Varie, 5 marzo 2002
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Miglio Gianfranco
• Como 11 gennaio 1918, Como 10 agosto 2001. Per trent’anni professore di Scienza politica all’Università Cattolica di Milano. Nel 1992 fu eletto senatore per la Lega Nord. Nel 1996 si presentò alle elezioni con il Polo per le Libertà e fu rieletto. Libri: La regolarità della politica, Disobbedienza civile, Io, Bossi e la Lega, storia segreta dei miei quattro anni sul Carroccio (’liberal” 8/10/1998) • «Presidenzialista, grande vecchio del federalismo italiano, guida intellettuale di Umberto Bossi e delle leghe, politologo e costituzionalista, provocatore e luciferino. Gianfranco Miglio è stato tutto questo, oltre ad un amante della cultura tedesca e mitteleuropea. [...] Iscritto alla Democrazia cristiana dal 1943 al 1959, ha sostenuto fin dal dopoguerra la necessità per l’Italia di un ordinamento federale, incentrato sulla costituzione di macroregioni con autonomia di entrate e di spesa e sull’elezione diretta del capo del Governo. Insomma federalista e presidenzialista di antichissima data. Proprio un suo progetto di revisione della carta costituzionale in senso presidenzialista, elaborato nei primi anni Ottanta con un gruppo di suoi studenti, lo fece notare da Bettino Craxi. Parlare di elezione diretta del capo dell’esecutivo allora era un tabù. come eretica venne considerata la sua riscoperta in Italia di Carl Schmidt. Del filosofoso tedesco, che fece tradurre e pubblicare da Giuffrè, amava la teoria del decisionismo. Le altre sue passioni intellettuali furono Carlo Cattaneo e il pensiero libertario-conservatore di Henry Thoreau. Il professore, per quasi trent’anni preside della facoltà di Scienze politiche dell’Università cattolica di Milano, amava ritagliarsi il ruolo di ”consigliere del principe”, come confidò lui stesso. Prima ci fu Craxi, poi Bossi, per un breve periodo Berlusconi, infine Formigoni. L’ultimo "principe" a cui portò i suoi suggerimenti è stato proprio il governatore della Lombardia, che gli chiese consiglio per preparare il referendum sulla devolution. Ideologo della Lega nord, ha fatto coppia fissa con Bossi per anni, ma dopo la rottura - maturata quando gli venne preferito Francesco Speroni come ministro delle Riforme nel primo governo Berlusconi - non nascose la sua disillusione sia sul senatur sia sul Cavaliere, tanto da affermare in occasione della nuova alleanza con Berlusconi: ”I due si assomigliano, molto più di quanto non si creda: Berlusconi è, come Bossi, uno incline a trovare danari e posizioni di potere”. E così nell’ultimo anno, proprio quando le mete della devolution e del presidenzialismo gli sembravano più vicine che mai, vide ”l’unico principe rimasto” in Formigoni, lodato per il suo coraggio e il suo decisionismo. Parlava il tedesco come l’italiano e amava passeggiare con un curioso cappellino. Oltre alla lettura non aveva altri svaghi. Gli piaceva moltissimo la provocazione, che non gli fece mai dire no ad un intervistatore e che lo spinse perfino a duettare in tv con Chiambretti» (Mario Calabresi, ”La Stampa” 11/8/2001).