varie, 5 marzo 2002
MEZZOGIORNO
MEZZOGIORNO Giovanna Roma 9 novembre 1974. Attrice. Figlia di due attori: la madre è Cecilia Sacchi, il padre Vittorio Mezzogiorno (scomparso nel 1994). Dopo due anni di apprendistato nel workshop di Peter Brook, a 22 anni debutta a Parigi nel ruolo di Ofelia in Qui est là, una ricerca sull’Amleto diretta da Brook. Nel ”97 il primo film, Il viaggio della sposa di Sergio Rubini. Seguono Del perduto amore di Michele Placido, L’ultimo bacio di Gabriele Muccino, Un uomo perbene di Maurizio Zaccaro, State zitti per favore di Livia Giampalmo. E’ stata Ilaria Alpi ne Il più crudele dei giorni e con Ferzan Ozpetek ha preso parte a La finestra di fronte. «Sguardo chiaro e intenso, l’attrice più ricercata del cinema italiano […] ”Non seguo una linea, non voglio ”costruirmi’ una carriera. Scelgo seguendo l’istinto, se una storia mi emoziona, se mi coinvolge, accetto”» (Silvia Fumarola, ”la Repubblica” 12/8/2002). «Cresciuta nell’ambiente dello spettacolo, Giovanna è arrivata al successo con a rapidità impressionante. Il primo riconoscimento lo ha avuto per la sua Ofelia teatrale, poi è stato un elenco di Nastri d’argento, di David di Donatello, di Ciak d’oro: da Del perduto amore di Michele Placido a L’ultimo bacio di Muccino, da Ilaria Alpi di Vicentini Ognani a La finestra di fronte di Ozpetek. Le offerte non le sono mai mancate. [...] ”Credo sia giusto per un attore alternare cinema e teatro. All’estero si fa. Da noi è più difficile perché una tournée dura mesi e pochi si sentono di prendere l’impegno. [...] per fare teatro in questo modo ho rinunciato ai miei abituali guadagni [...] Non sono un’attrice che si tortura, io. Non mi faccio inglobare dai miei personaggi. Non mi macero nella loro disperazione. Recitare e vivere restano cose diverse. E la mia vita è assolutamente uguale a quella di tanti altri”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 23/5/2004). «Ho finito il liceo. Bocciata due volte in quarta ginnasio sono passata al linguistico, facile perché da piccola ero vissuta in Francia. Subito dopo, lo stesso anno che è mancato mio padre (l’attore Vittorio ndr), sono andata a Parigi […] Non sono estroversa né socievole. Sembro timida ma sono solo chiusa […] Non credo nell’artista fuori di testa. L’attore è un atleta. Forte, disciplinato, sano. Io mi sono trovata presto fuori di casa, all’estero, da sola, ed essere così mi ha aiutato a non essere vulnerabile: capace di difendermi, con gli occhi anche dietro […] Ho imparato da mio padre. Un attore dev’essere scattante nel cervello e nel fisico. Mio padre aveva però la capacità di divertirsi. Io meno”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 1/4/2003). «Oggi ci sono molte attrici che fanno più copertine con le tette di fuori che film decenti […] Io certa stampa non posso averla proprio perché non mi voglio spogliare […] Sbagliano ancora il mio nome. Curzio Maltese, sul ”Venerdì” mi ha chiamata Vittoria Mezzogiorno» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Corriere della Sera” 25/3/2001). «Pare che in Italia mi vedano solo soffrire per amore. [...] La commedia italiana prevede un ruolo femminile funzionale e sottomesso a quello maschile, rappresenta l’innamoramento e amore. [...] Io credo che il riconoscimento del pubblico sia importante, voglia dire qualcosa. Guardi che vengo da anni di film andati male, ci ero abbonata, sono vaccinata; ora è girata la ruota. [...] L’attore è una strana bestia, in lui si amplifica il senso della precarietà, l’indecisione, il dilemma eterno se dare la precedenza alla famiglia o alla carriera. [...] Io ho avuto la fortuna di venire da una famiglia d’arte, per cui non sono sbarcata nel pazzo mondo sgranando gli occhi. [...] Mi considero un temperamento abbastanza stabile: se ho relazioni sono in genere lunghe, ho le mie fedi, anche politiche, che tengo per me, non ho grilli speciali per la testa. Insomma sono classica, un po’ borghese. [...] Mi sento autonoma rispetto alle cose, ho delle fedi ma non sono su un binario, non ho bisogno di sapere cosa devo dire e fare e pensare, sono stata educata a stare in piedi da sola senza stampelle”» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 22/11/2003).