”» (Brian Reade, ”la Repubblica” 8/4/2003).