Varie, 5 marzo 2002
Tags : Carlos Menem
Menem Carlos
• Ahillaco (Argentina) 2 luglio 1930. Politico. Ex presidente argentino • «Più dell’esser considerato un maneggione, un dilettante della politica, un adultero impenitente, un corrotto corruttore, un avvocato di provincia, più dei suoi 70 anni, una cosa detesta: che lo chiamino “el turco”, l’arabo. Non gli piace per via di quel retrogusto nient’affatto vago di razzismo, perché è fin troppo facile indovinare disprezzo in quella espressione tanto abusata a Buenos Aires e dintorni quando si parla di argentini d’origine mediorientale [...] Ultimo peronista a salire sul trono della Repubblica Argentina, un “turco” lo è davvero con le sue radici siriane nient’affatto remote, il suo matrimonio con Zulema Yoma, una di origine libanese, con il suo clan di La Rioja, che è una città del Nord-Ovest, sulla via per le Ande; quella percorsa dalla maggior parte degli immigrati d’origine mediorientale [...] Negli anni giovanili, per inseguire il potere, si è impegnato a fondo e ha pagato con un po’ di prigione le sue idee. Che, poi, erano quelle del “justicialismo” di Peron, elastiche e adattabili per tutte le stagioni [...] Come avvocato, forse, non sarebbe mai divenuto celebre, ma come politico ha ottenuto un trionfo. Governatore di La Rioja eppoi presidente della repubblica, al posto del radicale Raul Alfonsin [...] E’ stimolato dalle cose difficili, meglio se impossibili e così, alla fine degli anni Ottanta tentò di far rivivere il peronismo senza Peron e, magari, forzandolo un po’ [...] Credette di trovare la quadratura del cerchio: indulto per i militari e grande svendita delle aziende di Stato. Con il ministro dell’economia Domingo Cavallo s’inventò la ‘convertibilità’, l’aggancio del peso al dollaro Usa [...] Lui pareva l’ideale per far rivivere il mito del peronismo, sia pure aggiornato e corretto. Incarnava molte delle caratteristiche care agli argentini: talentuoso ballerino di tango e ‘macho’ autentico, vuole la leggenda che dal suo appartamento all’hotel Alvear siano passate le donne più belle della Repubblica. Poi le partite di pallone, anche con Maradona, le auto sportive. Un giorno gli fu regalata una Ferrari: si sfiorò lo scandalo, e lui dovette mollarla dopo resistenza tenace: “La Ferrari è mia, mia” furono le ultime parole mentre gliela portavano via. Era il tempo che ostentava basette degne di un ottecentesco “libertador”: soltanto che l’insieme, in uno così piccolo e tarchiato, risultava ridicolo. Oggi se l’è rasate, lifting e tintura dei capelli. Ma niente da fare per la statura, anche se le ha provate tutte. Come quella volta, nel 1991, quando Bush padre in visita all’Argentina parlò al Congresso. Entrambi dietro un leggio, parevano alti uguale: ma Menem aveva sotto i piedi uno sgabello. La prima famiglia gli ha dato preoccupazioni e dolori. Era a un passo dal divorzio già quando scattò la corsa alla presidenza e per il nunzio apostolico Ubaldo Calabresi fu un vero successo evitarlo. Due figli, Zulemita e Carlitos: il ragazzo è morto alcuni anni fa nell’elicottero precipitato. Un attentato, secondo la madre, un avvertimento di stampo mafioso. Un incidente, ha ripetuto lui. Il fatto è che l’ombra della criminalità si allunga inquietante. Capace di intuire gli umori della folla, nell’86 uscì sul balcone della Casa Rosada, quello dal quale Evita commuoveva i ‘descamisados’, accanto a Maradona con la coppa del mondo. Poi accadde che qualcuno scoprì come la famiglia della moglie fornicasse con denaro da lavare, passaporti, contrabbando. E allora lui, per sviare la pubblica attenzione, gettò a mare l’amico calciatore: che un pomeriggio dell’autunno 1991 fu arrestato in un appartamento del centro di Buenos Aires, sotto l’occhio delle telecamere, gonfio di coca. Dopo anni di odio, fra i due è tornato l’amore: ora Diego dice che se Menem sarà presidente, lui farà il “vice”. Dopo il divorzio da Zulema, seguito da polemiche velenose, il matrimonio, lo scorso anno con Cecilia Bolocco, 37 anni, cilena: una bellezza rara, una “miss universo”. Bionda come Evita, sarebbe stata il punto di partenza per una nuova vita politica. Bruscamente interrotta da un arresto, sia pure domiciliare, per associazione per delinquere. Ora che le accuse paiono cadute, lui è tornato a giocare al golf, tramare e respirare ‘poder’. In silenzio, oggi. Però, manana» (Vincenzo Tessandori, “La Stampa” 24/12/2001).